La persecuzione degli “scandali linguistici” in Ucraina

La persecuzione degli “scandali linguistici” in Ucraina

Un monumento a Alexander Pushkin rimosso a Dnipro (Dnipro Region Administration via AP)

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di Clara Statello per l'AntiDiplomatico


Nel 2023 sono aumentate le denunce per reati linguistici in Ucraina. Il Commissario per la tutela della lingua di Stato Taras Kremen ha dichiarato ieri di aver ricevuto quasi 3700 ricorsi per l’utilizzo della lingua russa, un terzo in più rispetto all’anno precedente. La maggior parte dei casi di riguarda Kiev.

"Tali statistiche indicano sia un aumento del numero di violazioni della legge sulla lingua, sia la sensibilità critica dei cittadini ucraini nel difendere i propri diritti linguistici”, si legge nel rapporto ufficiale. 

Su un totale 3.692 denunce per violazione della legge sulla lingua, 1.345 provengono dalla città Kiev, il resto dalle regioni di Kharkov (516), Odessa (486), Dnepropetrovsk (316), Kiev (153), Zaporozhye (63), Lviv (59), Poltava (54) e Nikolaev (53).

La persecuzione degli “scandali linguistici”

Quasi la metà dei reclami riguarda il settore dei servizi al consumatore, in particolare il 27% i siti internet senza versione in ucraino. Inoltre ci sono oltre 300 denunce, pari al 9%, contro docenti che utilizzano la lingua russa a nell’insegnamento, sia nell’istruzione scolastica che nella formazione per adulti. Lo scorso luglio un professore di matematica di una scuola del Dnipro ha ricevuto una multa da 3.600 grivne per una aver tenuto una lezione online in russo. Era stato denunciato da uno dei suoi alunni. Sempre a Dnipro, lo scorso novembre una professoressa di medicina è stata accusata da una studentessa per essersi rivolta in russo ad un paziente. Una sanzione esemplare è stata comminata oggi contro un tassista di Kiev che si era rifiutato di rivolgersi ai suoi passeggeri in ucraino:

"Deve versare 3.400 grivne al bilancio comunale. La multa non è stata ancora pagata, ma voglio confermare ai cittadini ucraini che per ciascuno di questi fatti stiamo svolgendo un lavoro di denuncia e, se saranno confermati, utilizzeremo l’intero arsenale del Codice dell’Ucraina sugli illeciti amministrativi”, ha dichiarato Kremen.

Ad ottobre un altro tassista è stato licenziato dopo essere stato protagonista di uno “scandalo linguistico”, per aver rifiutato di parlare in ucraino durante il servizio di trasporto.

Il 19 luglio Il tribunale di Lvov ha dichiarato colpevole di “teppismo meschino” un minorenne di Odessa, per aver cantato in strada una famosa canzone in russo. Il ragazzo era stato denunciato da una parlamentare, Natalia Pipa.

Il rapporto del commissario dà la misura dell’atmosfera ostile e persecutoria nei confronti dei russofoni e dell’inquietante spirito di delazione diffuso tra la popolazione, che arriva a denunciare chi utilizza la lingua russa sui posti di lavoro o nei luoghi pubblici.


La negazione della lingua e dell’identità russa in Ucraina

Se per un cittadino italiano o europeo la necessità di una legge per la tutela della lingua di Stato può risultare di difficile comprensione, per il difensore civico Kremen si tratta di un fatto di sicurezza nazionale.

“Nelle condizioni della guerra, la lingua nazionale è diventata uno dei principali fattori di sicurezza nazionale, un simbolo della lotta contro il nemico, un fattore di dignità e libertà", prosegue nella nota.

Molto semplicemente per Kremen "Non esiste il concetto di ucraino di lingua russa, siamo tutti cittadini dell'Ucraina”, la stessa nozione di russofono è “introdotta dall'ideologia russa”.

Non è l’unico ad esprimere pubblicamente questa posizione. Ruslan Stefanchuk, presidente della Verkhovna Rada, ha affermato che non esiste una "minoranza nazionale russa" in Ucraina e che se i russi “mostrano aggressività piuttosto che rispetto nei confronti dell'Ucraina, allora i loro diritti dovrebbero essere corrispondentemente soppressi".

Anche Olga Stefanishyna, vice primo ministro per l'integrazione europea ed euro-atlantica dell'Ucraina, rispondendo alle preoccupazioni della commissione Venezia, aveva negato l’esistenza della minoranza russa, perché non esistono comunità registrate.

Entrambe le dichiarazioni sono state rilasciate poco dopo la pubblicazione del rapporto sull’attuazione delle riforme in Ucraina della Commissione Europea, sulla base del quale è stata la luce verde ai negoziati di adesione in UE. Stefanishyna ha infatti ringraziato l’esecutivo europeo per non aver tenuto conto nelle sue decisioni delle riforme sulla tutela dei russofoni.

Il giorno prima la Commissione europea, in un briefing a porte chiuse a Bruxelles, avrebbe dichiarato che non avrebbe tenuto conto dei "diritti dei russofoni" nel cammino dell'Ucraina verso l'UE, scrive il portale ucraino Eurointegration.com.ua. Lo stesso viene riportato da Euronews: “L'uso della lingua russa non è una cosa che la Commissione prenderà in considerazione, ha confermato mercoledì un alto funzionario dell'UE”. 

Non esistono dati aggiornati, ma in base all’ultimo censimento realizzato nel 2001, i russi etnici rappresentano il 17,3% della popolazione ucraina, mentre circa il 30% della popolazione sarebbe russofona o quantomeno bilingue.


La legge sulle minoranze nazionali

Il 9 dicembre il parlamento ucraino ha approvato la legge sulle minoranze, con cui sono stati significativamente ampliati i diritti e le tutele delle minoranze nazionali, tra cui il diritto di ricevere un'istruzione scolastica completa nella propria lingua, “entro limiti non contrari alla legge”. La riforma costituiva una delle condizioni per l’avvio ai negoziati di adesione alla UE. Le nuove norme, però, si applicano solo alle minoranze linguistiche delle lingue parlate in UE, non ai russofoni.

La legge prevede la limitazione dei diritti delle minoranze nazionali “nell’interesse della sicurezza nazionale, dell’integrità territoriale e dell’ordine pubblico” e  sancisce il divieto di “divulgazione e propaganda” della Russia. In seguito alla conclusione della Commissione di Venezia, secondo cui alcune disposizioni di questa legge non corrispondono alle norme e ai valori europei, e anche dopo un appello congiunto di Ungheria e Romania, la Rada ha introdotto modifiche alla legge che non si applicano ai russi in Ucraina.

Bocciato l’emendamento per riconoscere dopo cinque anni dalla fine della legge marziale i diritti alle minoranze russofone.


Il processo di ucrainizzazione

Dal 2014 il governo post-maidan ha iniziato un processo di costruzione di un’identità puramente ucraina, attraverso la negazione, cancellazione e distruzione di ogni elemento storico/artistico/linguistico/culturale/religioso russo.

Uno dei primi atti del parlamento ucraino è stato quello di dichiarare incostituzionale la legge del 3 luglio 2012 che contemplava il bilinguismo a livello regionale. Successivamente, grazie alla legge di decomunistizzazione, è stata sostituita la toponomastica di strade, piazze e città. Così, a partire da dicembre 2016, con la sostituzione dei cartelli in stazioni e aeroporti, le informazioni in lingua russa sono scomparse, sostituite dall’inglese. Successivamente l’ex presidente Poroshenko ha stabilito delle quote per la lingua ucraina nelle trasmissioni radiofoniche e televisive. Nel 2017 l’ucraino è diventata l’unica lingua obbligatoria nelle scuole.

Come ultimo atto della sua presidenza nel maggio 2019, Poroshenko ha firmato la legge “Sulla garanzia della lingua russa, funzionamento della lingua ucraina come lingua di Stato”, che prevede una multa fino a 8,5mila grivna (300 dollari). La legge prevede l’utilizzo della lingua ucraina in tutti gli ambiti della vita pubblica, comprese le istituzioni, la medicina, la scienza e l'istruzione, i media e i siti internet.

Nel luglio 2021, la Corte costituzionale dell'Ucraina ha stabilito che i russi come gruppo nazionale separato non esistono in Ucraina. Secondo la sentenza del tribunale, “i cittadini russofoni dell’Ucraina non rappresentano un’unità sociale integrale come gruppo avente diritto alla protezione legale come unità etnica o linguistica, ma sono una costruzione politica”.

Clara Statello

Clara Statello

Clara Statello, laureata in Economia Politica, ha lavorato come corrispondente e autrice per Sputnik Italia, occupandosi principalmente di Sicilia, Mezzogiorno, Mediterraneo, lavoro, mafia, antimafia e militarizzazione del territorio. Appassionata di politica internazionale, collabora con L'Antidiplomatico, Pressenza e Marx21, con l'obiettivo di mostrare quella pluralità di voci, visioni e fatti che non trovano spazio nella stampa mainstream e nella "libera informazione".

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