Deir ez Zor, Siria. Un nome che dovrebbe far vergognare tutto l’Occidente.

Deir ez Zor, Siria. Un nome che dovrebbe far vergognare tutto l’Occidente.

Una catastrofe umanitaria nascosta, la complicità verso una tragedia ignobile

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Padre Elias Janji, prete armeno cattolico siriano sui mezzi di informazione occidentali: “I media europei ci hanno tradito, non dicono la verità”.

Deir ez Zor o Deir Ezzor, una città nel governatorato omonimo della Siria orientale, era la settima più grande città del Paese; situata a circa 450 km da Damasco, situata sulle rive del fiume Eufrate, aveva circa 215.000 residenti. La maggioranza dei suoi abitanti è formata da arabi musulmani, oltre a una forte e radicata comunità armena siriana; a Deir ez Zor convivevano tutti insieme sunniti, assiri siriaci, arabi e kurdi e cristiani. 
    
La città era famosa sopratutto per un bellissimo antico ponte sull’Eufrate ora distrutto, e per la “Chiesa Memoriale del Genocidio Armeno”, una chiesa che ricordava il massacro di decine di migliaia di armeni, avvenuto proprio sulle rive del fiume, i quali erano sopravvissuti al genocidio turco, che ogni anno il 24 aprile ospitava migliaia di pellegrini armeni per commemorare il genocidio.

Anche il Ministro degli Esteri armeno Nalbandian ha denunciato questa distruzione e ha invitato la comunità internazionale a intervenire al fianco della Siria contro il terrorismo.
            
Vi era anche l’importante Museo dove erano custoditi migliaia di pezzi archeologici risalenti al tempo della antica Mesopotamia, anch’esso attaccato e semi distrutto; nel 2015 il governo aveva portato via molti pezzi. Oltre a due Università e un Politecnico, tutto distrutto dai terroristi.
Una città dove oltre 100.000 persone sono intrappolate da tre anni da un assedio dei terroristi dell’ISIS; oltre centomila bambini, donne, anziani senza acqua, cibo, medicine, luce, riscaldamento se non quei pochi approvvigionamenti che l’Esercito Arabo Siriano e le Forze di Difesa Nazionale riescono, mediante via aerea, a far arrivare alla popolazione periodicamente.

Quanti, in questi anni nel nostro paese o in occidente, hanno sentito levarsi voci, articoli, denunce, indignazioni, presidi per questa città martoriata da 5 anni! Una catastrofe umanitaria occultata.

Forse per i cantori dei “diritti umani”, della democrazia, dei “diritti civili”, della “pace” nostrani, queste donne, questi bambini, questi civili di Deir ez Zor, non sono esseri umani? 

Forse per i nostri giornalisti “democratici” narrare e documentare la tragedia, non fa indici di ascolto bene accolti? Forse perché in questi anni oltre alla popolazione civile che ha subito orridi massacri di massa, ha avuto a sua difesa e scudo, perdendo centinaia di eroici soldati, soltanto l’EAS, le Forze di Difesa Nazionale e le milizie popolari dei villaggi. 

O forse perché dovrebbero raccontare che il 17 settembre 2016 gli USA hanno fatto dei raid aerei su obiettivi ISIS, ma in realtà hanno colpito unità dell’Esercito siriano, uccidendo 62 soldati, nonostante la Russia avesse avvisato i comandi USA, che quello era un sito controllato del governo di Damasco e ferendone altre decine. Subito dopo (che casualità), l’ISIS ha attaccato l’area conquistandola e tagliando in due la città.                         

Forse bisognerebbe dire che la resistenza di questi centomila civili e dei 4000 soldati dell’EAS che li difendono è in Siria considerata leggendaria.
Non si deve dire, non si deve sapere, potrebbe far pensare troppi onesti occidentali.

Il primo massacro di massa in questa città era avvenuto il 14 agosto 2014, dopo che le forze locali erano riuscite a respingere e a scacciare dalla città le forze ribelli e l’ISIS.   

Questo dopo una lunga battaglia e grazie soprattutto alla Milizia sunnita Shaitat, espressione delle comunità e tribù sunnite locali, la quale nonostante forti pressioni e allettamenti economici, si era schierata senza indugi per la difesa della Siria araba e sovrana, pagando fino ad oggi un altissimo tributo di sangue. Come reazione l’ISIS crocifisse e decapitò in tre giorni circa 700 prigionieri in gran parte di Shaitat.

Oppure come il 17 gennaio 2016 quando l’ISIS ha riportato di aver ucciso oltre 400 civili in un tentativo di spezzare la resistenza di un area orientale della città, difesa dalle milizie locali di autodifesa dei cittadini e da un contingente di soldati.
   
La tragedia di Deir ez Zor era cominciata fin dall’inizio dell’aggressione alla Siria, quando nella città si verificarono scontri armati tra l’Esercito Arabo Siriano, polizia e gruppi del cosiddetto Esercito Libero Siriano, dell’ISIL, di Al Nusra con la presenza di mercenari stranieri.

Nel Maggio 2015 dopo una pesante offensiva con oltre 14.000 combattenti, l’ISIS prese il controllo delle aree esterne della città, lasciando solamente a trasporti aerei e di elicotteri la possibilità di rifornimenti alimentari e aiuti, oltre al controllo dell’aereoporto militare a pochi chilometri dall’abitato e presidiato da un contingente della 104° Brigata Aviotrasportata, un corpo di elite della Guardia Repubblicana guidata dal Generale druso Issam Zahreddine, un comandante leggendario dell’EAS. 

La Russia, il governo siriano e il WFP hanno fornito finora via aerea centinaia di tonnellate di aiuti umanitari; nel 2016 il governo siriano è riuscito a far arrivare cibo e medicine attraverso la Croce Rossa Siriana.

La città ha un ruolo strategico, sia perché è la più ricca provincia petrolifera delal Siria orientale, e perché se cadesse l’ISIS unificherebbe i suoi territori iracheni con quelli siriani, e da un punto di vista militare avrebbe notevoli benefici tattici.

Attualmente la situazione militare è in una fase di intensificazione degli scontri, sia sul terreno che dal cielo. Dopo la liberazione di Palmira nei primi di marzo 2017 da parte delle forze governative, ora l’EAS insieme con le milizie popolari e le forze alleate sta dirigendo massicce forze e armamenti verso Deir ez Zor, ponendo l’obiettivo della sua liberazione come prossima tappa per la cacciata dei criminali e terroristi dal paese. Già a metà gennaio altre unità delle forze di elite della Guardia Repubblicana dell’EAS erano state trasportate con elicotteri alla guarnigione dell’aereoporto militare vicino alla città, andando a rinforzare la presenza militare governativa.  

Nel frattempo la popolazione siriana della provincia di Deir ez Zor si rivolta contro i mercenari e terroristi e chiede la liberazione al Governo siriano e a Assad.

Il 18 gennaio 2017 nelle cittadine di al-Mayadeen e al-Ashareh, nel sudest di Deir ez Zor, la popolazione stremata dalla situazione e dall’occupazione dei terroristi e mercenari dell’ISIS e Al Nusra è scesa in piazza attaccando le sedi dei terroristi. 

Innalzando bandiere della Siria araba e sovrana, cartelli e foto di Assad hanno marciato per le strade prima di essere dispersi.

A al-Mayadeen la gente ha anche incendiato alcuni veicoli della cosiddetta polizia speciale dell’ISIS. 

Il 19 gennaio anche ad Hatleh, un villaggio vicino alla città, un gruppo guerrigliero formato da cittadini del posto, ha attaccato e ucciso 9 terroristi dopo che questi avevano decapitato alcuni civili per una rappresaglia. Dato il terrore instaurato nelle aree occupate, questi sono segnali che la situazione in prospettiva sta cambiando. 
Come per Aleppo, Palmira, Maaloula e le altre aree liberate, si avvicina anche per il popolo di Deir ez Ezor e della Siria la liberazione, nonostante il silenzio vergognoso della “stampa libera” occidentale.
   
14 marzo 2017, a cura di Enrico Vigna – SOS SIRIA/CIVG

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