Yemen, tra bombardamenti sauditi e minaccia terrorista

Yemen, tra bombardamenti sauditi e minaccia terrorista

L'informazione mainstream ignora del tutto quello che sta succedendo nello Yemen. Eppure ogni giorno arrivano notizie sempre più drammatiche, ma resta un colpevole silenzio. Motivo? Il paese è stato distrutto dai bombardamenti di uno stretto alleato dell'Occidente, ovvero l'Arabia Saudita.

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L'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha riferito che la guerra,iniziata nel marzo 2015, ha già lasciato circa 10.000 morti, la maggior parte dei quali sono civili.
 
Nel seguente articolo, l'analista Rasoul Goudarzi* evidenzia diversi aspetti della crisi nel paese più povero del mondo arabo, innescata dai bombardamenti sauditi e dalle minacce del terrorismo dell'ISIS (Daesh, in arabo) e di Al-Qaeda.
 
Le origini della crisi in Yemen
 
Il 26 marzo 2015, l'Arabia Saudita ed i suoi alleati Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Egitto, Senegal e Sudan tra gli altri, ha lanciato un'invasione contro lo Yemen. L'obiettivo era quello di ripristinare il potere di Abdu Rabu Mansur Hadi, e di eliminare il movimento popolare Ansarolá, tuttavia, oggi, il risultato è sorprendente. Il direttore delle Nazioni Unite incaricato per lo Yemen, Jamie McGoldrick, ha annunciato che la guerra ha lasciato almeno 10.000 morti, ma specifica che i dati si basano sulle cifre fornite dagli ospedali, ciò indica che la dimensione della tragedia potrebbe essere molto più alta perché, purtroppo, molte delle aree che sono il bersaglio di attacchi non hanno ospedali, centri sanitari o qualsiasi luogo in cui si curano feriti o si registrano i decessi. McGoldrick ha inoltre sottolineato che il conflitto ha provocato lo spostamento di 3 milioni di persone, mentre altri 200.000 sono stati costretti a cercare rifugio all'estero. A questo si aggiungono i 18 milioni che hanno bisogno di aiuti umanitari urgenti e un milione di bambini che lottano per sopravvivere.
 
In aggiunta ai bombardamenti che hanno distrutto il paese, l'ombra del terrorismo incombe su questo paese.
 
La situazione geopolitica e geostrategica nello Yemen è della massima importanza per gli estremisti di Al-Qaeda. Il paese si trova nel cuore del mondo islamico e ha immense risorse naturali, oltre ad essere vicino ai luoghi sacri e importanti dei musulmani: La Mecca e Medina in Arabia Saudita. Questi sono fattori molto importanti per i salafiti, perché essi considerano lo Yemen come la culla di quello che chiamano il "califfato islamico".
 
In questo contesto, va notato che i terroristi di Al Qaeda hanno stabilito un piccolo impero nella provincia di Al Mukalla, dove hanno  guadagnato circa 100 milioni di dollari in rapine in banche e estorsioni ai commercianti. In aggiunta ci sono 1,4 milioni di dollari dalla compagnia petrolifera nazionale dello Yemen. Se si considera che Raqqa è la base principale del Daesh in Siria, Al Mukalla è la capitale di Al-Qaeda.
 
Oltre ad Al-Qaeda, il Daesh non  ha risparmiato nessuno sforzo per aumentare la sua influenza nello Yemen. Anche nei primi mesi del 2015 e nel mese di aprile dello stesso anno ha pubblicato un video in cui ha issato la sua bandiera nella capitale yemenita Sana'a. Per il momento, questo gruppo terroristico è molto attivo nel centro, sud ed est del paese arabo, e si sforza di ottenere il controllo di gran parte della provincia di Shabu e di stabilire la sua sede nel sud dello Yemen.
 
L'indifferenza degli organismi internazionali
 
Studiando lo sfondo della crisi nello Yemen, ci si rende conto del sostegno che sta ricevendo l'aggressore saudita dalle organizzazioni interbazionali. Infatti, sin dall'inizio dell'invasione saudita, non c'è stata una sola risoluzione contro Riad dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC), neppure ci sono state sanzioni o misure di pressione da parte dell'Unione europea ( UE), degli Stati Uniti d'America, e altri paesi e blocchi che a torto sono considerati i guardiani dei diritti umani. Tuttavia, la situazione è ancora più grave se si considera che durante l'attacco allo Yemen, è aumentata vertiginosamente la vendita di armi e il sostegno finanziario e logistico da diversi paesi europei, tra cui Regno Unito, Francia e Germania. Il quotidiano britannico The Guardian, in un articolo pubblicato lo scorso settembre, ha rivelato che Londra ha emesso circa 40 licenze per le esportazioni di armi verso l'Arabia Saudita, appena dopo l'inizio degli attacchi. Inoltre, il centro studi IHS ha pubblicato un documento dove si evidenzia che Riad è il primo acquirente di armi in tutto il mondo, con gli Stati Uniti suo principale fornitore.
 
Questi dati mostrano chiaramente il motivo per il quale non viene esercitata alcuna pressione sull'Arabia Saudita, nonostante i numerosi crimini commessi sia all'interno che all'esterno del paese, dalla repressione degli sciiti all'esercizio di un sistema totalitario nel suo territorio al finanziamento di terroristi in Medio Oriente agli attacchi contro gli yemeniti.
 
Inoltre, la realtà dello Yemen ci porta alla seguente conclusione: chi ha grandi somme di denaro e benefici da parte degli interessi politici ed economici delle superpotenze può commettere ogni sorta di crimine senza conseguenze; è lì proprio quando i diritti umani vengono dimenticati. Pertanto, non bisogna aspettarsi la pace, o almeno la fine per rispondere alla volontà di yemeniti; ci saranno sempre più casi di aggressioni crudeli fino a quando c'è la volontà ferma di paesi in via di sviluppo di voler insieme cambiare l'ordine mondiale attuale che sta calpestando i loro diritti.
 
*Giornalista e analista internazionale, ha conseguito un Master in Relazioni Internazionali presso l'Università Azad dell'Iran. Specializzato sulle questioni di Medio Oriente e Iran. Collabora con diverse reti di informazione internazionale.
 

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