G. Colotti da Caracas - "Case bruciate, assalti ai centri di votazione ma la Costituente in Venezuela non si ferma"

G. Colotti da Caracas - "Case bruciate, assalti ai centri di votazione ma la Costituente in Venezuela non si ferma"

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di Geraldina Colotti

Caracas, 29 luglio 2017


Un sistema elettorale a prova di frodi, certificato nel corso degli anni e di 20 elezioni (questa la 21ma), da centinaia e centinaia di osservatori internazionali. Lo abbiamo visto da vicino partecipando alla messa a punto delle macchine e del sistema di sicurezza informatico gestito da server locali. Soprattutto, abbiamo toccato con mano quanto tutto questo sia vicino alle persone, qualcosa di tangibile che rende concreto e pieno il concetto di “democrazia partecipata e protagonista”. Nelle numerose sale di controllo, il personale – specializzato e motivato – è composto soprattutto da giovani, che hanno studiato – del tutto gratuitamente – in questi 18 anni di “rivoluzione bolivariana”: nessun feticismo delle forme, per tutti la consapevolezza di essere “una rivoluzione pacifica ma anche armata”. 

Negli occhi del ragazzo che ci spiega come funziona il meccanismo informatico e che dirige tutto questo, c'è una scintilla diversa da quella che brucia e devasta, al soldo dei grandi poteri internazionali, e che in tre mesi ha provocato 110 morti. Qui c'è una nuova maniera di concepire le relazioni di lavoro. I responsabili spiegano come sono disposti i turni di lavoro, le competenze, le rotazioni, concepite in modo che nessuno subisca il peso, nessuno ne ponga uno troppo grande sulle spalle e sulla mente del singolo o della squadra che deve reggere una situazione di stress e far fronte con prontezza all'imprevisto. 

“Il personale è stato selezionato in base alla competenza e alla motivazione, sperimentato nelle situazioni che richiedono un apporto addizionale”, dice il giovanissimo dirigente, e poi aggiunge: “quando ho iniziato gli studi non pensavo potessi arrivare qui, ma abbiamo realizzato tutto questo, e dobbiamo esserne all'altezza”. 

La partita, adesso, è ardita. Si tratta di rimodellare, di mettere in forma, di liberare dalle scorie quel che si è ottenuto a vantaggio degli ultimi, dei settori popolari, ma anche delle cosiddette “classi medie” che sono diventate tali proprio grazie al chavismo e che ora gli voltano le spalle, come sempre avviene nella storia delle rivoluzioni. Dall'Assemblea Nazionale Costituente, che verrà votata domani 30 luglio, emergeranno anche rappresentanti degli imprenditori, sui 537 costituenti, a cui vanno aggiunti gli 8 rappresentanti indigeni, che i nativi voteranno secondo i propri usi e costumi e che concluderanno le loro assemblee il 1 di agosto. 

Si voteranno candidati territoriali (364) e settoriali (163). Non vi sono candidature di partiti, tutti verranno espressi dalla società, dal ruolo che esercitano, sia nel territorio (consigli comunali, comunas) sia nei posti di lavoro (contadini, pescatori, lavoratori dei distinti settori, pensionati, studenti, sia delle scuole pubbliche che delle misiones che delle scuole private). Sono abilitati al voto 19.477.388 venezuelani, su oltre 30. 600.000 abitanti.

Le destre hanno respinto l'invito al dialogo, insistendo in una “presa del Venezuela” che finora non c'è stata, perché per dare l'assalto a un paese ci vuole per lo meno un sostegno di massa, ci vogliono le forze armate. Elementi che mancano alla Mesa de la Unidad Democratica (Mud), che ha preferito affidare la destabilizzazione del paese ai “guarimberos” e alla “comunità internazionale” subalterna ai voleri degli Usa. Qui non c'è una “guerra”, ma una prova di forza violenta organizzata da alcuni settori della borghesia legata agli interessi transnazionali. 

Stanotte c'è stata una “camminata notturna” organizzata nella capitale dalle componenti libertarie e crerative, dagli artisti, dai collettivi territoriali. La musica è risuonata dappertutto, salvo in alcuni quartieri devastati dalla “rivolta dei ricchi”. Molti compagni che ci abitano, dopo aver concluso coraggiosamente la campagna elettorale nei quartieri dell'est della capitale, hanno dormito fuori per potersi recare alle urne senza incidenti. 

Certo, dopo le sanzioni che gli Usa promettono di estendere, potrebbe anche esserci un'invasione armata. In ogni caso, le destre contano su un “modello siriano”, con tanto di “governo parallelo” riconosciuto da fuori, illegittimo in loco. E la partita è aperta. L'isolamento del paese continua. Anche Air France ha deciso di interrompere i voli, lasciando nell'incertezza quelli che – come chi scrive – hanno il biglietto di ritorno con quella compagnia. E domani non ci saranno voli da Madrid.

“L'opposizione ha deciso di segnare con la violenza questa giornata elettorale – ci spiega la vicepresidente del Cne, Sandra Oblitas – per questo il Cne, insieme ad altre istituzioni, ha previsto misure di sicurezza addizionali rispetto a un normale processo elettorale”. Quali? “E' stato ampliato a 500 metri il perimetro di sicurezza, lo stesso Cne è stato dichiarato obiettivo sensibile, dopo gli attacchi ricevuti in questi mesi. Inoltre sono stati istituiti centri di voto addizionali perché gli elettori che vivono nelle zone di violenza possono esercitare il proprio diritto in sicurezza. In Venezuela il voto è un diritto, non è obbligatorio, ma chi cerca di impedirlo commette un reato grave, attenta contro la libertà individuale”.

Molte famiglie sono state minacciate, in altre zone del paese gli è stata bruciata la casa, la macchina... Ci sarà la “presa del Venezuela” annunciata dall'opposizione? “Le violenze sono forti ma molto circoscritte. Per avere un'idea: i focolai si verificano in 76 delle 114 circoscrizioni. Tuttavia, occorre combatterle con rigore e con misure adatte a una situazione inusuale”.
Arriva intanto la presidente del Cne, Tibisay Lucena, presa a bersaglio dalle destre che hanno tentato di bruciarla viva insieme alla sua famiglia al grido di :”Brucia, strega” e hanno speculato sulla sua malattia, un tumore da cui si sta riprendendo. “Per tutto il 2016 – ci conferma Tibisay – sono stata oggetto di un attacco feroce, una campagna molto personalizzata contro di me e la mia famiglia. Questo non ha impedito al Cne di svolgere il suo lavoro di garanzia, e di esaminare la richiesta di referendum revocatorio presentata dall'opposizione contro il presidente Maduro. Una violazione dei miei diritti umani che ha avuto un carattere di genere: un gran disprezzo per la donna, per la malattia, che non si sarebbe presentato in quei termini se vi fosse stato un uomo al mio posto. La violenza politica è stata brutale, barbarica contro il Cne. Una campagna orchestrata dai media privati, che mi hanno data per morta almeno tre volte, si sono insinuati nella mia vita personale, e così è avvenuto con le reti sociali. Non posso dire che mi sono abituata alla violenza perché non ci deve abituare, ma ora sono preparata, siamo preparati”.

La presidenta del Cne è una delle venezuelane sanzionate dagli Stati uniti. Come l'ha presa? “Si tratta di misure finanziarie contro le mie presunte proprietà negli Stati uniti, che non ho, il blocco dei miei conti, ma io non possiedo conti. In realtà sono sanzioni che, colpendo la mia persona, mirano a screditare l'autorità che presiedo. Ma noi continuiamo a lavorare, non ci fermeranno. Se mi sanzionano per garantire i diritti dei venezuelani, ben venga.

Intanto, contro l'Assemblea Costituente, piovono minacce e ingiunzioni a livello internazionale. Il governo colombiano ha anticipato che non riconoscerà comunque i risultati del voto per l'Anc. Anche quello svizzero ha chiesto a Maduro di recedere dal voto. Il capo dei mediatori, l'ex presidente spagnolo Zapatero, ha invece chiesto il rispetto del voto. E così ha fatto l'Onu a Ginevra. La Mud ha confermato blocchi stradali in ogni Stato e una manifestazione a Caracas, che partirà da sei punti della capitale. Nel Merida, un centinaio di incappucciati ha fatto irruzione in un centro di votazione del Cne sequestrando i presenti e ha bruciato le urne per le schede.

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