Gli interessi della Monsanto e l'Unione Europea: il capitalismo provoca il cancro

Gli interessi della Monsanto e l'Unione Europea: il capitalismo provoca il cancro

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di Francesco Galofaro* per Marx21.it

*Politecnico di Milano

Lo scorso 24 ottobre il Parlamento europeo si è espresso, con un parere non vincolante, per vietare del tutto entro il 2022 l’uso del glifosato, un potente erbicida prodotto dalla Monsanto e che si impiega, tra l’altro, in associazione agli OGM [1]. Ma il giorno seguente, 25 ottobre, la Commissione europea, riunita per discutere il rinnovo della licenza, ha dibattuto, discettato e discusso, e infine ha rinviato tutto. La posizione degli Stati membri è diversificata. Italia, Belgio, Svezia, Austria e Grecia sono per la messa al bando; Francia e Spagna sono per il rinnovo [2]. A scanso di equivoci, non parliamo qui di OGM, ma di un diserbante attualmente impiegato anche nel nostro Paese.

Monsanto, la multinazionale recentemente acquisita dalla Bayer – e nel mirino dell’Antitrust europeo - è già nota per aver prodotto il Napalm: l'arma chimica che gli americani usavano in Vietnam, presentandola come un defoliante. Il meccanismo del glifosato è noto: l'erbicida è generalmente letale per ogni forma di vita, ma le piante brevettate dalla Monsanto sono geneticamente modificate per resistergli. Tuttavia, sul glifosato grava da tempo il fondato sospetto di causare il cancro.


Argomenti a favore del glifosato

A fronte di questa situazione, la posizione dei difensori europei del glifosato è la seguente. Pekka Pesonen segretario generale del COPA e del COGECA, gruppi che rappresentano le aziende agricole europee, ha dichiarato: “Senza un rinnovo le nostre affidabili scorte di cibo e l'agricoltura di conservazione saranno gettate nell'incertezza, e questo interromperebbe la fiduca dei consumatori nelle nostre istituzioni e in chi prende le decisioni, permettendo a posizioni minoritarie di prendere piede”. Un argomento conservatore, rivolto a quanti – politici e funzionari – hanno fin qui consentito che l’agricoltura europea divenisse dipendente dal prodotto di una multinazionale monopolista fino al 2000 – anno in cui il brevetto è scaduto.

La volontà popolare e l’Unione Europea

La Commissione europea ha ricevuto questo mese una pezione firmata da 1,3 milioni di cittadini contro il rinnovo. Tuttavia, fin qui, la European Chemicals Agency e la European Food Safety Authority, le agenzie europee che vigilano sulla nostra salute, hanno sostenuto che non esistono prove della pericolosità del glifosato. Eppure dal 2015 la World Health Organization ha classificato l'erbicida come un potenziale cancerogeno [3].

La storia del rapporto tra EU e glifosato risale al 2002, quando fu autorizzato dalla Commissione europea. Già nel 2015 era prevista una nuova valutazione, ma l’esito fu un primo rinvio. Nell’attesa, l’autorizzazione fu prorogata fino al 31 dicembre 2017. Nel frattempo (marzo 2017) la sostanza è stata giudicata sicura dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) e dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). Rassicurante? Non proprio, perché dietro al glifosato c'è una vicenda lunga e tortuosa fatta di dibattiti scientifici, di studi presentati e in seguito ritirati, di indagini e ultimamente perfino di cause legali.

Le manipolazioni di Monsanto

Questa settimana l'Internazionale ha pubblicato la seconda parte di una lunga e articolata inchiesta di Le Monde [4]. Una causa collettiva avviata negli USA ha portato alla pubblicazione di un nutrito dossier di documenti interni alla Monsanto, i quali rivelano come, a partire dagli anni '70, la multinazionale abbia sistematicamente manipolato le pubblicazioni scientifiche dedicate al suo prodotto di punta. I dirigenti che negli anni '80 erano responsabili degli organismi che avrebbero dovuto vigilare sul problema, e che hanno certificato la non pericolosità del glifosato, hanno fatto carriera nella multinazionale nel decennio successivo. Pura gratitudine? Ma non basta: insigni scienziati sono oggi indagati per aver fatto da prestanome in articoli scritti dai ghostwriter della multinazionale.

La regola della ricerca: evitare i conflitti di interessi

Per poter pubblicare su una rivista scientifica prestigiosa occorre rispettare una serie di regole. Tra queste, bisogna dichiarare la presenza di un conflitto di interesse dello scienziato. Ad esempio, se sono pagato da una multinazionale del farmaco, devo renderlo noto al momento di presentare uno studio che riguarda l'efficacia del prodotto di quella multinazionale (o della concorrenza).

Per aggirare questo scoglio, Monsanto faceva scrivere gli articoli scientifici ai propri dipendenti, e poi li affidava a insigni ricercatori “indipendenti” che si limitavano a firmarli. I ricercatori ne ottenevano in cambio un congruo conquibus. E’il caso di Henry Miller, dell’università di Stanford, editorialista pro-ogm e contro l’agricoltura biologica per testate come Wall Street Journal, New York Times, Forbes. I documenti interni della Monsanto provano come egli fosse sul loro libropaga da febbraio 2015, ingaggiato allo scopo di confutare le accuse di cancerogenità mosse dallo IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro.

Galileo e il capitalismo

Dall’altra parte della barricata, i ricercatori che pubblicavano articoli dai quali risultava la pericolosità dell'erbicida si sono visti sconfessare dalle riviste che avevano accettato di pubblicare i loro lavori. Un tempo la Chiesa costringeva scienziati come Galileo a ritrattare le proprie ricerche, perché in conflitto con la Verità su cui fondava il potere religioso. Oggi Galileo verrebbe costretto a ritirare i suoi studi, perché in urto con la verità su cui fonda il potere economico. E’quello che è accaduto a Gilles-Eric Séralini, che nel 2012 si è reso colpevole di aver pubblicato sulla rivista Food and Chemical Toxicology un articolo che mostrava gli esiti cancerogeni del glifosato sulle cavie. Un anno dopo, la rivista si è scusata coi lettori, non perché l’articolo contenesse frodi o errori, ma perché i dati non sarebbero così convincenti da trarne conclusioni significative. Documenti interni alla Monsanto proverebbero come la sconfessione sia stata organizzata dalla multinazionale [5].

Capitalismo ed egoismo

In regime capitalista il successo non è legato alla scoperta di una qualche verità scientifica: si può essere ricercatori eccezionali e morire poveri. Ecco che alcuni scienziati senza scrupoli e diversi giornalisti si lasciano comprare, al prezzo di una Mercedes. Anche questa è la regola del gioco, non l'eccezione: Monsanto ha mostrato di avere la capacità di intervenire sul sistema dei media nel suo complesso, non solo sulle riviste scientifiche, ma anche sui più influenti quotidiani occidentali. Le manipolazioni della Monsanto sono soltanto un’eclatante eccezione? Non chiamano in causa la natura stessa del capitalismo contemporaneo? In primo luogo, le multinazionali hanno come solo scopo il profitto, non certo la tutela dalla verità scientifica. Secondo l'ideologia liberale, vincolare il capitalismo a un'etica o all'interesse collettivo costituirebbe una distorsione inaccettabile. Insigni filosofi utilitaristi come Jeremy Bentham ed economisti marginalisti come Menger e Walras hanno cercato di dimostrare che l'effetto complessivo di comportamenti individuali egoistici tesi a massimizzare la propria utilità è il benessere collettivo [6]. Contro gli economisti classici e contro Marx, il valore di un bene non è più rappresentato dalla quantità (oggettiva) di lavoro in esso immagazzinato, ma è la conseguenza delle valutazioni soggettive e delle finalità dell’individuo, che agisce secondo principi di perfetta razionalità. In questo modo si fa a meno di considerare le organizzazioni sociali e le classi che determinano la soggettività di chi agisce sul mercato. Non mancano le critiche di autorevoli economisti. Ad esempio, secondo Sraffa il valore di un bene dipende dalle condizioni tecniche della produzione. Nonostante questo, per motivazioni eminentemente ideologiche, la concezione utilitarista del valore è tuttora mainstream.

Il caso Monsanto però evidenzia una falla in questa impostazione filosofica: per essa, la funzione di agente nel mercato è sempre incarnata da individui umani. Nel momento in cui la funzione-soggetto si identifica con una rete collettiva di attori umani e macchine, algoritmi, automi [7], è lecito dubitare che le sue valutazioni e finalità siano ancora identificabili con una razionalità di tipo umano. In altre parole, potremmo dire che i nostri problemi sono causati dal fatto che gli economisti adottano consapevolmente, per motivi ideologici, un’impostazione filosofica vecchia di due secoli. In essa non è possibile porre temi come quello dell’ecologia, della salute, della cultura e dello Stato come luogo di ricomposizione tra un interesse collettivo e la sua negazione individuale [8].

Interesse pubblico e sovranità

Per queste considerazioni, sarebbe imperativo adottare una legislazione che sancisca il prevalere, senza eccezioni, dell’interesse pubblico su quello privato, stabilendo forme di controllo politico sulla ricerca per quanto riguarda priorità e obiettivi, metodi e conclusioni. In passato, scandali legati all'industria della sanità hanno causato il venir meno della fiducia dei cittadini nei confronti della ricerca scientifica, della sua imparzialità, della sua capacità di garantire l'interesse collettivo. Si tratta indubitabilmente di un danno culturale irreparabile: la paura che l'interesse privato porti le multinazionali a danneggiare i cittadini porta persone prive di una cultura scientifica adeguata a comportamenti controproducenti, che mettono in pericolo la salute di tutti, e che si prestano a facili strumentalizzazioni da parte di biechi demagoghi per fini politici di fazione.

Detto questo, nel caso della Monsanto non sono certamente mancati i controlli; i controllori sono stati corrotti. In questo contesto, la sovranità popolare dei cittadini dell’EU e degli Stati che la compognono, si sta rivelando nient’altro che una finzione ipocrita: in astratto, UE e Stati nazionali dovrebbero tutelare gli interessi della collettività; nel concreto, Monsanto- Bayer ora è anche una multinazionale europea: ed ecco che i Paesi membri si dividono, la Commissione entra in conflitto con il Parlamento e rinvia tutto. Una nuova decisione è attesa per il 9 novembre [9]. L’ipotesi è un rinnovo per cinque anni. Come andrà a finire?


NOTE

http://www.repubblica.it/ambiente/2017/10/24/news/glifosato_stop_dal_2022-179197088/

http://it.euronews.com/2017/10/25/glifosato-la-commissione-europea-preferisce-rinviare-la-decisione

https://cen.acs.org/articles/95/i43/consensus-glyphosate-EU.html

4 Foucaurt, S. e Horel, S. “Informazione avvelenata”, in Internazionale, anno 24, n. 1227, 20-26 ottobre 2017, pp.50-56.

5 Foucaurt, S. e Horel, S. “La storia segreta di un insabbiamento”, in Internazionale, anno 24, n. 1227, 20-26 ottobre 2017, p. 55.

http://www.treccani.it/enciclopedia/marginalismo

7 Intendiamo rete di attori umani e non umani nel senso indagato dalla Actor Network Theory. Cfr. B. Latour, Reassembling the social. An introduction to actor-network-theory, Oxford 2005.

8 Cfr. G. W. F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, Berlino, 1820 tr. it. a cura di V. Cicero, Bompiani, Milano.

http://www.helpconsumatori.it/ambiente/glifosato-la-ue-torna-a-votare-il-9-novembre-ipotesi-rinnovo-di-5-anni/117686

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