Il piano USA per il futuro dell'ISIS, rovinato dall'esercito iracheno

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PICCOLE NOTE


Sulla Repubblica del 1 novembre, Giampaolo Cadalanu redige un reportage sulla battaglia di Mosul, che vede le forze della coalizione internazionale guidate dagli Usa impegnate in un’offensiva contro l’Isis.

 

Catadalanu spiega che le truppe regolari irachene hanno iniziato la penetrazione in città «travolgendo le incertezze americane», mentre le milizie sciite sono impegnate a tagliare le vie di fuga all’Isis.

 

E scrive: «Il piano delle milizie paramilitari è palese: preferiscono una resa dei conti sanguinosa in Iraq piuttosto che lasciar passare gli integralisti in terra siriana, come forse invece avrebbe fatto piacere agli strateghi della Casa Bianca, contenti di far aumentare la pressione su Bashar Assad e sui suoi alleati russi».

 

Nota a margine. In altra nota avevamo accennato al fatto che qualche stranamore di Washington aveva immaginato questa offensiva come ennesima opportunità per mettere in difficoltà Assad. Cosa che questo articolo conferma.

 

Progetto criminale che usa di criminali per attuare i propri oscuri piani di regime-change in Siria. Basti pensare che anche in questi giorni gli agenti del Terrore asserragliati a Mosul continuano a ostentare al mondo la loro efferatezza, giustiziando senza motivo centinaia di civili innocenti. Cosa che farebbero anche in Siria se tale progetto riuscisse, imperversando sui civili siriani.

 

Questo particolare la dice lunga sulla sporca guerra scatenata da cinque anni contro il governo di Damasco e sulla mancanza di scrupoli che abita Washington e i suoi alleati riguardo le pedine da usare per ottenere quel successo che ancora gli sfugge.

Se non si fanno scrupoli a usare l’Isis, si può immaginare con quanta prudenza siano arruolati i tanti mercenari jihadisti scatenati in Siria contro Assad… 

 

Partita complessa quella di Mosul, nella quale convergono le spinte, tra loro confliggenti, dei vari attori impegnati nella sua riconquista: non solo Stati Uniti e milizie sciite, ma anche turchi e curdi si sono impegnati in questa battaglia per scopi diversi da quelli altrui. 

 

La liberazione di Mosul, quando avverrà, rischia di diventare solo un momento di passaggio foriero di nuove conflittualità. Anche perché fin d’ora c’è chi studia i conflitti latenti come possibili nuove opportunità.

 

Resta il mistero di una battaglia che doveva essere sanguinosa e non lo è, dal momento che i miliziani dell’Isis, pur armati fino ai denti e provetti nelle tecniche di guerriglia, che hanno imparato nei campi di addestramento per “ribelli” anti-Assad gestiti dall’Occidente e dai suoi alleati, sono in evidente difficoltà.

 

Peraltro si registrano anche scontri interni: evidentemente, fallita l’opportunità di salvezza loro offerta dagli strateghi Usa, gli agenti del Terrore vivono un momento di confusione.

 

E resta il mistero sulle vittime civili che sta provocando l’attacco. Non ne parla nessun giornale occidentale (ne riportano solo i media russi), nonostante sia impossibile che i raid aerei e gli scontri a fuoco siano tanto selettivi da evitare incidenti di percorso in aree abitate. 

 

C’è il fondato dubbio che su questo particolare, non certo secondario, sia caduta la scure della censura: si vuole evitare di equiparare quanto accade a Mosul a quel che accade ad Aleppo, dove ad attaccare i terroristi asserragliati nella parte orientale della città, non dissimili dall’Isis, sono russi e siriani…

 

Censura che accompagna anche le immagini di questa battaglia rimandate dai media: ci sono fotografie di attaccanti intenti a sparare o a spostarsi, altre che immortalano  l’accoglienza di rifugiati scappati dalla città, altre il fumo dei pozzi di petrolio incendiati dai miliziani dell’Isis.

 

Difficile rinvenire fotografie di esplosioni di bombe o di proiettili di artiglieria della coalizione sugli obiettivi (si può agevolmente notare con una ricerca su google immagini: parole chiave “battaglia Mosul” o “Mosul”).

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