LA COPPIA D'ORO DEL SIONISMO SI ESIBIRÀ A RAVENNA IL I MARZO

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di Paola di Lullo
 
Noa è una cantante israeliana emigrata con la famiglia negli USA all'età di due anni. A seguito di quella che definì "crisi d'identità", tornò in Israele a 17 anni, dove prestò servizio militare per due anni. Ma è solo con l'incontro con  il medico pediatra Asher Barak, che diventerà suo marito, che si sentirà finalmente a casa. Nel 1991 comincia la sua attività come cantante. 
 
Indimenticabili le sue dichiarazioni all'indomani dell'operazione Cast Lead, l'aggressione israeliana contro la Striscia di Gaza. L'operazione militare cominciò il 27 dicembre 2008 e terminò il 18 gennaio 2009. Causò la morte di 1.285 persone, di cui, secondo il PCHR ( Palestinian Center of Human Rights) , 895 civili, 167 poliziotti, 280 bambini e 111 donne. Furono ferite 4.336, di cui 1.133 bambini e 735 donne. 2.400 case furono interamente distrutte, idem per 28 edifici pubblici, 30 moschee, 121 officine. Israele adoperò il fosforo bianco.
 
Questa la lettera aperta, colma di dolore, patos, sofferenza, scritta da Noa ai Palestinesi della Striscia :
 “Io so che nel profondo del vostro cuore DESIDERATE (il maiuscolo è nel testo, n.d.t.) la morte di questa bestia chiamata Hamas che vi ha terrorizzato e massacrato, che ha trasformato Gaza in un cumulo di spazzatura fatto di povertà, malattia e miseria”.
 
Aggiungendo poi: “Posso soltanto augurarvi che Israele faccia il lavoro che tutti noi sappiamo deve esser fatto, e VI LIBERI definitivamente da questo cancro, questo virus, questo mostro chiamato fanatismo, oggi chiamato Hamas. E che questi assassini scoprano quanta poca compassione possa esistere nei loro cuori e CESSINO di usare voi e i vostri bambini come scudi umani per la loro vigliaccheria e i loro crimini”.
 
Erri De Luca, scrittore italiano, attivo No Tav, sembra non cogliere, o forse non vuole, la dicotomia, l'incongruenza delle sue posizioni.
 
Da sempre, strenuo sostenitore di Israele, sintetizza in queste righe, scritte nel 2006,  la sua posizione:
 
" Non cuocerai l'agnello nel latte di sua madre, è scritto nel libro sacro. Non trasformerai la madre della vittima in complice del macellaio di suo figlio. Accusare Israele di affamare la Palestina usando la scritta nazista del campo di sterminio di Auschwitz è cuocere l'agnello nel latte della madre. Non si può prendere la sigla del peggior crimine dell'umanità e rivoltarlo contro i discendenti delle vittime. Ma è stato fatto, per leggerezza o per insulto. Fame è una parola gigantesca, la riduzione al gradino più basso della dignità umana. La chiusura intermittente dei varchi di Eretz Israel non è fame. Dopo l'attentato di Tel Aviv sono rimasti serrati per ventiquattr'ore. Le migliaia di operai palestinesi che non lavorano più in Israele non è fame. Un muro che separa, fa male ma non è fame. Le serre degli insediamenti ebraici smantellati a Gaza sono state distrutte dalla proprietà palestinese reintegrata nei suoi territori. Non è mossa di fame. La legittima elezione di Hamas al governo della Palestina ha delle conseguenze internazionali come il taglio dei fondi di paesi esteri ma non è assedio, non è Sarajevo. La fame annunciata dalla vignetta su ‟Liberazione” di qualche giorno fa niente ha a che vedere con ‟Arbeit macht frei” all'ingresso di Auschwitz. Da lì passarono i condannati allo sterminio. Il copyright su quella scritta appartiene ai nazisti. Nessuno può staccarlo dal luogo capitale dell'infamia e appiccicarlo per polemica sull'uscio di qualcuno, tanto meno l'uscio di Israele. È triste quando l'intelligenza e la compassione di persone vicine si inceppano e procurano un torto anziché un sollievo. Quel luogo è un nervo scoperto della storia da migliaia di anni. Tre monoteismi, tre fedi esclusive hanno i loro santuari gomito a gomito. È un punto della geografia da trattare con la cautela dell'artificiere che manovra per disinnescare la carica, non per accenderla."
 
Recentemente, ha chiarito ancor meglio il suo punto di vista. A seguito del sollevamento popolare palestinese, delle esecuzioni extragiudiziali dei Palestinesi da parte israeliana, che stanno scuotendo la Cisgiordania, in quella che è stata definita L'Intifada di Gerusalemme ( o dei Coltelli, da Israele ), scrive una poesia dedicata a Gerusalemme che, lungi dal meritare compassione o commenti, merita sgomento, rabbia e sdegno.

 
“C’è una città’ del mondo con i coltelli in mano a ragazzini venuti da un quartiere di periferia a pugnalare a caso i cittadini. C’e’ una città del mondo che quando esci di casa fai prima testamento. Perché le fermate degli autobus, specie quelle affollate, sono bersagli fissi per automobili lanciate addosso apposta. C’è una città del mondo che quando salivi su un autobus oppure entravi in un bar, potevi esplodere vicino a un passeggero imbottito di morte. E’ una città del mondo dichiarata ombelico della terra. E’ una città a forma di vulcano, erutta sangue, collera, paura. La sua pietra è bianca, le sue strade rischiose, il suo cielo assalito a mano armata”.
 
È evidente che il buon De Luca non sappia, o finga di non sapere, che l'annessione di Gerusalemme Est da parte di Israele, nel 1967, non è riconosciuta dalla comunità internazionale. Non solo. La Risoluzione 478 dell'ONU afferma che è "inammissibile l'acquisizione di territorio con la forza" (avvenuta, nel caso di Gerusalemme, a seguito della guerra dei sei giorni) e, censurandone nei termini più severi i contenuti, stabilisce che tutte le misure amministrative e legislative intraprese da Israele e volte ad alterare lo status di Gerusalemme, inclusa la "legge base" Israeliana che dichiara Gerusalemme quale propria capitale, costituiscono una "violazione del Diritto internazionale" e, pertanto, sono dichiarate "nulle e prive di validità" e "da rescindere"
 
Per concludere, De Luca, incalzato da un attivista pro palestinese, dichiara : "Sulla Palestina non ho nulla da dire perché non è il mio paese"... Forse Israele sì?

Il link del video qui
 

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