"Lavoratori dormono in piedi per la stanchezza". Reporter inglese "operaio sotto copertura" svela l'inferno di Amazon

"Lavoratori dormono in piedi per la stanchezza". Reporter inglese "operaio sotto copertura" svela l'inferno di Amazon

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Siamo sinceri, un po' tutti abbiamo acquistato o acquistiamo prodotti online, per una questione di comodità e spesso di convenienza economica. D'altronde il mercato globalizzato permette anche questo, e a detta degli esperti la colonna portante della new economy è proprio rappresentata dal commercio online.

Quello che però molti ignorano è che la straordinaria celerità delle consegne spesso, soprattutto quando riguarda le grosse multinazionali dell'e-commerce, cozza con i più elementari diritti dei lavoratori, arrivando a considerare l'uomo come un robot senza anima, senza bisogni e senza cervello.

Puntulamente anche quest'anno, come ogni anno di questo periodo, si torna a parlare del colosso statunitense Amazon e delle dubbie condizioni di lavoro in cui versano i suoi dipendenti delegati al magazzino, i cosidetti “pickers”.

La multinazionale statunitense fa registrare guadagni stratosferici in concomitanza con l'inaugurarsi delle spese natalizie che cominciano con il “Black Friday”; ossia l'ennesima tradizione d'oltreoceano, importata nel vecchio Continente a scopi commerciali, dove, il venerdì dopo il giorno del Ringraziamento, si possono trovare molti articoli a prezzo superscontato. Stavolta a finire sotto l'occhio del ciclone sono stati gli stabilimenti britannici, italiani e tedeschi.

Il giornalista inglese del Daily Mirror Alan Selby, dopo aver trascorso 5 settimane come operaio dell'azienda “sotto copertura” ha denunciato le condizioni disumane dei lavoratori all'interno del magazzino.


Il reporter ha dichiarato che molti operai “si sono addormentati in piedi” per l'enorme quantità di lavoro svolto, ha denunciato un orario di 55 ore settimanali ed enormi pressioni fatte dai manager dell'azienda sui propri dipendenti.









Insomma, niente di talmente nuovo se confrontato con le altre inchieste giornalistiche fatte in Italia e Germania, dove lo stesso si parla di ritmi infernali, con lavoratori costretti a recuperare la merce in 33 secondi e con una media di 18-20 km percorsi al giorno, pause inesistenti ed un clima “minaccioso” che avrebbe portato molti lavoratori ad avere problemi fisici (problemi alle ginocchia, alla schiena e ai polsi) e spesso anche mentali, con l'assunzione di psicofarmaci, per resistere allo stress e portare a casa il salario. Il tutto condito da una gran parte di contratti superprecari.

Nei giorni scorsi però, durante il black Friday, i lavoratori italiani e tedeschi hanno deciso di scioperare per far sentire la loro voce e per far valere i propri diritti, con una adesione, secondo le sigle sindacali del circa 60% dei lavoratori.

E come ha risposto l'azienda statunitense a tutto questo? In maniera molto secca ed improvvisa ha deciso di posticipare ulteriormente l'incontro con i sindacati (al 18 gennaio) e, secondo le sigle sindacali, addirittura proponendo di bypassarli per incontrare i lavoratori singolarmente, proposta gravissima se fosse confermata e che infangherebbe decine e decine di anni di lotta della classe lavoratrice.

Di fatto significherebbe far leva sulle debolezze del singolo lavoratore.

Insomma, mi viene da chiedere se tutto questo sia giusto per soddisfarre il desiderio ossessivo di noi consumatori che dallo schermo del pc di casa, con un click, pretendiamo di ricevere a tempo di record il prodotto acquistato senza poter aspettare un giorno in più.

Come mi chiedo se i nostri politici, troppo spesso impegnati a parlare di imprese, di meno Stato, più “libertà” e meno sindacati per ingrazziarsi in campagna elettorale i vari lobbisti che come iene circondano i palazzi del potere, siano a conoscenza del fatto che la spina dorsale di questo Paese sia composta da pensionati, lavoratori e disoccupati che forse avrebbero bisogno al contrario di più Stato, più garanzie, più occasioni di lavoro e di pensionamento, più programmi atti a valorizzare le persone, il lavoro e la cultura e non esser svenduti alla prima multinazionale di turno entrata nel Paese, come Amazon e altri colossi della “new economy”, con un trattamento di favore sulle tasse e con il “permesso” di poter decidere le regole all'interno dell'azienda in contrapposizione con quelle dettate dallo statuto dei lavoratori.

É tutto questo umanamente sopportabile e giusto?

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