Raqqa, tra propaganda USA/CURDA e anomalie: il reale peso della liberazione nella guerra in Siria

Raqqa, tra propaganda USA/CURDA e anomalie: il reale peso della liberazione nella guerra in Siria

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di Stefano Orsi


Sono molti mesi che prosegue questo lungo e sanguinoso assedio alla città di Raqqa, città siriana, eletta anni fa a capitale dell'allora Califfato o Isis o Daesh, non lo è da lungo tempo ormai, a partire da quando le forze YPG-SDF filoamericane, iniziarono la loro offensiva verso sud, i vertici del Daesh decisero di spostare i ministeri e i comandi altrove, inizialmente la sede designata è apparsa Deir Ezzour, più a sud lungo il corso del fiume Eufrate, era la città più importante in zona relativamente sicura per loro, unico problema, era ancora difesa tenacemente dai siriani, il cui coraggio veniva impersonificato nel loro comandante il Generale dei paracadutisti della Guardia Repubblicana Issam Zahareddine, e quelle difese non sono mai riuscite a sconfiggerle.
Non potendo quindi disporre di Deir Ezzour, hanno finito per accontentarsi di Al Mayadin, prima, e poi ,durante la liberazione di Deir Ezzour, la capitale putativa è divenuta Abu Kamal.




Per i nostri media nazionali, o occidentali in genere, invece resta sempre Raqqa, che , come dicevamo, è stata assediata per mesi.

L'offensiva era scattata nel giugno dello scorso anno, per poi arrivare a lambire la città su tre lati e pochi mesi fa a circondarla completamente.
Prima di essere completamente chiusa, da Raqqa, centinaia di combattenti e notabili, erano scesi verso Deir Ezzour, lasciando solo i miliziani necessari alla sola difesa serrata dell'abitato cittadino.

Appare infatti evidente come sia mancata la presenza su questo fronte delle veloci e massicce offensiva dei miliziani del califfato, offensive che invece abbiamo continuato a vedere, ma su altri fronti, a Palmira, dove furono dirottati tutti i fuoriusciti di Mosul, o su Deir Ezzour, dove arrivarono i fuoriusciti di Raqqa, che quasi ne determinarono la caduta, anche grazie ad un attacco provvidenziale e ripetuto dell'aviazione americana che distrusse la linea difensiva siriana costringendola ad una ritirata che rischiò di trasformarsi in un disastro completo. Solo il provvidenziale ritorno del comandante Issam Zahareddine salvò la situazione e permise alle difese siriane, benché rimaste spezzate in due di resistere fino alla recentissima liberazione.

Raqqa dunque per l'ISIS da tempo ormai non significa più nulla, come non lo significava più Mosul, le milizie che la difendevano si sono arrese alle SDF-YPG, principalmente guidate dai Curdi ma che per necessità di marketing gli USA impongono che siano anche presenti rappresentanze di gruppi di miliziani arabi al loro soldo.

Alcuni di questi gruppi, presenti ad esempio sul fronte di Deir Ezzour dal lato est del fiume, erano in precedenza alleati dello stesso ISIS che ora sembrano combattere.

I fronte nord dell'ISIS da sempre infatti manifesta diverse anomalie, se da un lato infatti formalmente i curdi li hanno combattuti, dall'altro lato è sempre apparso evidente come ISIS abbia mantenuto qui solo una quantità minima di truppe, preferendo sempre impiegarle altrove.

I fuoriusciti di Mosul, non vennero mai impiegati per la difesa di Raqqa, e questo fatto mai è stato messo in evidenza nei servizi dei giornalisti occidentali, e come loro, mai altri sono stati tolti da altri fronti per dare manforte in quella che sulla carta sarebbe dovuta essere la loro capitale, questo non credo che possa apparire strano solo a me, eppure quanti di noi possono dire di averne sentito parlare in televisione? Credo nessuno.

Ricordiamo tutti Manbij, che venne assediata e distrutta dai bombardieri americani, ISIS non tentò mai una offensiva per liberarla, mai spostò truppe su questo settore per opporre resistenza di una qualche reale potenza, no, mentre le forze curde avanzavano su Manbij e la circondavano, il Califfato attaccava la vicina base siriana di Kuweires, vi pare un comportamento normale? Gli attacchi non si limitarono alla sola Kuweires, ma si estesero anche alla di allora supply road, la strada che collegava attraverso uno stretto corridoio tra le truppe di Al Qaeda ad ovest ed ISIS ad est la città di Aleppo a Itriyah, e da questa ad Hama, percorso tortuoso e lungo ma necessario per portare ogni genere di sostentamento ad Aleppo che allora era ancora circondata su tre lati.

Una evidente anomalia dunque, vizia da sempre le strategie belliche dei seguaci del defunto Abu Bakr Al Bagdadi nei confronti delle forze filoamericane.
Raqqa è stata circondata anche da sud, con relativa facilità solo di recente, quando cioè le forze siriane, liberata Aleppo e semplificata la situazione dei fronti interni, Palmira, Qaryatain, Daria, Qalamoun, West Ghouta, e altri ancora, ha avuto modo e maniera di liberare molte più truppe da fronti non più attivi, e poterle quindi adoperare al meglio in offensive mirate. 

La liberazione della regione del Kanasser ad ovest del lago Assad, e l'arrivo dell'esercito siriano appena a sud della base militare di Al Tabqa, obbligo le forze curde a chiudere Raqqa temendo che vi arrivassero prima di loro i siriani.

Comportamento questo assai strano, perché in un assedio, la chiusura totale delle forze nemiche dovrebbe essere una priorità e non una scelta obbligata da altri, i misteri di queste scelte non sono finiti.

Nella provincia sud di Raqqa infatti le forze siriane si erano portate a ridosso di Ma'dan, cento di una certa importanza, dove ISIS aveva spostato gli ospedali da campo per i feriti di Raqqa, proprio grazie al fatto che mai i curdi avessero chiuso la città nei mesi precedenti. Le forze siriane si attestarono alla periferia di questo centro ma non diedero l'assalto, si spostarono invece sui fronti arretrati e da nord e da sud, spezzarono lo schieramento ISIS in tutta la Siria centrale, provocandone così il collasso e la scomparsa conclusasi di recente.

Ma ecco che un'altra anomalia arriva, ISIS conduce in contemporanea agli attacchi siriani, una offensiva, ma non contro le forze curde che assediano quella che i nostri media raccontano ancora come la loro capitale, bensì contro le forze siriane, in questo caso milizie tribali che affiancano l'esercito siriano e che a fatica contengono l'attacco, non senza subire pesanti perdite e non senza infliggerne all'ISIS, eppure ancora una volta non vi sono state operazioni di rilievo condotte contro le forze curde.

Ora le bandiere gialle del Rojava, entità fantomatica che trova una limitatissima collocazione geografica in una zona ad est del paese, che si incunea tra Iraq e Turchia, e in poche cittadine tra cui la famosa Kobane e Afrin.

Oggi abbiamo visto la ragazza immagine scelta per mostrare un volto pulito e gradito alla nostra stampa e media, portare la bandiera del Rojava e issarla simbolicamente su una ringhiera in città, assieme a diverse altre bandiere dai più improbabili simboli e dalla dubbia rappresentanza nel Paese reale.
Cosa comporta questa conquista, nella visione dei nostri media, traspare la speranza che vada a costituire l'ossatura, la catarsi attraverso la quale venga spartita questa fetta di Siria e venga affidata, col beneplacito americano, ad un Rojava, costituito dai curdi che egemonizzano una maggioranza chiara di arabi, e fingono anche di crederci.

No non accadrà questo.

Cosa accadrà dunque, dirlo con precisione è difficile, ma non impossibile e possiamo azzardare qualche ipotesi. Innanzitutto il presidente siriano Bashar Al Assad, ha più volte ribadito che si stia combattendo per la sovranità della Siria e non per la sua sopravvivenza come presidente, la cosa è corroborata dalla incredibile compattezza di tutta la classe dirigente ed influente del Paese attorno alla famiglia Assad, consenso che ha consentito non solo alla famiglia, ma anche al Paese intero di resistere in questi anni agli attacchi delle potenze straniere, portati per tramite di organizzazioni terroristiche feroci come Al Qaeda o la stessa ISIS, molte altre sigle, anche se non direttamente connesse ad esempio all'alleanza qaedista nota nel presente come Hayat Tahrir al Sham, in passato una sua componente era nota come Al Nusra, sono in realtà non meno feroci o sanguinarie e si sono macchiate di ogni sorta di strage efferata.

Possiamo quindi prendere sul serio le parole di un presidente fortemente determinato. Inoltre occorre valutare molto bene la posizione di questo Rojava in Siria come del Kurdistan iracheno, balzato agli onori della cronaca a causa della pesante sconfitta subita dai Peshmerga a Kirkuk, riconquistata con due sole battaglie dall'esercito siriano e immediatamente occupata dalle forze antiterrorismo irachene.

Mentre vi sto scrivendo le operazioni dell'esercito di Baghdad procedono con perizia davvero encomiabile, hanno già liberato la Diga di Mosul, elemento strategico davvero di primaria importanza e presso la quale sono di stanza militari e civili italiani.

Poi procedono ora verso nord. Oltre confine li attende l'esercito turco, pronto a dare manforte in caso di reazione violenta curda, reazione che finora non arriva.

Immaginare un Rojava nei termini sognati da illusi romantici o radical chic, appare quanto mai un'utopia irrealizzabile, e del tutto sconnessa dalla realtà.
Presto, dal lato siriano l'eliminazione totale del califfato diverrà un dato di fatto e le forze siriane e irachene, procedendo di pari passo, arriveranno l'una ad Abu Kamal e le altre a Al Qa'im, terminate le operazioni contro il Daesh, le attenzioni dell'esercito siriano verranno rivolte interamente a queste milizie che occupano illegittimamente territorio siriano, e verrà chiesto loro di deporre le armi e ritirarsi, tutte, comprese l'YPG e le SDF, da Raqqa come da Hasakah, se non dovessero ottemperare alacremente, la guerra troverà nuovi fronti di cui cibarsi, e questa volta anche la Turchia parteciperà al banchetto, le sue truppe già si stanno posizionando attorno all'enclave curda di Afrin e sono schierate dal lato turco delle cittadine curde di Kobane o Ras al Ayn, e altre, e non mancheranno di farsi notare da loro.

Non so davvero come americani e Israeliani siano riusciti a convincere queste popolazioni a rivoltarsi contro la Siria, dopo anni di collaborazione nella lotta al Califfato, Afrin ne è un chiaro esempio, eppure ci sono riusciti e ora le popolazioni locali, se non dovessero rinsavire, rischieranno di garantire solo una cosa, e cioè che la guerra che potrebbe essere vicina alla fine, invece prosegua con nuovi attori.

Raqqa dunque nell'attuale scacchiere siriano, non rappresenta altro che un nome su una mappa e nulla più, Mayadin che la aveva sostituita è già stata liberata, e con essa recuperati enormi depositi di armi e munizioni, di diversa e esplicita provenienza, la partita si sposta tutta sui pozzi di petrolio, lambiti in queste ore dalle truppe siriane per la prima volta in anni di guerra, pozzi che garantiranno le entrate monetarie necessarie alla ricostruzione oltre alle fonti energetiche per il sostentamento della domanda civile ed industriale.

Non credo che quanto stia accadendo in Iraq, con gli Stati Uniti immobili, divisi tra due litigiosi “alleati”, non stia causando crampi allo stomaco violenti a diversi capi bastone curdi, mentre sono certo che i miliziani SDF arabi, abbiano già avviato contatti con i siriani per tradire nuovamente, lo hanno già fatto almeno tre volte in 5 anni, ci sono abituati.

Entro poche settimane avremo un chiaro quadro della situazione e vedremo un capovolgersi veloce di diversi fronti rimasti stabili per anni.
Terminato questo scenario, avremo modo di vedere e conoscere la risposta israeliana, ma questa è tutta un'altra storia.
Stefano Orsi

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