50 giorni senza governo: c'è del marcio in Germania!

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C’è del marcio in Germania. Sono passati più di 50 giorni dalle elezioni che hanno consegnato (così ci hanno raccontato) la vittoria all’invincibile Angela Merkel. La verità come sempre è diversa dalla narrazione di regime, e tra le pieghe delle cose non dette e quelle travisate si nasconde sempre qualcosa in più.

 

Dopo quasi due mesi, i partiti che stanno negoziando le condizioni per la Jamaika Koalition si sono finalmente dati il termine per un accordo preliminare fissandolo a questo giovedì. Il pre-accordo riguarderà le priorità politiche su cui focalizzarsi e compromessi da accettare per portarle avanti. Se le parti troveranno una convergenza, la probabilità di un accordo finale diventerà molto elevata, Tuttavia, l’esito positivo non è scontato. L’aspettativa degli analisti è che la coalizione alla fine ci sarà, ma allo stato attuale non si ha idea di come sarà composta e quale sarà la postura del nuovo governo tedesco. Dalla vittoria di Emmanuel Macron in Francia gli europeisti sperano in un rinnovato asse franco-tedesco a guida Macron-Merkel che si metta a riformare l’Eurozona per ridare slancio al progetto europeo, ma la realtà è quella di un Macron debole in Francia e di una Merkel appesa a un governo che come minimo sarà molto tiepido nei confronti delle tanto auspicate riforme euro-solidali

 

La Jamaika Koalition, cioè un governo composto dall’alleanza tra democristiani della CDU/CSU, i liberali di FPD e gli ambientalisti di Grünen è diventata l’unica opzione possibile per la Germania dopo le elezioni che hanno visto un successo anomalo del partito di estrema destra AfD. Riproporre l’alleanza CDU/CSU con l’SPD avrebbe assegnato all’AfD il ruolo di primo partito d’opposizione, dando così a un partito di estrema destra considerato impresentabile tutta una serie di prerogative molto importanti nella vita politica tedesca, rendendolo un protagonista assoluto della scena. Perciò, l’SPD di Martin Schulz ha dovuto prendersi questo ruolo per non lasciarlo all’AfD e ha lasciato la Merkel alle prese con la difficile impresa di mettere d’accordo dei partiti che su alcuni temi hanno obiettivi difficilmente conciliabili.

 

I Grünen sembrano essere il partito più scontento del gruppo ma – cosa più importante – è anche l’unica controparte della potenziale coalizione che ha bisogno di richiedere l'approvazione formale dell'accordo a un congresso di partito, e con i risultati finora conseguiti, la direzione Grünen non ha alcuna possibilità di ottenere l'approvazione. I liberali di FDP invece sembrano aver ammorbidito i toni mentre la CDU/CSU non sembra avere molte pretese a parte quella di avere Angela Merkel nel ruolo di Cancelliere.

 

Un elemento del nuovo assetto politico tedesco che è passato inosservato è l’inevitabile indebolimento del sostegno alla realizzazione del gasdotto North Stream 2. Con la perdita della SPD, il governo Merkel perderà il principale sostenitore del progetto North Stream 2 mentre con l’ingresso dei Grünen dovrà accogliere nel governo il principale oppositore dell’opera. I collegamenti tra la SPD ei gruppi energetici russi coinvolti nel progetto sono stati messi in luce da quando Gerhard Schröder, ex cancelliere SPD, è stato nominato presidente del gruppo petrolifero russo Rosneft dopo essere già stato nominato anche presidente proprio del progetto North Stream 2. Il conflitto di interessi di Schröder è sempre stato argomento di discussione e la Merkel si espresse molto criticamente a riguardo. Venendo meno la presenza dell’SPD e rendendosi importante il supporto dei Grünen, è chiaro che il progetto subirà una battuta d’arresto. Norbert Röttgen, capo della commissione per gli affari esteri del Bundestag e membro del partito di Angela Merkel, ha dichiaratro che “il prossimo governo sarà molto più critico nei confronti di questo progetto rispetto al precedente”.

 

Il gasdotto North Stream 2 è un progetto strategico per la Russia e per la Germania. Un’infrastruttura che sarebbe in grado di raddoppiare la quantità di gas russo trasportato direttamente in Germania attraverso il Mar Baltico, senza nessun paese terzo di passaggio. È uno dei progetti infrastrutturali più controversi dell’Europa, apertamente osteggiato dalla UE e dagli Stati Uniti e fonte di attrito tra la Germania ei suoi vicini orientali. Berlino ha sostenuto che il gasdotto di 9,5 miliardi di euro rafforzerà la sicurezza energetica dell'Europa garantendo più forniture di gas in un momento in cui le risorse del continente diminuiranno. Ma la Polonia e altri Stati dell'Europa orientale – notoriamente filo americani fino al midollo – vedono con preoccupazione l’aumentata dipendenza del continente da un Russia giudicata sempre più ostile.

 

In realtà, a essere visto male è l’eventualità di un consolidamente dell’asse Berlino-Mosca a dispetto degli Stati Uniti. Il progetto ha gìà subito un rallentamento nel mese di luglio a causa delle sanzioni americane sulle compagnie energetiche che fanno affari con la Russia, imposte come punizione per la presunta ingerenza russa nelle elezioni presidenziali dello scorso anno. Le sanzioni potrebbero rivelarsi un problema per le imprese europee che cofinanziano Nord Strema 2 (la francese Negi, la OM austriaca e le tedesche UNI per e Wintershall). Per l’impero degli Stati Uniti in Europa è fondamentale che non avvenga mai una saldatura dell’asse Berlino-Mosca e il North Stream 2 è un progetto che va in quella direzione. Se il progetto verrà definitivamente affossato, per gli Stati Uniti sarà una vittoria.

 

Ad aiutare Washington a raggiungere l’obiettivo, ci pensa anche la Commissione UE, che ha proposto di modificare la legislazione per applicare le norme energetiche comunitarie a tutte le nuove condotte. Ciò significa che ogni operatore può dover offrire una parte della sua capacità a terzi e osservare le leggi UE in materia di “separazione della proprietà”, secondo cui il gasdotto non può essere posseduto direttamente dal fornitore di gas. Questa ultima mossa ha scatenato la reazioni del premier russo Dmitri Medvedev, che ha dichiarato apertamente che l’Europa vuole far saltare la costruzione del gasdotto Nord Stream 2. dicendo che “La posizione UE sull'estensione del terzo pacchetto energetico è un metodo per esercitare pressioni sul nostro Paese e alcune nazioni europee allo scopo di spingerci ad abbandonare la costruzione della seconda via del gasdotto o per complicare il progetto in ogni modo”.

 

Federico Bosco

 

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