Lo scontro che modella le relazioni Internazionali: Geopolitica vs. Economia

Lo scontro che modella le relazioni Internazionali: Geopolitica vs. Economia

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di Federico Pieraccini

 

In anni recenti le tensioni internazionali hanno spesso portato a conflitti tra nazioni, obbligando i paesi coinvolti a fare i conti con scelte complicate. La trasformazione del mondo è in continua evoluzione e le conseguenze più dirette sono un’instabilità politica in vaste zone del globo unita ad uno scontro economico, culturale e spesso militare senza precedenti. L’altare della priorità economica di cooperazione e sviluppo viene sempre più spesso sacrificato in nome della difesa dei propri interessi (geo)politici. E’ un ritorno al passato in cui l’interesse strategico prevale sul modello economico delineato dal capitalismo moderno.

 

Nazioni come Russia, Cina e Iran negli ultimi anni hanno accelerato la loro ascesa sullo scacchiere globale ampliando aspetti vitali come l’approvvigionamento energetico, il transito di beni fruibili, il conio utilizzato negli scambi commerciali, la difesa dei confini nazionali, la concessione del proprio spazio aereo, la collaborazione bellica industriale con altre nazioni, la lotta congiunta al terrorismo e la difesa della sovranità nazionale. Washington ha provato in tutte le maniere di impedire questa crescente multipolarità, tentando di prolungare il proprio ventennio unipolare, foriero di innumerevoli vantaggi.

 

E’ in questo clima generale che Pechino, Mosca e Teheran hanno dovuto ponderare le possibili reazioni economiche dell’occidente di fronte alla difesa dei propri interessi strategici. In tal senso, negli ultimi anni si assiste con sempre più frequenza ad una contrapposizione tra convenienze di natura economica e decisioni di stampo politico. La sfida più difficile da affrontare riguarda la scissione sempre più complicata da gestire tra l’aspetto (geo)politico e quello di essere parte di un sistema finanziario globale, in larga parte gestito e manipolabile da Europei e Statunitensi.

 

Attualmente il sistema finanziario internazionale, come ho scritto molte volte in passato, è affare statunitense. Il Dollaro si pone come moneta dominante nei confronti delle altre e le istituzioni finanziare su cui poggia tutta l’economia globale si esprimono prevalentemente con la moneta americana. Il paradigma sta cambiando specie negli ultimi anni grazie ad organi sovranazionali come l’AIIB e BRICS. Inevitabilmente il paniere che raccoglie le maggiori valute internazionali andrà ad incorporare una valuta quale lo Yuan, iniziando quel processo di lenta erosione del predominio del dollaro. Il FMI dopo anni di rifiuti, dal 1° Ottobre 2016 accoglierà la moneta di Pechino quale parte integrante del sistema di valute di riserva. Naturalmente l’aspetto più critico riguarda il settore privato bancario e il sistema di pagamenti SWIFT, in orbita euro-americana. Complessivamente questa commistione tra settore pubblico e privato produce una situazione in cui è facile intuire che il sistema economico globale e le sue regole vengono spesso decise tra Washington (FMI, World Bank), New York (Wall Street, FED), Londra (LSE), Basel (BSI) e Francoforte (BCE), escludendo il resto delle nazioni. E’ un sistema finanziario dominato dalle banche centrali, dagli organi internazionali e dagli enormi conglomerati delle banche private, tutte rigorosamente con orientamento Atlantista.

 

E’ facile intuire che nazioni non allineate agli interessi occidentali subiscano quindi ritorsioni, minacce e danni da un sistema finanziario così prono agli interessi euro-americani.


La pressione indiscriminata subita da nazioni come Iran, Russia e Cina negli ultimi anni è notevolmente aumentata, gravando fortemente sulla stabilità globale. La concreta possibilità di proporre un sistema economico alternativo, quantomeno non così facilmente manipolabile dall’occidente, ha permesso a Pechino ma soprattutto Mosca e Teheran di rispondere nella maniera dovuta alle minacce geopolitiche occidentali. Lo sviluppo del Nucleare Iraniano e la vicenda della Crimea mostrano meglio di qualunque altro esempio la contrapposizione che deriva tra difesa strategica dei propri interessi vitali (un ragionamento prettamente politico e spesso inerente la geografia da cui proviene la minaccia --Ucraina/NATO per la Russia, Israele per l’Iran) e ritorsioni economiche (Sanzioni ed isolamento Bancario).

 

Inizialmente fu l’Iran.

 

Con l’acquisita capacità nucleare, Israele pone una diretta minaccia strategica all’esistenza della Repubblica Islamica. Teheran ha quindi deciso di privilegiare i propri interessi nazionali sviluppando un suo programma atomico. Obiettivo, la produzione di un ordigno nucleare da usare come deterrente verso lo stato Ebraico, creando di fatto un equilibrio atomico. Naturalmente la decisione ha scatenato la veemente risposta occidentale e una volta scartata la possibilità dell’opzione militare, venne avviato lo stritolamento economico del paese. L’espulsione dal sistema bancario mondiale (SWIFT) e le sanzioni internazionali, specie nel periodo 2007-2013, hanno avuto forti impedimenti per lo stato Iraniano nel trarre profitto dall’import/export di una grande quantità di prodotti (petrolio e gas su tutti).

 

Il mancato ritorno economico necessario per finanziare la crescita interna ha spinto Teheran, con il passare degli anni, a mutare notevolmente la situazione a proprio vantaggio aggirando impedimenti e sanzioni. Queste vicende hanno forgiato partnership importanti soprattutto con Russia, Cina ed India ed hanno fortemente contribuito ad implementare un canale economico multipolare, aspetto molto apprezzato in paesi con forti tassi di crescita che vedono palesarsi importanti occasioni di reciproco guadagno. Gli investimenti di Cina e India nella Repubblica Islamica, la vendita di importanti mezzi militari da Mosca e l’export di Gas/Petrolio in valute diverse dal Dollaro hanno creato un contesto nel quale, per la prima volta da diverso tempo, la pressione economica internazionale, funzionale ai piani strategici di Washington, non riusciva a modificare il corso degli eventi. L’Iran ha avuto assistenza e sostegno finanziario dai propri partner commerciali ed eventualmente è riuscita a rendere quasi ininfluenti sanzioni e restrizioni bancarie. E’ questo aspetto, più di ogni altro, che ha portato al tavola della trattativa nucleare l’occidente.

L’Iran si era trovato nella rivoluzionaria situazione di poter perseguire i propri obiettivi strategici (arma atomica come deterrente verso un Israele nucleare), senza soccombere da una prospettiva puramente economica-commerciale. L’importanza di questo epilogo non potrà mai essere sottolineato abbastanza. Per la prima volta da molto tempo, una nazione non allineata ai voleri occidentali poteva ambire a difendere i propri interessi strategici senza subire i nefasti effetti di una finanza internazionale avversa: speculazioni, sanzioni oppure semplicemente azioni illegali (la rimozione dal sistema SWIFT rientra giuridicamente in questa categoria).

 

Quando si contrappongono interessi geopolitici ed economici, è difficile non citare due colossi come Cina e Russia. Entrambi i paesi, da superpotenze globali quali sono, hanno necessariamente l’esigenza di bilanciare continuamente obiettivi strategici, spesso (geo)politici, con cooperazioni economiche internazionali. L’epilogo della vicenda Ucraina con l’annessione della Crimea o la costruzione sulle Isole Sparkley nel Mare Cinese del Sud sono due esempi lungimiranti di un radicale cambiamento nell’assetto finanziario ed economico globale. La potenza Cinese ha il privilegio, maggiore di qualunque nazione non occidentale, di poter perseguire con relativa tranquillità i propri scopi strategici quali la messa in sicurezza dei propri confini marittimi (la vicinanza e la pericolosità Americana e Giapponese sono considerati una minaccia costante per Pechino), l’integrità nazionale e l’ampliamento della propria influenza e delle proprie strutture commerciali in tutto il continente senza paura di subire un contraccolpo economico. L’occidente è già adesso incapace di sanzionare la Cina, figuriamoci eventuali veti provenienti dal settore bancario privato o peggio ancora un eventuale embargo. La Cina è la fabbrica del mondo e qualunque aggressione economica finirebbe per produrre innumerevoli danni all’industria occidentali.

 

Dopo anni di contrasti in merito alle rivendicazioni territoriali cinesi nel mar del sud, il massimo che Washington è riuscito ad ottenere è un giudizio ininfluente di un tribunale internazionale a migliaia di chilometri di distanza dalla zona contesa. La Cina persegue senza curarsi più di tanto delle azioni e della retorica occidentale, perseguendo la messa in sicurezza dei suoi punti di attenzione strategici.

 

Il colpo di stato in Ucraina e la successiva annessione della Crimea hanno dimostrato inequivocabilmente come l’arma nucleare Russa sia un deterrente inarrivabile alle aggressioni Americane. La possibilità per la NATO di partecipare attivamente alla guerra di Kiev nell’est del paese è risultata pari a zero grazie al potere bellico convenzionale e non della Federazione Russa.  In uno scenario di questo genere però non dobbiamo trascurare l’effetto delle sanzioni e del tentativo di isolamento internazionale a cui la Russia è sottoposta. Mosca durante la crisi Ucraina ha preso una decisione sofferta ma necessaria: preservare i propri interessi geopolitici a scapito di quelli economici. La posta in palio era troppo alta per poter privilegiare i calcoli finanziari. Sebastopoli e la flotta del Mar Nero rientrano pienamente in quel deterrente strategico che ha salvato il mondo da un possibile scontro tra NATO e Russia in Ucraina. In un tale scenario, neppure il successivo attacco mediante il crollo dei prezzi petroliferi ha influito sulle decisioni di Mosca, pur danneggiando l’economia Russa.

 

Come per l’Iran, la scelta di difendere a tutti i costi i propri interessi nazionali ha obbligato, Mosca ad una politica volta-ad-est. I molteplici accordi a 360 gradi con Pechino, hanno sottolineato come il potere economico occidentale sia sempre più gracile e by-passabile.

 

L’epilogo delle vicende Iraniane, Cinesi e Russe hanno scritto una nuova pagina nelle relazioni internazionali. Questi episodi potrebbe in futuro veicolare un messaggio molto potente a nazioni con meno capacità di resistere ad uno scenario bellico occidentale o con meno resilienza ad un’aggressione finanziaria. E’ ancora presto per poter apprezzare i risultati di questo cambiamento in nazioni che necessitano di una forte assistenza da parte di nazioni amiche. In scenari di quel genere l’impatto economico non è trascurabile e spesso risulta l’elemento decisivo nel ponderare le proprie priorità. Difficile che venga privilegiato un interesse geopolitico a scapito dell’economia nazionale. Alcuni esempi recenti di arroganza occidentale si possono riscontrare in vicende che riguardano il transito energetico. Dai gasdotti Medio Orientali che hanno causato morti e distruzione in Iraq e Siria, ai tanto discussi collegamenti South Stream, North Stream o Turkish Stream che altrettanti problemi hanno procurato a Bulgaria, Grecia, Ungheria, Serbia e Slovenia. Purtroppo è in queste circostanze che il ricatto economico occidentale raggiunge il culmine come incidenza, riuscendo spesso a bloccare o rallentare integrazioni così strategicamente importanti. Paesi minori si trovano a dover rinunciare ad importanti fonti di sviluppo per non incappare nella morsa delle restrizioni economiche o peggio delle sanzioni internazionali.


Per resistere alla finanza internazionale serve un impianto nazionale che sia altamente indipendente in molti aspetti. E’ proprio in tal senso che vanno inquadrati i sistemi internazionali alternativi come la banca BRICS e la banca infrastrutturale asiatica (AIIB). In un futuro prossimo anche paesi con minori capacità di difesa da un’aggressione speculativa internazionale avranno la possibilità di imbarcarsi in progetti politicamente favorevoli, anche se contrari agli interessi occidentali, grazie a svariati paracaduti economici quali AIIB o Banca BRICS. Il futuro multipolare non riguarda solo le superpotenze come Cina e Russia ma è anche un’enorme occasione per sollevare paesi del terzo mondo da una condizione di povertà inaccettabile nel 2016. L’obiettivo Sino-Russo non è altro che fornire strumenti necessari a nazioni minori per resistere alle pressioni internazionali derivanti dai tradizionali canali finanziari (World Bank, FMI). Perseguire i propri interessi strategici nazionali significa aprirsi ad una realtà multipolare in cui l’esclusività della cooperazione non è rivolta solo a vantaggio delle nazioni europee o americane.

La transizione da una realtà unipolare ad una multipolare ha già cambiato molti aspetti delle relazioni internazionali. L’aggressione bellica tra superpotenze è sempre meno un’opzione valida per questioni legate ad aspetti economici e di deterrenza nucleare. Uno degli ultimi strumenti di influenza, la manipolazione e il terrorismo finanziario, hanno sempre meno effetto sulle superpotenze e tendono a favorire la creazione di un sistema economico alternativo. L’evoluzione di queste vicende è facilmente prevedibile: con la perdita di influenza del Dollaro si ridurrà progressivamente il potere occidentale di preservare il ruolo unipolare degli Stati Uniti e di interferire negli affari di innumerevoli paesi in giro per il mondo aumentando contemporaneamente la cooperazione internazionale e trasformando il globo in una effettiva realtà multipolare, non solo da un punto di vista militare. Una trasformazione che rivoluzionerà come niente, da settant'anni a questa parte, il delicato equilibrio su cui poggiano le relazioni internazionali.

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