I veri sconfitti in Venezuela: i media
di Leopoldo Santos Ramirez - La Jornada
L'industria dei media, degli USA, si sta muovendo tra le contraddizioni della politica interna USA e della politica internazionale senza adempiere alla funzione di informare con la verità il suo pubblico, evidenziando la sua decomposizione ed inefficacia. Un dato verificabile è che, in meno di un anno, lo schema informativo di questi media ha accumulato due sconfitte. La prima si produsse con la vittoria di Donald Trump alla presidenza USA, e la seconda con il voto, in massa, dei venezuelani che sostennero alle urne l'elezione dell'Assemblea Nazionale Costituente, il 30 luglio.
Nel primo caso i media hanno scommesso sulla candidatura di Hillary Clinton ed hanno miseramente fallito. Durante la campagna elettorale, al candidato repubblicano non gli fu difficile mostrare, agli elettori, la grande stampa come una fabbrica di bugie e distorsioni contando su un ambiente di recessione economica; inoltre entrò in una dura concorrenza per determinare chi poteva fabbricare intrighi e menzogne più credibile ed in quello scenario mediatico scalò sino alla Casa Bianca, lasciando indietro la grande industria informativa e l'intrattenimento che gli si opponeva. La lotta prosegue e l'affaire post-elettorale occupa più della metà della vita pubblica USA, lasciando lucrosi profitti ai media.
Il Venezuela è il secondo caso di sconfitta. Prima del 30 luglio i media USA di portata continentale, questa volta in coppia con la politica estera USA, usarono tutto il loro potere di diffusione e distorsione della realtà per opporsi alle elezioni per l'Assemblea Nazionale Costituente e tornarono a fallire. I venezuelani ignorarono le informazioni, di veleno ed odio, e andarono massicciamente a votare perché aspirano alla pace. Il loro rifiuto all'intromissione nella loro vita politica dei media stranieri, anche se siano sostenuti dalla stampa della destra venezuelana, non si riferisce solo ad una reazione nazionalista, ma che conobbero in prima persona i fatti degli attacchi dell'opposizione e poterono individuare da che parte proveniva la violenza e gli atti criminali occultati da telegiornali come quelli del consorzio CNN che guida gli intrighi e funge da portavoce dei peggiori interessi dell'oligarchia venezuelana. Soprattutto perché fecero distinzione e non trovarono, nella destra, se non l'idea di un colpo di stato, senza un programma che affermasse il reale interesse delle masse. Voci e facce dei presentatori e commentatori, da Patricia Janiot includendo Juan del Rincón, trasmettendo in spagnolo, sono diventati sinonimi di sfacciataggine e menzogna.
Ora, se da un lato ci sono costanti attacchi a Trump volti a promuovere un processo politico per i suoi legami con i russi, d'altra parte questi stessi media gongolano nel riprodurre le minacce di intervento militare USA contro il governo di Nicolás Maduro, per fortuna rifiutato dagli stessi governi piegati all'interesse USA, adducendo la probabilità di maggior destabilizzazione in questi paesi, tra i quali c'è il Messico.
Ma anche se, in Venezuela, la sconfitta della destra è chiara, nel nostro paese la reazione di quella che può ancora, nostalgicamente, chiamarsi la sinistra, ha superato livelli di ignominia. Il suo silenzio riguardo gli attacchi contro la democrazia in Venezuela significa che si è piegata alla politica estera di Peña Nieto? Dov'è la presa di posizione dei partiti e delle organizzazioni sociali che ancora rivendicano qualche elemento di sinistra nelle loro dichiarazioni di principi? Perché definirsi, davanti ai messicani, e fornire orientamenti alle proprie basi è esigibile pubblicamente da Morena, PRD, PT, Movimento Cittadino e l'EZLN. Cosa pensano i militanti di tali organizzazioni? Rimarranno a braccia conserte? Bene che abbiano differenze con la direzione chavista della Repubblica Bolivariana, ma è necessario metterli sul tavolo della discussione e dire apertamente la loro opinione di fronte alla possibilità di un intervento del blocco di governi di destra che ancora potrebbero propendere verso il militare.
Il silenzio indica che stiamo andando avanti nell'abbandono della solidarietà per i popoli latinoamericani, principio fondamentale della nostra stessa esistenza come nazione indipendente.
(Traduzione di Francesco Monterisi)
Pubblichiamo su gentile concessione dell'autore