'The New Yorker': Gli Stati Uniti sono costretti ad accettare Bashar al-Assad fino al 2021
Il governo degli Stati Uniti visti gli sviluppi degli ultimi anni sul campo di battaglia sono costretti ad accettare che il presidente siriano Bashar al-Assad rimanga al potere fino al 2021, secondo il settimanale statunitense, 'The New Yorker'.
Data la realtà dei campi di battaglia in Siria e gli ultimi progressi dell'esercito contro i gruppi terroristici, l'amministrazione Trump è stata costretta ad accettare la continuità di Bashar al-Assad al potere fino alle prossime elezioni presidenziali in Siria nel 2021 , si legge sul sito del settimanale statunitense, 'The New Yorker'.
La pubblicazione, che cita funzionari statunitensi ed europei, aggiunge che il cambiamento di posizione degli Stati Uniti mostra le limitate opzioni di Washington, la realtà militare sul terreno e il successo degli alleati della Siria - Russia, Iran e Hezbollah (Movimento di resistenza islamica del Libano) - che sostengono il governo di Damasco.
Inoltre, si anche fatto riferimento alla campagna militare statunitense effettuato con attacchi aerei dal 2014 contro i terroristi in Siria, ma senza il consenso di Damasco.
Secondo la rivista, Washington ha speso oltre 14 miliardi di dollari nella campagna, oltre a inviare duemila soldati in veste di consiglieri per le cosiddette 'Forze Democratiche della Siria' (FDS).
Il settimanale evidenzia anche un altro fallimento della strategia USA nel tentativo di rovesciare Assad, puntando sui gruppi di opposizione divisi fra loro e poco efficaci. "I gruppi di opposizione siriani sostenuti dagli Stati Uniti sono stati inefficaci. Hanno litigato tra loro e si sono divisi in fazioni" si legge, spiegando che "nessuna leadership potente è emersa in quasi sette anni, da quando la rivolta della Primavera araba, nel 2011, è diventata una guerra civile, per offrire un'alternativa praticabile ad Assad.". Dunque secondo 'The New Yorker' "la loro(riferimento all'opposizione appoggiata dagli USA) richiesta che Assad si dimetta come precondizione per la pace o per una transizione politica è diventata sempre più irrealistica."
Infine, si sostiene che "diplomaticamente, Washington è stata emarginata dalla potente troika di Russia, Iran e Turchia, che ora domina il processo di pace. Diverse serie di colloqui sponsorizzati dalle Nazioni Unite, a Ginevra, non hanno fatto progressi. Lo sforzo delle Nazioni Unite è stato sostituito dai colloqui di pace della troika a guida russa, lanciati a gennaio, svoltisi ad Astana, in Kazakistan."