Quella “strana sinistra”, la falsa sinistra socialdemocratica!

Quella “strana sinistra”, la falsa sinistra socialdemocratica!

Quando la “strana sinistra” governa a destra e torna a sinistra all’opposizione…

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di Robert Charvin
da investigaction.net

Traduzione di Massimo Marcori per Marx21.it


Le destre hanno la qualità di sapere ciò che vogliono: proteggere e promuovere al massimo gli interessi che esse rappresentano, cioè anzitutto gli ambienti degli affari, la proprietà privata dei mezzi di produzione e tutti i conservatorismi sociali, salvo che questi rischino di indebolire, con le reazioni che suscitano, il potere del denaro. Esse allora cavalcano la “modernità” e “cambiano tutto affinché nulla cambi”. Poiché la loro coerenza e costanza sono assolute nella loro determinazione a non cedere mai al sociale se il profitto è messo in causa.

Le destre rivestono, a seconda delle circostanze, forme variegate: esse sono state spesso in Francia, “repubblicane”, “parlamentari” e “moderate”; esse possono essere “disinibite”, “arroganti” all’americana e autoritarie; in momenti di acuta crisi, esse non storcono il naso alla forte repressione e alla totale concentrazione dei poteri nel quadro di una destra estrema, ieri qualificata di fascismo e oggi di populismo. Dietro alle loro diverse maschere, l’essenziale rimane.


Queste differenti destre possono articolarsi in modo complesso al fine di far credere meglio che esse incarnano “l’interesse generale”. Esse sono in ogni modo largamente finanziate dai poteri privati e dalla classe più agiata e dispongono dei mezzi più vasti per imporsi in occasione delle elezioni legittimando spesso quella particolare forma di “democrazia” creata apposta per “la razza dei signori”, quella del denaro, dell’alta amministrazione, quella che pratica il rifiuto assoluto degli antagonismi sociali e delle insopportabili disuguaglianze.


Così, in Francia e in giro per il mondo, senza utilizzare la violenza frontale grazie al circo elettorale, animato dal denaro e dal tam-tam mediatico, proliferano dinastie più o meno mediocri, non solo in Pakistan, in India o in Libano, ma anche negli Stati Uniti, in Grecia o in Francia, mentre il “suffragio universale non è che l’indice che consente di misurare la maturità delle classi popolari e non può essere nulla di più…nello stato attuale”, come notava Engels.


Ora è doveroso constatare l’immaturità della grande maggioranza, oggetto di ogni tipo di manipolazione e asservimento che creano l’illusione della scelta e la convinzione che ognuno sia veramente “libero”.


Se, per caso, le destre perdono le elezioni, esse le dichiarano illegittime o illegali, e la prova essenziale di ciò risiede nella propria stessa sconfitta!


Se la destra fallisce, è perché un populismo volgare e demagogico ha decerebrato i cittadini: conclusione, bisogna votare nuovamente (si vedano i risultati dei referendum europei del 2005 non rispettati). Se la sconfitta si ripetesse, allora ogni forma di violenza “democratica” sarebbe fondata, in stile Pinochet o altro!! Tutte le forme di colpo di stato vengono giudicate legittime! La stessa cosa se le elezioni non sono state “regolari” perché sono state perse (vedere la vittoria nel 2011 di L. Gbagbo in Costa d’Avorio): in tal caso, il ricorso alla forza si impone “in nome della democrazia e della protezione delle popolazioni”! La “dittatura democratica” riceve allora la benedizione delle grandi potenze occidentali e delle istituzioni economiche e finanziarie internazionali.


Le “sinistre” o supposte tali, hanno altre patologie. Esse hanno per vizio frequente quello di aver paura di sé stesse rischiando di scrivere la storia, invece di dedicarsi ai giochi politicisti.


La sinistra “socialdemocratica” ne è l’illustrazione più esemplare…Con Jean Salem, la si può qualificare di “strana sinistra”, tanto essa è animata da uno spirito compromissorio che produce una politica fatta necessariamente di contraddizioni. L’importante posto che tale strana sinistra occupa nelle società europee è anche fonte di una maggiore contraddizione: le altre sinistre sembrano di non poter fare nulla senza di essa (cosa che è da provare), ma non possono nemmeno fare nulla con essa (cosa già ampiamente dimostrata)!


In nome della libertà, questa “strana sinistra” si caratterizza per un profondo anticomunismo, indissolubile dalla sua natura antisociale (sotto la copertura del “realismo” economico). I partiti che si richiamano alla socialdemocrazia sono forze “rastrella tutto” fattore di blocchi paralizzanti. I partiti socialisti europei ne hanno dato dimostrazione quando dominavano la maggior parte dei governi degli stati membri dell’Unione Europea e che hanno tuttavia gestito come le destre. In Francia, il partito socialista ha visto un periodo in cui dirigeva sia il parlamento che le regioni, senza tuttavia sconvolgere nulla. I cittadini francesi più sfavoriti non hanno visto migliorare la loro situazione.


La priorità assoluta è in effetti data al sociale, a discapito dei bisogni sociali fondamentali che si esprimono nei movimenti rivendicativi. Tale pratica risulta in effetti quella più semplice da portare avanti, poiché essa non mette in discussione i fondamenti del sistema socio-economico. Per questa “strana sinistra”, il tema del sociale presenta il vantaggio di consentire di risollevarsi all’indomani delle sue inevitabili sconfitte. Essa non può soddisfare sia la propria base sociale naturale che i poteri economici e finanziari privati che tenta di armonizzare. “Amo l’impresa”, dichiarava solennemente il primo ministro Valls! Ad ogni costo, compreso quello della disfatta, la socialdemocrazia si rifiuta di correre il rischio di rompere con i dominatori! Per questo, coloro che, ad esempio in Francia, seppelliscono il partito socialista a causa del disastro di Hollande, hanno tutte le possibilità di sbagliarsi: la magistrale disfatta di G. Defferre (col 5% dei voti) alle presidenziali del 1969 poteva far credere alla medesima scomparsa. Il rimbalzo non ha tardato!  I disagi degli pseudo socialisti sono troppo vicini ai cittadini spauriti o senza chiare convinzioni per non favorire rinascite periodiche. Inoltre, la “strana sinistra”, che non si impegna su nulla, è molto presente nella società civile di un paese come la Francia, particolarmente nei media e tra gli intellettuali. Essa è l’espressione della mediocrità generale.


Questo piccolo mondo, fervente seguace della “democrazia della chiacchiera”, ammiratore dello stile di vita americano, plasmato dal sogno americano, promotore di una pseudo modernità e di un sedicente dinamismo innovatore contro ogni “arcaismo” (come ha potuto credere ad esempio Max Gallo, con il mitterandismo), pretende di volere la rivoluzione (permanente se possibile) senza volerla veramente, promette l’impegno sociale ma senza prendere rischi, difende la radicalità in tutti gli ambiti meno che in materia economica e sociale!

La “strana sinistra” della società civile nutre la socialdemocrazia politicista, conferendole un atteggiamento attrattivo e consensuale, per lo meno negli strati sociali dominanti. Le “avanguardie” socialdemocratiche rivitalizzano gli ambienti politicisti le cui ricette, fatte di costanti compromessi, sono le più vecchie del mondo, di cui solo gli imballaggi cambiano con i tempi.

E’ ciò di cui i partiti della sinistra di governo necessitano dopo il loro periodico passaggio ai vertici dello Stato!

Nella storia delle repubbliche francesi, le esperienze di governo della socialdemocrazia sono state di analoga natura. La “strana sinistra” si appoggia sulle classi popolari e sulle sinistre più radicali per vincere, poi governa con una tale prudenza conservatrice che si discredita e scompare. Tuttavia, durante le sue lunghe cure all’opposizione, essa si riposiziona a sinistra facendo il processo al “muro del denaro”, al “grande capitale” o al “mondo della finanza”, rifacendosi in tal modo una nuova verginità.

Il Cartello delle Sinistre (1924-1926) è così una vittoria contro il Bloc National che aumenta le imposte, accetta la disoccupazione, ecc. Vince contro le potenze finanziarie e si mette in mostra “per la laicità” e “per i piccoli” (sic)! Esso si limiterà con il governo Herriot a trasferire le ceneri di Jaurès al Pantheon, all’amnistia dei ferrovieri destituiti, senza perdere la fiducia degli ambienti degli affari, per timore della “fuga dei capitali” e della caduta del franco! Sarà rovesciato nel giro di due anni.


Il Fronte Popolare (1936) del governo Blum considera che “tutto non è possibile” a differenza dei “frondisti” dell’epoca guidati da M. Pivert. Le esitazioni di Blum di fronte al rialzo dei prezzi, alla disoccupazione, alla fuga dei capitali, motivi della “pausa sociale”, comportano la contrapposizione sia all’ostilità dei salariati delusi che agli ambienti degli affari. Una manifestazione comunista viene violentemente repressa con sei morti e numerosi feriti, senza suscitare la minima critica ufficiale della polizia. Mentre, nulla verrà fatto per aiutare la Repubblica Spagnola!


Alla Liberazione, la SFIO, patteggiando con la Democrazia cristiana, prende le distanze con lo spirito della Resistenza e diviene lo strumento più efficace (assistita dagli americani) contro i comunisti.


Sarà la stessa cosa con il governo SFIO di Guy Mollet, costituito per fare la pace in Algeria e che diviene il campione della guerra ad oltranza, malgrado l’uscita di un piccolo PSU di sinistra dai ranghi socialisti.


Sarà così con F. Mitterrand fin dal 1982 e il “nuovo” partito socialista, molto rapidamente distante dai comunisti e dal movimento sociale che riescono ad indebolire più efficacemente di quanto non l’avesse fatto de Gaulle!


Il decennio “hollandais”, fatto di rinnegamenti multipli, è senz’altro il peggiore, basato su un asse politico di supposto riformismo, cioè giocando il gioco del capitalismo finanziario e della Commissione europea al proprio servizio, denunciando la CGT e strumentalizzando la pubblica sicurezza. La modesta fronda di qualche socialista degli anni 2000 non andrà molto più lontana di quella di M. Pivert nel 1936.


Questa successione di sconfitte programmate che consentono ogni volta il ritorno fragoroso della destra, provocano dei “corsi di recupero”. Cadendo per la sua politica di destra, la socialdemocrazia, come si è detto in precedenza, si ritrova su posizioni di sinistra…all’opposizione.


Non avendo mai rotto realmente con gli ambienti che esercitano la propria egemonia sull’apparato dello stato, sull’economia e la società, la socialdemocrazia ha la capacità di recuperare in un periodo relativamente breve. Ogni battaglia persa, perché non concretamente condotta, prepara una nuova vittoria…inutile o quasi!


Il partito socialista francese, sotterrando l' “hollandisme”, sta già cercando una nuova linfa, restaurando la sua facciata con qualche personalità, già con vecchie volpi della politica, ma rinfrescate dai loro rinnovati discorsi, e assistite con compiacenza dai media dominanti.


La “strana sinistra” passa così da una pratica di destra ad un reinserimento nel modello di una sinistra di sinistra! Senza imbarazzo, il primo ministro del presidente decaduto si presenta come uomo nuovo (vedere la sua critica paradossale dell’art. 49-3 della Costituzione francese), come pure una sfilza di ministri ieri “hollandais”, di cui una rivela improvvisamente i suoi sentimenti “castristi”. Si tratta di dissociarsi (aspettando nuovi compromessi se occorre con la destra con il pretesto di combattere l’estrema destra, come in Germania) dagli avversari principali del momento.


La buffonata è completa con la destra repubblicana in cui il primo ministro di un altro presidente decaduto, ostenti anche lui di essere l’esponente di una “vera” destra. Sembra che i partiti di governo di sinistra e di destra facciano loro il motto di Pétain: “i francesi hanno la memoria corta”!


Le verità sacre del mercato, come la “libera” concorrenza non si applicano al mondo politico, in cui solo la concentrazione dei poteri (come quella del capitale) si afferma di continuo a discapito degli interessi popolari.


La realtà della socialdemocrazia francese non si distingue molto da quella che esiste in Germania, in Grecia, in Spagna, in Portogallo e nei paesi dell’Europa dell’est. La loro volontà d’impotenza, come la loro sete di potere, ne fanno un ostacolo ad ogni trasformazione sociale significativa e le loro patologie sono senza rimedio.

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