Riflessioni intorno alla Giornata della memoria. Accadde a Milano

Riflessioni intorno alla Giornata della memoria. Accadde a Milano

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Abbiamo lasciato passare i “giorni critici” per raccontare questa storia. Piccola storia vera. E non bella. Diciamo intanto quali sono i giorni critici. Sono quelli che anticipano e seguono il 27 gennaio, detto pure, dal 2005, Giornata della memoria. Memoria che, come ricorda il drammaturgo ebreo Moni Ovadia va riferita a “quell’Europa che albergò all’interno del proprio corpo i carnefici” E’ importante riflettere su questo, affinché non ci si senta a posto con la coscienza dopo un rituale che, per l’usura dovuta alla routine, rischia di diventare come la giornata del fanciullo o, peggio, la giornata dell’abbraccio e così via.


Chi scrive, e certamente la stragrande maggioranza di chi legge, per motivi anagrafici non ha alcuna responsabilità di quanto avvenne, ma questo non basta a sentirsi assolti, perché sappiamo che ciò che è stato può ripetersi. Magari in forma diversa, ma in analoga sostanza. Ebbene, che la giornata della memoria, istituita nel giorno in cui i carri armati sovietici sfondarono i cancelli di Auschwitz e si trovarono di fronte all’orrore scientificamente programmato dai nazisti, sia dedicata alla Shoah, intendendo con questo lo sterminio degli ebrei è un fatto. Un fatto che però deve interrogarci andando oltre, non certo sottacendo la Shoah, ma andando oltre, perché il nazismo non fu male assoluto “solo” per l’odioso crimine commesso contro gli ebrei. Chi scrive ha perso nei campi di sterminio persone di famiglia che ebree non erano, ma che si opposero da subito al nazi-fascismo riconoscendone l’orrore. Era una scelta nobile, particolarmente nobile in quanto priva di interesse personale. Ma non erano in tanti a opporsi, ebrei compresi, altrimenti la Shoah non ci sarebbe stata.


Quindi nessuno deve sentirsi escluso da quella terribile responsabilità, in particolare nessuno di quelli i cui genitori o nonni sono stati “distratti, indifferenti”. Diversamente colpevoli, certo, ma si sa che l’indifferenza può essere una malattia mortale, e chi ha girato lo sguardo altrove mentre - fascismo prima e nazi-fascismo poi - ferivano l’umanità ancor prima di arrivare allo sterminio scientifico delle “razze impure” ha le sue colpe.





Sia chiaro che non si espiano le colpe con i rituali, né tantomeno nascondendo le verità attuali per tardivo senso di colpa. L’onestà morale e politica impone la verità oltre le lacrime, altrimenti si rischia ciò che è già alle porte, cioè un abominevole ritorno della mostruosità nazi-fascista che si nutre di ignoranza tanto quanto di antisemitismo e che, paradossalmente, plaude alla destra israeliana mentre disprezza gli ebrei utilizzando i più beceri stereotipi per dileggiarli; che in Italia, ma purtroppo non solo, fa leva su una base molto simile al famigerato “spazio vitale” nell’accezione hitleriana e che utilizza le frustrazioni sociali come tappeto di velluto su cui stendere i propri piani.


Proprio per evitare che la denuncia di un piccolo, ma significativo fatto avvenuto a Milano potesse essere strumentalmente usata contro la Giornata della memoria, abbiamo aspettato a scriverne. Ma siccome siamo convinti che spegnere il dissenso o mascherarlo per omaggiare chi “detta legge” sia uno dei passi che portano a ciò che nessun sincero democratico vorrebbe, eccoci a denunciarlo a circa una settimana dal suo compiersi, cioè mantenendo un margine temporale di rispetto.


Dunque, ecco il fatto. Nella civilissima Milano degli spazi pubblici offerti a iniziative culturali e sociali, nel caso specifico nei locali di ChiAmaMilano, era stata richiesta ed ottenuta una mostra di pannelli espositivi sulla drammatica situazione della Striscia di Gaza sotto assedio israeliano da circa 12 anni. La mostra era stata chiesta ai primi di settembre 2017 inviando testi e foto del materiale da esporre e gli spazi erano stati concessi dal 22 al 27 gennaio come unico periodo disponibile. Tutto a posto fino al giorno in cui qualcuno si è accorto che, nell’impropria identificazione di Israele con la Shoah, non stava bene mostrare le attuali nefandezze israeliane proprio nel periodo coincidente con la giornata della memoria e così, adducendo la scusa che c’era stato un errore di date e che la sala era stata concessa per un’altra mostra, i pannelli sono stati sfrattati dopo soli due giorni di esposizione, nonostante il vivace dissenso degli organizzatori.


Come dice un vecchio adagio le bugie hanno le gambe corte e infatti è bastato andare sul sito dell’artista le cui opere hanno avuto la funzione di sfrattare i pannelli sgraditi, per verificare che di bugia si trattava. Il fotografo in questione, infatti, avvertiva il pubblico che la sua esposizione “Jerusalem” si sarebbe inaugurata il giorno 29 gennaio per chiudersi il 3 febbraio. Ma allora cosa poteva essere successo? Perché eliminare la mostra “Memoria per Gaza” il 24 se le opere di “Jerusalem” dovevano essere esposte cinque giorni dopo? Certo, una rassegna su Gerusalemme è ben diversa da una mostra su Gaza, e poi, come si evince dal sito dell’autore, quest’ultima non aveva certo una funzione di denuncia.


Un’infinità di casi precedenti, sia a Milano che in altre città d’Italia, ha fatto supporre agli organizzatori di “Memoria per Gaza” che ci fosse stato l’intervento della Comunità ebraica a sollecitare la rimozione di quei pannelli, ovvero di quella memoria-presente che accusa Israele anche senza parole e che non deve essere esposta al pubblico, per di più in contemporanea con una raccolta di firme che condannano l’assedio, come se la denuncia degli attuali e ripetuti crimini israeliani mancasse di rispetto alla memoria della Shoah, questo ci dice una degli organizzatori intervistata mentre distribuiva un volantino espositivo dei fatti. La sua indignazione nasce dal supporre che la scelta dei responsabili di ChiAmaMilano sia stato un vero sopruso dovuto a benevolenza verso la Comunità ebraica, o a imposizione da parte della stessa. Ci ripete più o meno quel che è scritto nel volantino che ci consegna e cioè che “la mostra aveva lo scopo di mostrare l’immenso campo di concentramento che è la Striscia di Gaza, isolata dal mondo e messa in ginocchio dall’assedio israeliano che fa crescere risentimento e odio oltre che povertà e impossibilità di vita normale” e che “i 12 pannelli con testi e foto erano esposti per chiedere conto di un silenzio che si fa complice di punizioni collettive e di altre violazioni sistematiche dei diritti umani con la giustificazione del diritto alla difesa di Israele.” Dopo averla incalzata su questo ultimo punto, cioè il diritto alla difesa di Israele, la sua risposta è stata perentoria e inappuntabile dal punto di vista logico: “noi riteniamo – ha detto – che la rivendicazione di Israele al diritto alla difesa sia falsa perché un popolo sotto assedio e sotto occupazione sarà sempre nemico del suo assediante, quindi il diritto alla sicurezza per Israele è strettamente connesso al suo mancato rispetto per la legalità internazionale, la stessa che autorizza il popolo assediato ed occupato a reagire contro il suo assediante ed occupante” poi aggiunge che nella Striscia di Gaza Israele taglia l’energia elettrica, la inonda periodicamente di acque reflue, non fa entrare i medicinali che servono ed elenca una serie di altre violazioni che sappiamo essere vere perché conosciamo la situazione dall’interno. Infine aggiunge che “chi ci governa è corresponsabile e per questo chiediamo la firma dell’appello per interrompere la sistematicità di questi crimini”.


Quel che brucia in modo particolare nel sentire democratico di chi non è “malato di indifferenza” è notare che non solo chi ci governa è corresponsabile, come dicono gli organizzatori di “Memoria per Gaza”, ma che anche chi è sensibile alle violazioni del diritto piega la testa con un “signorsì”, come si legge nel volantino, a chi confonde la denuncia dei crimini israeliani con l’antisemitismo. A triste supporto di questo “signorsì” ci viene detto che davanti alle proteste verbali degli organizzatori che non volevano la rimozione dei pannelli è stata chiamata la Digos! Ci viene anche detto di voci di cui preferiamo non fornire i nomi, non potendole documentare, che avrebbero minacciato di violenze fisiche gli organizzatori della mostra e proprio per proteggere questi ultimi la mostra sarebbe stata rimossa. Concordiamo con l’intervistata che sembra assurdo chiamare la Digos per una protesta verbale e non sporgere denuncia verso chi minaccia fisicamente qualcuno. Non ci sembra possibile, ma seppure si trattasse di pietosa bugia la cosa ci inquieta. Ci inquieta in quanto cittadini che scrivono su giornali liberi proprio perché quella democrazia che considerano bene massimo non venga ferita. Ci inquieta proprio perché vediamo oltraggiati non solo l’articolo 21, ma anche gli articoli 2 e 3 della Costituzione. Ci inquieta perché conosciamo la Storia e sappiamo che se si imbavaglia la denuncia si corre il rischio di tornare, in modo magari inizialmente soft e pericolosamente confuso, ai prodromi di quei terribili decenni del secolo scorso in cui si cominciò con lo spegnere il dissenso per poi arrivare a ciò che oggi siamo chiamati a commemorare.


Abbiamo deciso di raccontare questa piccola storia perché questa testata tiene in massima considerazione la tutela dei diritti umani e il rispetto della legalità internazionale e ritiene fondamentale denunciare chiunque la vìoli, e Israele la viola da sempre, sapendo che ciò non può essere confuso con l’antisemitismo se la denuncia riguarda Israele o una Comunità ebraica. E’ un ricatto mostruoso al quale ci si deve sottrarre se si vuole mantenere l’essenza stessa della democrazia, quella che porta in sé anche il rifiuto dell’antisemitismo come di qualunque forma di razzismo.
 

Patrizia Cecconi

Milano 1 febbraio 2018

 

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Riceviamo e immediatamente pubblichiamo la richiesta di rettifica arrivataci da Beniamino Piantieri, responsabile comunicazione Associazione ChiamaMilano

In merito all'articolo "Riflessioni intorno alla Giornata della memoria. Accadde a Milano" pubblicato in data 3 febbraio 2018 sulla Vostra testata online, si precisa che quanto riportato dall'autrice relativamente ad una presunta censura nei confronti della mostra organizzata da "Parallelo Palestina" è privo di qualsivoglia fondamento, nonché pesantemente lesivo della storia e del nome dell'Associazione Chiamamilano che dalla sua nascita ha fatto della libertà di espressione, del pluralismo e del sostegno alla partecipazione civica la propria ragion d'essere. Se l'autrice dell'articolo da Voi pubblicato avesse proceduto ad una facile verifica avrebbe potuto anzitutto appurare che Chiamamilano in oltre un quindicennio di attività ha ospitato presso i propri spazi conferenze, mostre, proiezioni, dibattiti organizzati da una pluralità di soggetti, senza esercitare in nessuna occasione limitazioni o condizionamenti circa i contenuti di tali iniziative, decine delle quali hanno avuto per tema la condizione della Palestina e tra queste anche (e fin dal 2011) quelle promosse da "Parallelo Palestina".
Sarebbe stato altrettanto facile verificare che non vi è stata nessuna chiamata alla Digos, né tanto meno alcuna aggressione all'organizzatrice della mostra, la quale, anzi, per un intero pomeriggio ha pesantemente insultato il personale di Chiamamilano e le decine di utenti presenti nello spazio di via Lagetto, i quali ovviamente possono testimoniare quanto accaduto. Se l'autrice dell'articolo avesse verificato le proprie fonti avrebbe potuto scrivere che all'organizzatrice della mostra è stato immediatamente proposto, per riparare ad un mero, seppur assai spiacevole errore di calendarizzazione (possibile quando in un anno si organizzano centinaia di eventi in uno spazio gratuitamente a disposizione di tutti i cittadini), di recuperare i giorni mancanti di esposizione entro pochissime settimane. Per tutta risposta la rappresentante di "Parallelo Palestina" ha di fatto impedito lo svolgimento di altre attività programmate urlando slogan e offendendo pesantemente gli altri cittadini presenti, che nulla avevano a che fare con l'accaduto. In ragione di ciò Vi chiediamo, come previsto dalla normativa vigente, di procedere all'immediata rettifica dell'articolo da Voi pubblicato.
Beniamino Piantieri - Responsabile comunicazione Associazione Chiamamilano

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Prendo atto, e non mi sembra di averlo negato, che ChiaAmaMilano ha ospitato regolarmente conferenze, mostre e dibattiti aprendo a una pluralità di soggetti diversi e trovo che questa sede sia uno spazio di reale democrazia. Ripeto: non mi sembra di averlo negato.
Sono stata invitata a scrivere l'articolo dalla rappresentante di Parallelopalestina, organizzatrice della mostra “Memoria per Gaza” la quale mi ha fornito il volantino esplicativo, dato anche ai rappresentanti di Chiamamilano, e una serie di informazioni, anche scritte, sull'andamento dei fatti. Visto che la mostra era stata realmente "sfrattata" e che il sito dell'artista che aveva esposto le sue opere dopo la rimozione delle precedenti - cosa controllata personalmente - riportava effettivamente la data d'inizio del 29 febbraio e vista una serie di altre situazioni in varie città d'Italia e non solo a Milano, in cui il dissenso verso Israele è stato imbavagliato a seguito dell’intervento della Comunità ebraica, quanto riportato dall'organizzatrice della mostra sembrava assolutamente credibile. I fatti erano quelli. L'unica cosa che personalmente non ho potuto verificare in quanto non ero presente, è stata la chiamata alla Digos e vengo a sapere solo ora che secondo il responsabile dell'associazione Chiamamilano non risponderebbe al vero nonostante quanto mi sia stato comunicato a voce e per scritto dalla rappresentante di Parallelopalestina.
Di aggressione alla stessa, invece, non mi sembra proprio di aver parlato, ma semmai di protezione da parte di Chiamamilano in seguito a minacce “sentite” e che proprio per questo la mostra sarebbe stata rimossa. Non avendo documentazione in proposito ho lasciato in forma dubitativa questo aspetto proprio perché poteva trattarsi solo di voci. Quindi invito a mia volta, cortesemente e senza acrimonia, il signor Piantieri a rileggere il mio articolo e a prendere atto che non si parla di aggressione da parte di Chichiamamilano ma, al contrario, di protezione.
Ribadisco che i fatti esposti dalla rappresentante di Parallelopalestina erano evidenti (rimozione e date) e pertanto era legittimo esporre quanto scritto nell’articolo, senza con questo mettere in discussione l’importante ruolo che l’associazione svolge nella città di Milano.


Patrizia Cecconi

 

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