Siria, sindacalisti da quattro continenti: “E ora l'occidente, che ha sostenuto il terrorismo, risarcisca il popolo siriano"

Siria, sindacalisti da quattro continenti: “E ora l'occidente, che ha sostenuto il terrorismo, risarcisca il popolo siriano"

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SIBIALIRIA

 

Scommettiamo che i paesi occidentali, per anni sostenitori dei gruppi armati in Siria a livello economico, o militare e politico, riusciranno a fare soldi sulla ricostruzione del paese, gravemente danneggiato da una guerra lunga sei anni la quale non ci sarebbe stata senza le ingerenze esterne?


Eppure, avrebbero l’obbligo morale e giuridico di pagare i danni, hanno detto alcuni sindacalisti siriani organizzatori della conferenza internazionale  “Solidarietà con i lavoratori siriani e la popolazione contro il terrorismo, il blocco economico e le politiche di intervento imperialista”, tenutasi a Damasco l’11 e 12 settembre, pochi giorni dopo la vittoria dell’esercito siriano contro Daesh a Deir Ezzor. Il sindacato siriano General Union of Trade Unions (Gftu) e gli altri sindacati presenti alla conferenza fanno parte della World Federation of Trade Unions nata 70 anni fa.


La dissidenza rispetto al blocco mondiale dominante ha avuto a Damasco alcuni volti emblematici. Ad esempio il sindacalista Andrei Kochetov della Repubblica indipendente di Lugansk che ha ricordato le diecimila vittime dell’esercito ucraino in Donbass, i numerosi prigionieri politici e il ruolo attivo dell’Occidente nel cambio di regime in Ucraina, partito dalla piazza Maidan a Kiev. L’ambasciatore Naif Ahmad al Kanse, a capo di una delle uniche due ambasciate dello Yemen schierate contro l’Arabia saudita (l’altra è in Iran); un gruppo di attivisti turchi del Fronte popolare per la liberazione della Turchia digiunanti da oltre venti giorni in solidarietà con i prigionieri politici di Erdogan. 





Un po’ ripetitivi gli interventi dei sindacalisti e di attivisti sparsi: condanna del terrorismo e chi lo appoggia, ammirazione per la resistenza del popolo siriano e del suo esercito eccetera.


Ma è l’attualità sul campo a parlare, come ha ricordato una sindacalista brasiliana. Diverse fabbriche tessili – che erano state saccheggiate e semidistrutte – hanno riaperto ad Aleppo, così come imprese pubbliche e private; c’è chi ritorna dall’estero; c’è un ottimismo assente nella  conferenza sindacale precedente, nel 2015; la ricostruzione è già avviata.


Ma costerà moltissimo. Chi paga? Il documento preparatorio della conferenza punta il dito: “I tribunali internazionali, le organizzazioni per i diritti umani dovrebbero fare pressione sugli attori internazionali e regionali i quali, sulla base della loro responsabilità nel sostenere il terrorismo, dovrebbero finanziare la ricostruzione e la riabilitazione materiale e risarcire i danni alla popolazione, alle vittime, ai feriti e a chi è stato reso disabile”.


Un’affermazione decisa che non è stata però ripresa nelle diciassette raccomandazioni finali. Fra le quali figurano: la solidarietà con i lavoratori e i popoli costretti a fronteggiare il terrorismo e anche i blocchi economici, che vanno rimossi; la condanna dell’intervento di Stati uniti, Turchia e paesi Nato negli affari interni della Siria, il loro sostegno al terrorismo e l’installazione in territorio siriano di basi militari illegali da rimuovere, insieme al ritiro incondizionato delle forze statunitensi, britanniche e turche. E sentiti ringraziamenti ai governi e ai popoli che hanno sostenuto la lotta della Siria contro il terrorismo (in primo luogo Federazione russa, Iran, la resistenza libanese).


E’ probabile che nella ricostruzione paesi come Russia Cina e Iran avranno il ruolo più importante.


“Ma figuriamoci se l’Occidente ci lascerà in pace senza cercare di accaparrarsi una fetta della torta!” fa osservare amaramente Salam Abdallah del partito comunista unificato siriano.

 

Ma. Co.


*Foto dell'artitolo è stata pubblicata dalla pagina Facebook della Banda Bassotti

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