Sondaggio Centro Levada: il 56% dei russi rimpiange l'Unione Sovietica
Da Contopiano a prima firma di Fabrizio Poggi*
"Un recente sondaggio dell’indipendente Centro Levada, ha rilevato che il 56% dei russi (era il 54% appena cinque mesi fa) si dice dispiaciuto della fine dell’Urss.
Una testimonianza diretta di tali umori è data anche dall’etichetta di “Traditore” che sarebbe stata applicata al monumento eretto a Vladivostok a uno dei maggiori “eroi” della democrazia occidentale antisovietica, Aleksandr Solženitsin. Autore del gesto sarebbe il segretario della locale Unione della gioventù comunista-leninista russa, Maksim Šinkarenko.
La procura cittadina lo ha immediatamente accusato di “vandalismo”.
[...]
Ma la domanda tuttora ricorrente, scrive Pravda.ru, è: aveva o no il nobel Solženitsin fatto appello agli USA perché colpissero l’Urss con la bomba atomica? Chi ha più di quarant’anni non ha difficoltà a ricordare i suoi appelli, amplificati dai media occidentali; anche se, a fine anni ’70, Solženitsin scriveva che gli USA non gli apparivano più un “alleato onesto nella liberazione russa”, dato che il Congresso non considerava i russi una “nazione oppressa dal comunismo” ma, al contrario, gli USA vedevano nella Russia e non nel comunismo, come avrebbe voluto lui, “l’oppressore mondiale”.
Una testimonianza diretta di tali umori è data anche dall’etichetta di “Traditore” che sarebbe stata applicata al monumento eretto a Vladivostok a uno dei maggiori “eroi” della democrazia occidentale antisovietica, Aleksandr Solženitsin. Autore del gesto sarebbe il segretario della locale Unione della gioventù comunista-leninista russa, Maksim Šinkarenko.
La procura cittadina lo ha immediatamente accusato di “vandalismo”.
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Ma la domanda tuttora ricorrente, scrive Pravda.ru, è: aveva o no il nobel Solženitsin fatto appello agli USA perché colpissero l’Urss con la bomba atomica? Chi ha più di quarant’anni non ha difficoltà a ricordare i suoi appelli, amplificati dai media occidentali; anche se, a fine anni ’70, Solženitsin scriveva che gli USA non gli apparivano più un “alleato onesto nella liberazione russa”, dato che il Congresso non considerava i russi una “nazione oppressa dal comunismo” ma, al contrario, gli USA vedevano nella Russia e non nel comunismo, come avrebbe voluto lui, “l’oppressore mondiale”.
Ciononostante, Solženitsin non disdegnò di trascorrere lunghi anni nel Vermont, difeso dall’intelligence yankee, spesato di tutto e continuando a sfornare volumi che “smascheravano i crimini del regime sovietico”, prima di fare il suo rientro trionfale in Russia, sbarcando proprio a Vladivostok, osannato dal codazzo dei corrispondenti occidentali che lo scortarono fino a Mosca.
*Riproponiamo su gentile concessione dell'Autore e della redazione di Contropiano
*Riproponiamo su gentile concessione dell'Autore e della redazione di Contropiano