"Il QE è inutile, L'Europa può ripartire solo con la spesa pubblica". Richard Koo
In un'intervista a EUNEWS, il capo economista del Nomura Research Institute, Richard Koo ha sostenuto come l'impatto delle politiche di quantitative easing sull'economia è enormemente sopravvalutato. “Ora, se c’è una legge in economia è che quando un settore – in questo caso quello privato – risparmia e si rifiuta di investire, levando liquidità all’economia - qualcun altro deve spendere per evitare che l’economia cada in recessione. E quel “qualcun altro” è ovviamente lo stato. Gli Stati Uniti questo l’hanno capito molto bene: e infatti subito dopo la crisi il governo Usa ha fatto ricorso, e in maniera piuttosto massiccia, alla spesa pubblica in deficit. Ossia alla politica fiscale. È questo che ha permesso la ripresa economica e non, come molti pensano, la politica monetaria della Fed, ossia il quantitative easing”.
Il quantitative easing, ha proseguito Koo, è servito a poco, a parte far ripartire la speculazione sui mercati finanziari. “Per uscire dalle recessioni c’è dunque bisogno di politiche fiscali espansive”. E su eventuali politiche di QE di Draghi: “L’Europa soffre di un problema di domanda: iniettare altra liquidità nelle banche non serve a niente se non c’è qualcuno disposto a prendere quei soldi in prestito. […] Il primo passo è prendere atto che i vincoli attuali – Trattato di Maastricht e Fiscal Compact – sono del tutto insostenibili e vanno radicalmente riformati, perché così come sono non permettono agli stati di rispondere in maniera efficace a una balance sheet recession come quella che sta attraversando l’Eurozona. Stabilire un limite arbitrario del 3% al rapporto deficit/Pil che possono avere gli stati membri non ha alcun senso, perché il deficit ottimale di uno stato dipende dal tasso risparmio del settore privato. Prendi un paese come l’Italia, il cui settore privato registra un surplus del 6% circa. In questi casi limitare il deficit al 3% – o addirittura ridurlo ulteriormente, come prevede il Fiscal Compact – vuol dire privare l’economia di un 3% del Pil ogni anno, o peggio. Il risultato è inevitabilmente la recessione e la disoccupazione di massa”.