Saleh, l'ex dittatore yemenita sostenuto dagli Usa che sta lacerando il suo paese

Saleh, l'ex dittatore yemenita sostenuto dagli Usa che sta lacerando il suo paese

Deposto nel 2011, l'ex uomo forte Ali Abdullah Saleh è una figura chiave nei recenti sviluppi nel paese

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Per anni gli americani hanno visto nel presidente Ali Abdullah Saleh un alleato chiave nella lotta contro al-Qaeda. Saleh ha permesso l'utilizzo delle basi aeree yemenite ai droni statunitensi e ha ricevuto aiuti finanziari e miliari dall'occidente, scrive sul Telegraph,  Richard Spencer.
 
Eppure, secondo un rapporto delle Nazioni Unite del mese scorso, una delle prime cose che Saleh ha fatto quando il suo governo trentennale è stato minacciato dalle rivolte arabe del 2011 è stato trovare un accordo segreto per dare un'intera provincia meridionale ad al-Qaeda. Più lo Yemen rischiava di cadere nelle mani dei militanti, calcolava Saleh, più l'Occidente avrebbe assicurato al sua permanenza al potere a tutti i costi.
 
In questa occasione, la sua diabolica alleanza ha fallito nel suo obiettivo: l'anno seguente i suoi sostenitori occidentali lo hanno costretto a cedere il potere in cambio dell'immunità dal processo. Ma la scorsa settimana, l'uomo pronto a fare accordi con chiunque pur di rimanere al potere ha, ancora una volta, dimostrato che la sua astuzia non dovrebbe mai essere sottovalutata.
 
In una mossa che ha portato nuovo  caos nel paese più povero del mondo arabo, le principali città dello Yemen sono state invase dagli Houthi, una milizia tratto dalla minoranza sciita del nord del paese. Mercoledì scorso, l'assedio della città portuale di Aden ha costretto il successore di Saleh, Abd Rabbu Mansour Hadi, a fuggire in barca in Oman. Riyadh sostiene che gli Houthi siano clandestinamente appoggiati dall'Iran, suo acerrimo nemico sciita e principale rivale per il potere in Medio Oriente.
 
Mentre Teheran ha negato ogni coinvolgimento, una persona che sta senza dubbio aiutando gli Houthi è Saleh. Dopo aver combattuto con le unghie e con i denti contro gli stessi Houthi durante la sua permanenza al potere, ora si è unito a loro, istruendo compari e parenti nell'esercito ad unire le forze con i ribelli. Così una piccola ribellione locale è diventata una guerra civile a livello nazionale - e l'astuto manovratore Saleh è di nuovo una figura centrale.
 
Un leader machiavellico anche per gli standard di Medio Oriente, Saleh una volta ha sostenuto che gestire il potere nel turbolento Yemen era come "ballare sulla testa dei serpenti". Ma la sua spettacolare rimonta - da uomo pronto ad allearsi con leader tribali, potenze regionali, e persino al-Qaeda - ha indotto molti a chiedersi se non possa essere lui il più grande serpente di tutti.
 
Una coalizione filo-occidentale guidata dai sauditi sta ora conducendo bombardamenti contro le posizioni Houthi nel tentativo di invertire la tendenza. La coalizione minaccia anche un'operazione di terra, se  Saleh e gli Houthi non si ritireranno, sostenendo che i legami iraniani del gruppo sono una minaccia  per gli interessi arabi in tutta la regione.
 
Secondo le agenzie governative gestite dagli Houthi, 45 civili sono stati uccisi durante i bombardamenti. Gli attacchi hanno diviso la popolazione della capitale yemenita, Sana'a, molti dei quali si sono detti contrari agli Houthi fino all'inizio dei bombardamenti. 
 
L'Iran, che è accusato di armare e addestrare gli Houthi, ha chiesto alla coalizione di fermare i suoi attacchi. Ma tra i timori di una guerra settaria più ampia, lo straordinario ruolo di Saleh è stato trascurato.
 
La facilità con la quale ha cambiato fronte è l'ennesima testimonianza dei pericoli per l'Occidente di sostenere i dittatori arabi, la cui capacità di sfruttare le preoccupazioni per il jihadismo dipende in gran parte dalla loro mancanza di volontà nell'affrontarlo.
 
C'è sempre stato il sospetto che Saleh stesse facendo accordi con i militanti di al-Qaeda che, invece, avrebbe dovuto combattere. Quelli erano scontati; un cablo diplomatico americano pubblicato da Wikileaks sostiene però che non c'erano molte prove.
 
Ma secondo un recente rapporto delle Nazioni Unite - preparato da un "gruppo di esperti" per il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite - Saleh ha incontrato l'emiro locale di al-Qaeda nella penisola arabica, Sami Dayan, nel suo ufficio di Sana'a nel 2011. Al momento, lo Yemen stava affrontando le stesse proteste anti-governative che stavano minacciando gli uomini forti di Egitto, Libia e Siria.
 
Per l'apparente sorpresa del ministro della Difesa di Saleh, che era presente alla riunione, a Dayan è stato assicurato che l'esercito stava per ritirarsi da tutte della provincia di Abyan, che costituiscono un ampio tratto della costa ad est di Aden . Sarebbe allora stato facile conquistarlo per l'emiro, che, come il ministro della Difesa stupito fece notare, in precedenza aveva promesso di uccidere Saleh.
 
Come chiarisce la relazione, è proprio quello che poi è successo. Nel maggio 2011, quando i manifestanti pro-democrazia assediavano i ministeri di Saleh nella capitale Sana'a, Al-Qaeda nella penisola arabica occupava la provincia di Abyan, e la controllò per un anno. Allo stesso tempo, le unità anti-terrorismo del governo, addestrate dagli occidentali e guidate dal nipote del presidente, vennero misteriosamente sciolte.
 
Le improvvise incursioni di al-Qaeda hanno contribuito a creare il racconto che le proteste contro Saleh stavano minando la sicurezza regionale.
 
Ora, in un retaggio di questa strategia, gli Houthi citano l'ascesa di al-Qaeda come una delle ragioni per il loro colpo di stato
 
Saleh, tuttavia, ha anche altre ragioni per aggrapparsi al potere. Un'altra sezione del rapporto delle Nazioni Unite riporta che l'ex presidente aveva accumulato una grande fortuna quando era in carica.
 
"Saleh è accusato di aver accumulato beni tra 32 e 60 miliardi dollari, la maggior parte dei quali si ritiene siano stati trasferiti all'estero sotto falso nome o a nome degli altri titolari delle attività per suo conto", dice il rapporto. "Tali attività sarebberò proprietà, contanti, azioni, oro e altre materie prime preziose."
 
Le cifre possono essere esagerate: gran parte del maltolto di Saleh sarebbe stato versato ai leader tribali per assicurarsi la loro lealtà. Ma un analista saudita ha stimato che, mentre la cifra di 60 miliardi dollari è troppo alto, potrebbe essere "un quarto di quella".
 
Ciò che non è chiara, inoltre, è la strategia finale di Saleh e degli Houthi. Mentre Saleh è rimasto in gran parte in silenzio sulle sue ambizioni, gli Houthi sostengono di volere l'inclusione in un governo più ampio. Non è chiaro, tuttavia, se pensano di poter esercitare influenza su tutto il paese, compreso l'entroterra fortemente tribale, sunnita, e infestato da al-Qaeda.
 
Nel frattempo gli yemeniti, molti dei quali pensavano che cacciando Saleh avrebbero avuto la possibilità di ottenere un governo più rappresentativo dei loro interessi, ora si trovano in un campo da gioco dove competono interessi regionali, settari e ideologici.
 
Alcuni hanno accolto con favore l'intervento saudita, visto come l'unico modo per ristabilire una sorta di ordine contro Saleh, e la sua gente. Ci sono state manifestazioni opposte: pro-Houthi a Sana'a, contro di loro a Taiz, città recentemente occupata dai ribelli sciiti.
 

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