Wikileaks, Berlusconi (non Boschi) riferisca in Aula: ha subito ricatti prima delle dimissioni?

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di Alessandro Bianchi
 
"Il presidente è stato chiaro sul fatto che, a meno che non vi sia uno stringente motivo di sicurezza nazionale, non monitoreremo le comunicazioni di capi di Stato e di governo dei nostri amici e alleati". Lo ha dichiarato, riferendosi a Barack Obama, il portavoce del dipartimento di Stato statunitense Mark Toner all'Ansa.

Quindi, nell'ottobre del 2011 quando Berlusconi veniva spiato dal NSA nelle sue conversazioni più intime con capi di stato e suoi consiglieri più stretti, Toner afferma che era in corso uno “stringente motivo di sicurezza nazionale” da parte degli Stati Uniti. Quando dagli Usa si ascoltavano le dichiarazioni dell'ex premier italiano con i suoi collaboratori sul noto vertice dell'ottobre del 2011 in cui Sarkozy minacciò di far saltare le istituzioni finanziarie italiane senza le famigerate “riforme”, per essere ancora più chiari, era in corso uno “stringente motivo di sicurezza nazionale” da parte degli Stati Uniti. Questo è quello che ha ammesso Toner per conto della Casa Bianca.
 
La Farnesina ha convocato martedì l'Ambasciatore degli Stati Uniti d'America John Phillips. Il ministro Maria Elena Boschi risponderà oggi alle 15 alla Camera ad una interrogazione a prima firma Brunetta sulla vicenda. La domanda formulata dai deputati italiani al Governo recita così: “se il Governo intenda tutelare la dignità nazionale e la sovranità dello Stato italiano attraverso un completo chiarimento delle vicende riportate in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere a tal fine per l'individuazione degli eventuali responsabili di una macchinazione che, ove accertata, umilierebbe la democrazia e il popolo italiano”. La risposta sarà si, chiaramente. Ma, da quel governo che ha appena concesso Sigonella come base per il terrorismo dei droni statunitensi in Libia, quanta verità si può chiedere e quanto si può alzare  la voce con l'"alleato"? 
 
Al contrario, la domanda va riformulata ai deputati di Forza Italia, ai protagonisti politici del novembre 2011, tra cui l'ex ministro Brunetta e, soprattutto, all'ex primo ministro italiano Silvio Berlusconi. Sono loro che devono rispondere per spiegare “la macchinazione che ha umiliato la democrazia e il popolo italiano”. Sono loro che devono rispondere a questa semplice domanda: “Attraverso quelle intercettazioni, Silvio Berlusconi ha ricevuto pressioni per la sua decisioni di dimettersi il 12 novembre del 2011? E se si, quali e da chi?”. Senza quelle dimissioni e il colpo di stato morbido architettato da BCE, Napolitano e (forse) chi sentiva minacciata la sua sicurezza nazionale, non avremmo avuto Mario Monti, il Mes, il Fiscal Compact, la riforma Fornero; non avremmo abdicato alla democrazia parlamentare con tre premier mai eletti da nessuno. E' giunto il momento di avere risposte. Ma le domande vanno formulate (e correttamente) a chi può darle.

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