Renzi ha fallito. Juncker è la condanna a morte per l'Italia. Ambrose Evans-Pritchard

Renzi ha fallito. Juncker è la condanna a morte per l'Italia. Ambrose Evans-Pritchard

"I Parlamenti sovrani sono ancora una volta le vittime di soprusi costituzionali da parte dell'Ue"

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Il metodo cromwelliano con cui Jean-Claude Juncker è stato imposto agli stati nazionali è una violazione dei trattati ed i Parlamenti sovrani sono ancora una volta le vittime di soprusi costituzionali da parte dell'Ue. Con questa premessa, il columnist del Telegraph Ambrose Evans-Pritchard sottolinea come quest'episodio è l'ultima conferma di come il Regno Unito debba lasciare l'Ue e come debbano iniziare a riflettere la Francia o ogni altro paese che desidera governarsi in modo autonomo nel rispetto della legge e della Costituzione. 
 
Il Trattato di Lisbona, prosegue Evans-Pritchard, non ha creato uno stato europeo: Francia e Regno Unito hanno combattutto ferocemente contro quest'ipotesi quando il testo gli è stato sottoposto nella sua forma originale come Costituzione europea. I due paesi hanno imposto che l'Ue rimanesse un club intergovernamentale che non annullasse le democrazie nazionali. La spinta della Germania per uno stato federale – idealistico e pericoloso – fu all'epoca sconfitto. Il Trattato che è emerso non ha dato quindi al Parlamento europeo il potere di di scegliere il presidente della Commissione, la prerogativa spetta ai leader eletti responsabili rispetto ai loro elettori, una salvaguardia dell'autorità degli stati sovrani. Gli europarlamentari possono solo sfiduciare in blocco la Commissione, ma non possono nominarla, vale a dire quello che hanno appena fatto con i leader europei che hanno accettato il fatto compiuto, o per concessioni commerciali o per sudditanza a Berlino. 
 
La spiegazione che viene offerta è che il Ppe ha vinto le elezioni ed ha le autorità per scegliere il suo candidato: ma il terremoto elettorale di marzo andava in tutt'altra direzione ed è stato un urlo primordiale dei popoli contro lo strapotere dell'Unione Europea e la distruzione di posti di lavoro a causa dell'austerità. Il Fronte Nazionale ha vinto in Francia con un programma che chiede l'uscita dall'euro e rigetta il progetto dell'Ue, un evento storico in un paese che rappresenta il cuore dell'Europa. La nomina di Juncker colui che una volta allo Spiegel ha dichiarato: "Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere che succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno" è un regalo al Movimento cinque stelle di Beppe Grillo che sul suo blog ha scritto: "Juncker, dove passa lui non cresce più l'erba e neppure l'Europa".
 
Il Ppe, prosegue il Columnist del Telegraph, ha subito una debacle nelle elezioni europee rispetto alle tornate precedenti e nessuno che stava votando Samaras in Grecia sapeva che sarebbe stato un voto a Juncker, lo stesso uomo che ha imposto il dramma nazionale in corso come presidente dell'Eurogruppo. Quanti irlandesi avrebbero poi votato per il Fine Gael se avessero saputo che avrebbe determinato una maggiore integrazione europea?
 
E' chiaro che questo processo è stato imposto dal blocco del Ppe tedesco, quindi da Angela Merkel, perchè Juncker rappresenta il guardiano più affidabile dello status quo e degli interessi tedeschi. L'ex presidente dell'Eurogruppo è stato appoggiato in modo singolare dai media tedeschi, che hanno definito la sua nomina "un modo per colmare il gap democratico". Lo status quo è una tragedia per Francia e Italia, ma Francois Hollande e Matteo Renzi sono colpevoli di aver lasciato David Cameron da solo contro questa decisione, che è suicida per il futuro del progetto europeo. Sono convinti di aver ottenuto maggior "flessibilità", ma in realtà non cambierà assolutamente nulla nelle regole sul deficit dell'Ue. "La minaccia di maggior flessibilità nelle politiche fiscali europee è stata evitata", ha dichiarato il premier olandese Mark Rutte prima di tornare a casa.
 
Forze più grandi, prosegue Evans-Pritchard, sono già all'opera ed una stagnazione permanente è sancita per legge dal Fiscal Compact: ogni paese deve, infatti, ridurre meccanicamente i propri debiti per i prossimi venti anni fino ad arrivare al 60% del Pil, non importa quello che accade a livello monetario nel resto del mondo. Questo sta già distruggendo la Francia attraverso una trappola deflazione-debito con crescita zero che sta portando l'andamento della traiettoria debito-Pil fuori controllo. Il debito francese ha raggiunto il 93.6% del Pil nel primo quarto rispetto al 91.8% del quarto precedente e  Gilles Carrez, presidente della Commissione bilancio a Parigi, ha dichiarato come dal prossimo anno si sfonderà la soglia del 100%. Questo significa che il debito dovrà essere tagliato di 40 punti in 20 anni, 2 punti l'anno, il tutto in una crisi occupazionale.

E' anche peggio per l'Italia con un debito al 133%. Renzi potrà cercare di escludere alcuni investimenti, ma il compito è aldilà di ogni risoluzione politica possibile. La camicia di forza imposta dalla zona euro gli impone un surplus primario del 5% del Pil ogni anno se la Bce dovesse rispettare il suo target del 2%. All'attuale tasso d'inflazione dello 0,5%, l'Italia ha bisogno di un surplus del 7%. Non è né possibile né desiderabile con una forza lavoro che si contrae e una crisi demografica comparabile a quella del Giappone.  Renzi avrebbe dovuto confrontarsi con la Cancelliera Angela Merkel chiedendo un cambiamento completo dello scenario europeo ma ha fallito forse anche perchè non è stato ben supportato da Hollande, una figura tragica che evoca sempre più quella di Pierre Laval responsabile della crisi deflattiva nel 1935. 
 
Gli orrori della crisi debito-deflazione possono essere evitati solo da un ciclo di liquidità globale positivo, una volta che il ciclo si arena, Renzi e Hollande rimpiangeranno la scelta dell'uomo della Merkel. 
 
Leggendo la biografia di Pitt il giovane di William Hague, il ministro degli esteri britannico, Pritchard si dichiara colpito delle visioni europee dell'Inghilterra dopo che perse l'America nel 1780. Per Giuseppe II d'Austria il verdetto era categorico: "crisi per sempre fino allo status di una Svezia o di una Danimarca". Non passò molto che Vienna fu costretta a chiedere sussidi e Pitt ad essere l'arbitro delle sorti in Europa grazie al suo dinamismo economico. Hague è ora nella difficile posizione di agire fuori gli schemi diplomatici che descrive nel suo libro. Forse, ragionando sull'uscita dall'Ue, potrebbe dire quello che avrebbe fatto Pitt dopo la nomina di Juncker.

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