L'Arabia Saudita non taglierà la produzione di petrolio. Un messaggio agli Usa e all'avvicinamento all'Iran?
I sauditi cercano di frenare il boom petrolifero degli Usa e destabilizzare Iran e Russia per il loro sostegno alla Siria
Come ha osservato la stessa Reuters, “il crollo dei prezzi del petrolio ha innescato le teorie della cospirazione che vanno dai sauditi che cercano di frenare il boom petrolifero degli Stati Uniti a Riyadh che cerca di destabilizzare Iran e Russia per il loro sostegno alla Siria".
Queste teorie continueranno ad infuriare per molto tempo perché, come ha spiegato il ministro del petrolio dell'Arabia Saudita, il più grande produttore di petrolio dell'OPEC, Riyadh ha intenzione di mantenere l'attuale produzione di greggio e continuerà a farlo anche se i Paesi non-Opec decideranno di ridurla. Un chiaro segnale delle intenzioni del più grande produttore di petrolio di cavalcare il più grande crollo del mercato da anni e del fatto che il prezzo del petrolio non risalirà così presto.
"Se vogliono tagliarla sono i benvenuti ma noi non la ridurremo, certamente l'Arabia Saudita non lo farà", ha dichiarato ai giornalisti il ministro del petrolio dell'Arabia Saudita, Ali al-Naimi, aggiungendo di essere "al 100 per cento non soddisfatto" del prezzo del petrolio ma di essere certo che sarebbe tornato a crescere anche se non era chiaro quando.
Ali al-Naimi ha addebitato il crollo dei prezzi del petrolio agli speculatori e ad una mancanza di collaborazione da parte dei paesi non-Opec
Ali al-Naimi ha addebitato il crollo dei prezzi del petrolio agli speculatori e ad una mancanza di collaborazione da parte dei paesi non-Opec
Non è chiaro, commenta ZeroHedge, se qui era più focalizzato sulla Russia, o sull'industria di scisto degli Stati Uniti.
Nel frattempo, mentre la fornitura di greggio è destinata a salire, la domanda globale continua a calare, non solo a causa del rallentamento della Cina e della recessione di Giappone ed Europa, ma perché improvvisamente la mentalità deflazionistica si è diffusa a macchia d'olio tra i clienti finali, che sono felici di aspettare e acquistare domani il barile di petrolio che oggi pagherebbero il 10% in più-
Si prevede che il mondo avrà meno bisogno del petrolio dell’OPEC nel 2015 a causa di una fornitura crescente dello shail oil degli Stati Uniti e di altre fonti in concorrenza, senza alcun aumento significativo della domanda mondiale.
Il ministro del Petrolio del Kuwait, Ali al-Omair, ha detto che l'OPEC non ha bisogno di tagliare la produzione di greggio e che non ci sarà bisogno di alcun vertice straordinario prima di quello programmato per giugno 2015.
“Non penso che abbiamo bisogno di tagliare. Abbiamo dato la possibilità ad altri (i produttori di petrolio non Opec) di farlo se vogliono”, ha spiegato riferendosi alla riunione con i produttori non-Opec prima del vertice Opec di novembre a Vienna.
Come scrive Conrad Black sul National Post, "non c'è dubbio che le motivazioni dell'Arabia Saudita siano principalmente politiche". "L'Arabia Saudita sta cercando di scoraggiare l'uso dei proventi petroliferi iraniani e russi per sostenere il regime di Assad a Damasco, per finanziare il programma nucleare militare iraniano, e per incitare le continue violenze di Hezbollah e di Hamas in Libano e nei Territori palestinesi contro Israele. La bizzarra comunione di interessi che si è improvvisamente venuta a creare tra i sauditi e lo Stato ebraico è motivata dalla paura dei paesi dell'area che i membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, più la Germania, possano essere sul punto di consentire all'Iran di essere una potenza nucleare militare. L'arma del prezzo del petrolio, a fronte dell'indebolimento terminale dell'amministrazione Obama, è l'ultimo ricorso prima che i sauditi e i turchi invitino Israele a distruggere il programma nucleare iraniano".
In definitiva, come spiega Michael Feroli di JPM, "il crollo del prezzo del petrolio produrrà vincitori e vinti, sia globalmente che negli Stati Uniti. Mentre ci si aspetta che il paese, in generale, sarà un beneficiario netto del calo dei prezzi del petrolio, due stati sembrano destinati a pagarne le conseguenze: North Dakota e Texas. Data la sua dimensione molto più grande, la prospettiva di una recessione in Texas potrebbe avere alcuni riverberi più ampi".
Come scrive Conrad Black sul National Post, "non c'è dubbio che le motivazioni dell'Arabia Saudita siano principalmente politiche". "L'Arabia Saudita sta cercando di scoraggiare l'uso dei proventi petroliferi iraniani e russi per sostenere il regime di Assad a Damasco, per finanziare il programma nucleare militare iraniano, e per incitare le continue violenze di Hezbollah e di Hamas in Libano e nei Territori palestinesi contro Israele. La bizzarra comunione di interessi che si è improvvisamente venuta a creare tra i sauditi e lo Stato ebraico è motivata dalla paura dei paesi dell'area che i membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, più la Germania, possano essere sul punto di consentire all'Iran di essere una potenza nucleare militare. L'arma del prezzo del petrolio, a fronte dell'indebolimento terminale dell'amministrazione Obama, è l'ultimo ricorso prima che i sauditi e i turchi invitino Israele a distruggere il programma nucleare iraniano".
In definitiva, come spiega Michael Feroli di JPM, "il crollo del prezzo del petrolio produrrà vincitori e vinti, sia globalmente che negli Stati Uniti. Mentre ci si aspetta che il paese, in generale, sarà un beneficiario netto del calo dei prezzi del petrolio, due stati sembrano destinati a pagarne le conseguenze: North Dakota e Texas. Data la sua dimensione molto più grande, la prospettiva di una recessione in Texas potrebbe avere alcuni riverberi più ampi".