Il suo mandato è durato dal proverbiale Natale a Santo Stefano. Lecornu si è iscritto nella pagina nella storia della Quinta Repubblica non per una riforma o un discorso, ma per un addio lampo: dopo soli 27 giorni. Tanti ne sono passati dalla sua nomina a Primo Ministro, il 9 settembre, alle sue dimissioni irrevocabili, il 6 ottobre. Un record assoluto che surclassa i già brevissimi 99 giorni di Michel Barnier.
Davanti a Emmanuel Macron, sempre meno amato dai francesi, in fortissimo calo di consensi e attento più ai problemi internazionali e ad alimentare un conflitto in Ucraina con la Russia per sopperire alle forti difficoltà in casa, ora si spalanca il vuoto. La caduta del suo uomo di fiducia lo costringe a un rebus senza soluzioni facili. Subito scartata la via d'uscita costituzionale: riconfermare Lecornu. Dall’Eliseo fanno infatti sapere che Macron ha accettato le dimissioni. D’altro canto la riconferma sarebbe stata un gesto assimilabile a una “parodia” o una “provocazione”, dopo una débâcle così plateale.
Ora, accettate le dimissioni, dando per scontato che Macron non si dimetta conoscendo la sua faccia tosta e il suo orgoglio, rimarrebbe per lui la via più logica: nominare un nuovo "inquilino" per Matignon. Il problema? La riserva di nomi è prossima all'esaurimento, e la maggioranza parlamentare trema.
L'assalto all'Eliseo
Nella tempesta, l'opposizione non sta a guardare. Jordan Bardella, il volto del Rassemblement National, cavalca l'onda della crisi e chiede a gran voce il ritorno alle urne. "Stabilità significa sciogliere l'Assemblea", tuona dal quartier generale del partito.
Sul fronte opposto, Jean-Luc Mélenchon gioca la carta più estrema: chiede che si discuta "immediatamente" la mozione per la destituzione di Macron stesso, già firmata da un centinaio di deputati.
Mentre il Palazzo dell'Eliseo tace, la Francia aspetta. E la domanda che tutti si pongono è una sola: dopo il record del Premier più effimero di sempre, quale sarà la prossima, imprevedibile, mossa del Presidente?
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