di Geraldina Colotti
CARACAS
Le strade del Venezuela risuonano di musica e slogan. Mancano pochi giorni all'elezione presidenziale del 28 luglio, il giorno del compleanno di Hugo Chávez, scomparso il 5 marzo del 2013, ma più che mai presente anche in questa competizione elettorale. Il Partito socialista unito del Venezuela ha dispiegato tutta la sua straordinaria forza organizzativa, che esiste a livello capillare sui territori.
La partita è cruciale, lo schema dell'estrema destra, già pronto e non nuovo: disconoscere le elezioni in caso di vittoria chavista, con lo sguardo volto a due date cruciali, l'elezione statunitense di novembre, e l'assunzione d'incarico del nuovo presidente, a gennaio del 2025. Inoltre, dopo la farsa dell'autoproclamazione di Guaidó, qualcos'altro si può sempre inventare...
I volantini indicano come si vota con il sistema ultra-automatizzato e a prova di frodi che guida anche questa nuova presidenziale. Dall'altro lato del foglio, sono riprodotte le faccine dei candidati con i rispettivi simboli e le preferenze. A destra, il quadro appare alquanto frastagliato.
Sui dieci candidati di opposizione, uno dei quali – Luis Martinez, che rappresenta il Copei, Acción democrática e Une, ha deciso di appoggiare Maduro -, solo tre formazioni si identificano con la Pud. Gli altri corrono in ordine sparso.
C'è anche Enrique Marquez, che, nonostante il suo passato di estrema destra, raccoglie le indicazioni di voto di alcuni militanti che appartenevano al Partito comunista venezuelano, e che ora accusano Maduro di essere... “neoliberista”.
Il chavismo, invece, si presenta compatto, unendo intorno a un unico candidato e al Psuv, sia i partiti del Gran Polo Patriottico che varie formazioni di recente creazione, come il Movimento Futuro o il Partito Verde, che raccolgono istanze alternative che si ritrovano sui principi e sui progetti, ma non nella vera e propria militanza del Psuv.
Anche le inchieste più favorevoli all'opposizione prevedono un'alta partecipazione al voto, e attribuiscono poco peso agli indecisi o ai disillusi.
Dalla sua, Maduro ha gli indicatori economici, che pronosticano una crescita in aumento, una ripresa produttiva che ha ridimensionato la dipendenza dal petrolio in un paese che ne possiede le prime riserve al mondo. Per far fronte al bloqueo nordamericano, il governo ha sviluppato contromisure per cui oggi il paese è in grado di produrre gli alimenti necessari al proprio fabbisogno. E già le esportazioni non petrolifere – radiatori, batterie, prodotti tessili, in alluminio o metalmeccanici – arrivano a 47 paesi.
Con l'aumento delle entrate (e di una tassazione agli straricchi), il governo ha ripreso a potenziare i piani sociali, a partire dalle Missioni e Grandi missioni, ideate da Chávez per smontare dall'interno la vecchia struttura dello Stato borghese. Le ultime, sono dedicate agli anziani e alle donne, che hanno accolto di recente il candidato femminista con una grande convencion pre-elettorale.
Agli inizi di luglio, durante un'assemblea con i lavoratori e lavoratrici di tutto il paese, che si è svolto nello stadio Monumentale Simon Bolivar, a Caracas, Maduro ha invitato la classe operaia a organizzare tavoli di lavoro nel palazzo di Miraflores, a partire dal 22 luglio. L'obiettivo è quello di discutere il contenuto e le tappe della nuova Legge antibloqueo per la classe operaia, pensata per recuperare più rapidamente possibile il potere d'acquisto dei lavoratori e dei pensionati, evitando le trappole dell'”inflazione indotta”, che scattano a ogni nuovo aumento salariale.
Il sabotaggio economico e le sanzioni hanno colpito l'intero apparato produttivo, provocando, oltre alla drastica riduzione delle entrate di valuta estera nel paese, l’indebolimento della moneta nazionale, la carenza di beni e servizi, il crollo di tutti i settori economici e l’iperinflazione. Tutti questi fattori hanno ridotto drasticamente la qualità della vita della popolazione, che negli ultimi tre anni si è ripresa grazie all'attuazione di un programma economico coerente e efficace.
“Il nostro impegno è proteggere i lavoratori”, ha affermato il presidente, che ha sostenuto la necessità di includere nel dibattito su questa legge altri aspetti a beneficio del settore lavorativo venezuelano, come la questione degli alloggi popolari. Ha riconosciuto che ci sono ancora molte famiglie senza un tetto di proprietà. “Costruiremo 3 milioni di case popolari in più per i lavoratori”, ha annunciato.
L'attacco alla moneta e al salario ha indotto il governo a riflettere a fondo sulla possibilità di “un salario sociale”, compensando inizialmente la perdita del potere d'acquisto con sussidi diretti e bonus. Gli indicatori economici sono promettenti. Secondo i dati presentati dalla Banca Centrale del Venezuela, l'inflazione in Venezuela nel mese di giugno 2024 è stata dell'1%. Si tratta del valore più basso da quando la BCV ha iniziato a misurare l’indice nazionale dei prezzi al consumo (INPC) nel 2008.
Confrontando questo risultato con il livello dei prezzi di giugno 2023 si osserva una diminuzione di 5,2 punti percentuali. Allo stesso modo, l’inflazione cumulata nei primi 6 mesi del 2024 raggiunge l’8,9%, riducendosi di quasi 100 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2023, quando era pari al 108,39%.
Il presidente Nicolás Maduro ha sottolineato che giugno si è chiuso con l'inflazione più bassa degli ultimi 39 anni, affermando che "il miracolo economico sta accadendo". Il capo dello Stato ha confrontato il dato nazionale con il valore del giugno 1985, quando i prezzi erano misurati solo nell’area metropolitana di Caracas. In questo senso è corretto affermare che si tratta del dato più basso degli ultimi quattro decenni.
Anche l'Osservatorio per le politiche anti-bloqueo rileva l'efficacia della strategia macroeconomica portata avanti dal governo bolivariano per contrastare le misure coercitive unilaterali imposte dagli Stati uniti, che si è concentrata su un insieme di politiche economiche volte a controllare l'inflazione, stabilizzare il tasso di cambio e promuovere una crescita economica sostenibile.
L'Osservatorio, che si conferma un luogo di analisi e di proiezioni statistiche prezioso e verificabile, nonché di pubblicazioni politiche che documentano le suddette analisi, spiega anche la consistenza effettiva della nuova “licenza”, rilasciata l'8 luglio dagli Stati uniti.
Cinque anni dopo il bloqueo petrolifero contro la PDVSA, l'Office of Asset Control (OFAC) del governo degli Stati Uniti ha emesso la Licenza Generale 40C, che sostituisce la 40B, e che autorizza le transazioni e le attività relative all'esportazione o riesportazione di prodotti liquefatti gas di petrolio al Venezuela.
Il documento autorizza le operazioni “relative all'esportazione o riesportazione diretta o indiretta di gas di petrolio liquefatto in Venezuela”, nel quale partecipa il Governo del Venezuela, Petróleos de Venezuela, S.A. (PDVSA) o sue controllate, fino all'8 luglio 2025.
La misura comprende transazioni e attività che potrebbero essere vietate da tre ordini esecutivi di Donald Trump, n. 13.850, 13.857 e 13.884, che generalmente stabiliscono limitazioni al commercio di idrocarburi da e verso il Venezuela.
L'Osservatorio spiega, però, che contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la Licenza non ha alcun impatto reale per il paese poiché il Venezuela non importa gas liquefatto (il gas delle bombole di cottura) e copre la domanda nazionale con la produzione PDVSA. L’industria petrolifera nazionale continua ad avanzare nell’aumento della produzione di carburante e prevede di esportare gas liquefatto in futuro, però la licenza non consente alla PDVSA di esportare, ma solo di effettuare operazioni di esportazione verso il mercato venezuelano.
Nel testo della licenza 40C restano in vigore, come nel 2023, forti restrizioni al commercio di carburante del Paese, come il pagamento delle importazioni con petrolio o prodotti derivati, le transazioni che coinvolgono persone sanzionate o qualsiasi transazione vietata dal Regime di Sanzioni Venezuela.
Il gas di petrolio liquefatto (GPL) deriva dalla miscela di due principali idrocarburi: propano e butano e altri in proporzione minore, e viene utilizzato principalmente per la produzione di energia elettrica, carburante per veicoli e uso industriale nel Paese. Intanto, a causa delle manovre compiute dalla banda dell'”autoproclamato” a cui gli Stati uniti hanno dato mano libera per svendere i beni all'estero del popolo venezuelano, incombe la fissazione di una data per mettere all'asta l'impresa Citgo, la grande raffineria venezuelana che ha sede negli Stati uniti. La partita che si sta giocando in queste elezioni, non è quindi solo nazionale.
Nei 16 giorni di campagna elettorale, il presidente-candidato ha organizzato comizi in 250 città e periferie. E ora si stanno preparando le manifestazioni di chiusura di questa grande maratona elettorale in cui il popolo, giovedì, per le strade del Venezuela, dirà massicciamente la sua.
Ce la farà anche questa volta il “laboratorio bolivariano”, nonostante stanchezze e limiti di un processo che dura da 25 anni?
Da Madrid, nei quartieri di lusso che assomigliano a quelli di Miami, dove hanno trovato rifugio molti ricercati dalla giustizia venezuelana, sia per frode economica, sia per attentati alla costituzione, l'estrema destra cerca di muovere i fili. Si tratta di un gruppo potente e ben inserito che, dagli scranni del Parlamento europeo dove è stato eletto nelle fila del Partito popolare il primo deputato italo-venezuelano, Leopoldo Lopez Gil – influenza le scelte politiche, fornisce le proprie statistiche, e chiede nuove “sanzioni” contro il paese bolivariano. Anche il candidato della Piattaforma Unitaria Democratica (Pud), l'ex diplomatico Edmundo González ha parenti stretti in quel gruppo di ricercati.
Il Venezuela ha ripetutamente chiesto alla Spagna di estradare un cittadino italiano, Enzo Franchini, fotografato mentre guidava il linciaggio del giovane Orlando Figuera, bruciato vivo a Caracas durante le violenze fasciste del 2017 perché indossava una maglietta rossa.
Altri ricercati, come l'ex presidente di Pdvsa (l'impresa petrolifera venezuelana ri-nazionalizzata da Chávez), Rafael Ramírez, tuonano dall'Italia contro “il madurismo”, e diffondono pomposi documenti in cui rivolgono ogni genere di epiteti e di accuse contro l'attuale presidente, Nicolas Maduro, eletto dopo la morte del “comandante” nel 2013. E invitano a votare per chiunque sia contro di lui.
In questi giorni che precedono le presidenziali del 28 di luglio, un gruppo di venezuelani “in esilio” si è incontrato con i media a Madrid per annunciare che, “se vince Edmundo” (González, il candidato-facciata di Machado, che guida l'opposizione radicale a Maduro), torneranno in Venezuela. E sono pronti a scommettere su “una vittoria storica, per la prima volta possibile mediante mezzi democratici”.
Dalla loro, hanno poderosi think tank finanziati da Washington, che diffondono statistiche ad hoc, commissionate a centri studi ultra-liberisti: come Cedice Libertad, che diffonde il trumpismo in Venezuela, ma in modo accattivante per i giovani. Li coinvolge in inchieste e sondaggi (pagati), e poi fornisce ai grandi media internazionali risposte preconfezionate.
E così, ecco un'altalena di previsioni che accompagnano le mobilitazioni di opposizione e che, anche quando non si ottiene l'inquadratura giusta e non è possibile documentare “le moltitudini” in attesa che arrivi la motosega di Milei “trumpista” in Venezuela, annunciano che Maduro perderà 80 a 20. Intanto, aumenta il numero di notizie negative sul Venezuela bolivariano. È andata così anche durante le elezioni in Messico, quando, a dispetto della realtà evidenziata nelle piazze, che hanno dato la vittoria piena alla candidata progressista, Claudia Sheinbaum, i media di opposizione pronosticavano un risultato capovolto, in termini percentuali, che dava vincente l'opposizione.
Intanto, sono già nel paese gli “accompagnatori” internazionali (che non si chiamano osservatori per sottolineare che la forza della democrazia bolivariana non ha bisogno di essere sotto osservazione), Sono oltre 635, fra il Centro Carter, il Consiglio di Esperti elettorali del latinoamerica (Ceela), l'Unione africana, funzionari di organismi elettorali e vari esperti dell'Onu.
Da parte dell'opposizione, arriveranno anche i soliti ex presidenti (di destra) latinoamericani, che stanno sostenendo le posizioni di quanti considerano Milei e consimili “una speranza storica” anche per il Venezuela. Una “speranza” che si scontra con quella delle piazze, intenzionate a mantenere aperta questa scommessa storica.
di Agata IaconoSono andata alla manifestazione per la Palesina a Roma il 5 ottobre. Volevo fare sentire anch'io la mia infinitesimale voce, presenza, vicinanza, al popolo palestinese dopo un anno dal più...
di Alessandro Bianchi La reazione dell'Iran ai crimini di Israele si è manifestata con 200 missili nella sera di martedì 1 ottobre. Decine hanno colpito obiettivi israeliani con Teheran...
Al giornalista di Sky news che gli chiedeva un commento sul "fallimento" dell'iniziativa iraniana del lancio di razzi contro Israele, il Professore di Letteratura inglese dell'università...
di Pepe Escobar – Strategic Culture [Traduzione a cura di: Nora Hoppe] Prima c'è stata l'azione: Il Presidente Putin – sereno, calmo, raccolto – avverte...
Copyright L'Antidiplomatico 2015 all rights reserved
L'AntiDiplomatico è una testata registrata in data 08/09/2015 presso il Tribunale civile di Roma al n° 162/2015 del registro di stampa