Intervista al Virologo Tarro: "Il tasso di letalità del COVID 19 è inferiore all’1% come conferma il National Institute of Allergy and Infectious Diseases"

Intervista al Virologo Tarro: "Il tasso di letalità del COVID 19 è inferiore all’1% come conferma il National Institute of Allergy and Infectious Diseases"

"Lasciare il numero dei tamponi in mano alle Regioni genera il caos. Va seguito il modello coreano"

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Coronavirus. Sta facendo scalpore la decisione delle autorità britanniche di “lasciar sfogare l’epidemia” non ponendo quasi nessuna restrizione agli affollamenti (nella speranza che ciò determini negli infettati una rapida immunizzazione) e, contemporaneamente, mettendo in quarantena persone ad elevato rischio, come, ad esempio, gli anziani. Sulle strategie che sovrintendono (o che dovrebbero sovrintendere) l’affrontamento delle emergenze epidemiche abbiamo reintervistato (vedi qui e qui) il prof. Giulio Tarro del quale segnaliamo i suoi, appena pubblicati, articoli scientifici sul Coronavirus.
 

Intervista integrata da alcune tavole esplicative tratte da questa fonte

 

di Francesco Santoianni

 

Intanto, quali sono le possibili strategie per far fronte ad una epidemia

"Nelle epidemie come quelle influenzali, generalmente, si tende a ridurre l’entità del picco epidemico “spalmandolo” in un periodo più lungo possibile; questo per evitare il collasso del sistema sanitario conseguente al numero elevato di ricoveri."



 

Per ottenere questo scopo esistono varie strategie



 

Va da sé che ognuna di queste strategie deve essere scelta analizzando precisi dati; tra questi, fondamentale è la stima attendibile dei non contagiati, dei contagiati e delle persone che questi potrebbero infettare. A tal riguardo, ad esempio, nella Corea del Sud, si sta procedendo non solo a sottoporre a tampone anche persone che non manifestano particolari quadri clinici ma, addirittura, tracciando tramite il loro cellulare lo spostamento di questi, determinando così (una volta saputa la loro eventuale positività) la pericolosità rappresentata da questi.

In Italia, invece, il numero dei tamponi e le procedure per effettuarli è lasciato, sostanzialmente, all’arbitrio delle Regioni; un caos che impedisce di determinare qualsiasi modello di riferimento. Con questa situazione non si capisce perché tra le varie strategie che si sarebbero potute adottare, dopo l’isolamento domiciliare della popolazione non impegnata in determinate attività lavorative, si prospetti addirittura una quarantena per tutte le persone. Misura che non è chiaro quanto tempo possa durare."

 

Lei ha dichiarato di ritenere il reale numero dei contagiati in Italia almeno 4 o cinque volte superiore a quello dichiarato dal Governo
 

"Preciso che la mia è una stima che si basa sulla interpolazione dei dati riferentisi a contagiati in epidemie virali respiratorie verificatesi negli ultimi decenni in Italia. Da ciò si deduce che il tasso di letalità del COVID 19 è considerevolmente inferiore all’1%: una constatazione fatta propria anche in uno studio del collega Anthony Fauci, del National Institute of Allergy and Infectious Diseases statunitense, sulla base di un rapporto incentrato su 1099 pazienti con COVID-19 confermato in laboratorio provenienti da 552 ospedali cinesi.

Ciò suggerisce che le conseguenze cliniche complessive del COVD-19 potrebbero, in definitiva, essere simili a quelle di una grave influenza stagionale, che presenta un tasso di letalità dello 0,1% circa, o di un’influenza pandemica come quella del 1957 o del 1968, piuttosto che a quelle della SARS o della MERS, caratterizzate rispettivamente da una letalità del 10% e del 36% e che, incredibile a dirsi, non hanno prodotto nessuna campagna allarmistica nel nostro Paese."

 

E l’attuale intasamento dei reparti di terapia intensiva, soprattutto in Lombardia, che ci mostrano ogni giorno in TV come lo spiega?

"Intanto, ricordo che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il nostro Paese ha dimezzato i posti letto per i casi acuti e la terapia intensiva, passati da 575 ogni 100 mila abitanti ai 275 attuali. Un taglio scandaloso del 51%, operato progressivamente dal 1997 al 2015, che ci porta in fondo alla classifica europea. Tra l’altro va detto che, nonostante le immagini di quello che stava succedendo in Cina fossero sotto gli occhi di tutti, si direbbe che - a differenza di altri paesi come la Francia - ben poco abbia fatto l’Italia per prepararsi all’epidemia. In più è da segnalare che, a seguito della enfatizzazione della minaccia rappresentata dal COVID 19, sono stati portati nei reparti di terapia intensiva pazienti che avrebbero potuto essere trattati in altre strutture. Per quanto riguarda, poi, il picco di morti che si registra in Lombardia è da notare che questa regione risulta essere al primo posto per la effettuazione di tamponi; ciò, unito alla disinvolta pratica di presentare, anche in sedi istituzionali, come “morti per coronavirus” pazienti che, invece, potrebbero essere “morti con Coronavirus” (e cioè affetti da patologie pregresse che hanno causato la morte) potrebbe spiegare il “picco di mortalità per COVID19” della Lombardia. Per questo sarebbe opportuno prima di identificare nel COVID19 la causa primaria della morte, svolgere le indispensabili indagini patologiche e, soprattutto, definire uno standard da applicare su tutto il territorio nazionale. Una questione che – a mio parere - continua a non avere lo spazio che si merita."

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