Brighe interne alla junta di Kiev. Le ragioni dietro le dimissioni (accolte) di Aleksej Arestovic

Brighe interne alla junta di Kiev.  Le ragioni dietro le dimissioni (accolte) di Aleksej Arestovic

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Il 17 gennaio, quasi tutte le agenzie hanno riportato la notizia secondo cui l'ufficio presidenziale ucraino ha accolto le dimissioni presentate dal consigliere fuori ruolo di Vladimir Zelenskij, il tenente-colonnello, attore, futurologo, propagandista, finora uno dei maggiori portavoce presidenziali, Aleksej Arestovic.

Il giorno precedente c'era stata una “levata di scudi” alla Rada per esigerne l'allontanamento dagli incarichi di alto livello. In rete si erano sprecati gli appellativi meno garbati al suo indirizzo. Come mai? Il 14 gennaio, parlando in diretta al canale Fejgin Live, Arestovic aveva detto che il razzo russo caduto sull'ingresso di un edificio civile a Dnepro (Dnepropetrovsk prima del 2015), causando la morte di decine di persone, era finito sullo stabile perché colpito dai sistemi contraerei ucraini. Il Ministero della guerra di Kiev aveva ovviamente replicato che si fosse trattato invece di un colpo diretto russo. Il sindaco di Dnepropetrovsk aveva definito Arestovic “bestia narcisista” e “lingua immondizia” che «ha fatto un regalo alla propaganda russa ... di lui dovranno occuparsi il controspionaggio e i Servizi di sicurezza».

E così Arestovic ha lasciato l'incarico.

Non ce ne doliamo. Certe faide interne alla junta golpista possono interessare solo nella misura in cui potrebbero in qualche modo aprire qualche minuscola crepa nel fronte nazista. Qui non si tratta certo di schierarsi dalla parte di un “democratico” contro gli elementi dichiaratamente fascisti di una compagine repressiva che ha preso il potere in Ucraina nove anni fa con la violenza squadristica e lo sta mantenendo, contro la propria stessa popolazione, con la coercizione ai danni del più innocente dissenso. In questa disputa tutta interna al regime di Kiev, il punto focale è la “repressione”: il potere centrale non ammette repliche e reprime anche chi è per la repressione; anzi, per la repressione più dura, da applicarsi, come ha dichiarato lo stesso Arestovic, contro i fedeli ucraini della chiesa del patriarcato russo che «sono contro l'Ucraina».

Del resto, è sufficiente una scorsa veloce (Wikipedia) alla sua biografia per capire chi sia e cosa abbia fatto in passato Aleksej Arestovic, anche in guerra contro le forze russe: dalle giravolte, ora col “Movimento Euroasiatico”, ora per la “difesa della Crimea” in combutta col compare Dmitrij Korcinskij (nel suo “albo d'oro” Transnistria, Abkhazija, Georgia: rigorosamente contro i russi) e, dopo majdan, si era dato ad addestrare le formazioni terroristiche che combattevano in Donbass, prendendo parte lui stesso ad azioni di guerra.

D'altra parte, nella sua recentissima intervista al canale “Girano voci”, in cui, tra l'altro, accenna alla necessità di repressioni contro la chiesa ucraina del patriarcato di Mosca (UPTs), Arestovic parla quale sostenitore del governo ucraino, criticando quegli “eccessi” che impediscono di portare dalla propria parte la popolazione di lingua o di etnia russa. Null'altro. Il regime golpista è l'acqua in cui nuota e, da perfetto propagandista, chiede soltanto di depurare quei ristagni di acque reflue che rischiano di “soffocare” il lavoro della junta per “riconquistare” il Donbass e, soprattutto, di far storcere troppo la bocca ai padrini occidentali.

Avete visto i titoli di Fox News, chiede ad esempio Arestovi? nell'intervista, dopo che i Servizi di sicurezza sono entrati nelle làure? “Zelenskij ha dichiarato guerra ai cristiani?”, aveva infatti titolato un proprio servizio la Fox News. Certi titoli vanno forse a vantaggio dell'Ucraina, chiede Arestovic, che arriva persino a sospettare il SBU di attività antiucraine per le repressioni ai danni della Chiesa ortodossa ucraina nel suo insieme.A inizio dicembre 2022 Zelenskij ha infatti proibito in Ucraina l'attività delle organizzazioni religiose “affiliate a centri di influenza russa” e si è messa in atto la più grande ondata di persecuzione della UPTs nella storia recente ucraina, col pretesto di suoi legami con Mosca; in diverse regioni se ne è proibita l'attività e alla Rada è stato presentato un progetto di legge per la sua messa fuori legge; sanzioni sono state imposte contro diversi membri del clero e il SBU ha aperto contro di loro procedimenti penali, con perquisizioni anche di alti prelati, sospettati di “spionaggio". Vladimir Zelenskij ha firmato un decreto che sospende la cittadinanza a 13 preti della UPTs, sospettati di tradimento.

Si allega qui il breve video dell'intervista a “Girano voci”, con la traduzione (pressoché completa) condotta sui sottotitoli in russo.

Ecco cosa dice Aleksej Arestovic, secondo il quale (tradotto molto liberamente) «qualunque cosa faccia Kiev finisce in vacca»:

«Come operiamo con l'identità postsovietica o con l'identità regionale? Nient'altro che minacce, sanzioni e pubblica condanna? Cosa pretendiamo da queste persone? Comprensione? Che le persone che condanniamo, a cui diciamo “siete degli stronzi, cambiate identità, altrimenti non risponderemo delle nostre azioni; avete portato qui la Russia e vuol dire che la sostenete; volete la morte di tutto ciò che è ucraino, per colpa vostra muoiono i nostri ragazzi, ecc.” e noi vorremmo che, dopo tutto questo, essi siano con noi? È pazzesco. C'è anche chi dice: “che se ne vadano in Russia”. E allora andranno in Russia; e faranno in modo che la Russia venga qui da noi. E dunque? Chi è l'idiota in questa situazione? Abbiamo una politica nazionale e regionale, di autoidentificazione, oltremodo irrazionale. Anche l'Unione Sovietica la conduceva meglio di noi», afferma Arestovic, con evidente senso dispregiativo per l'URSS...

«Noi dichiariamo che tutti i russi sono cattivi e che non esistono russi buoni; e cosa rispondono i russi etnici d'Ucraina? O le persone di lingua russa? Noi diciamo loro: siete dei nemici. Allora essi esibiscono il proprio passaporto ucraino, ricordano il proprio congiunto morto a Bakhmut come soldato ucraino di lingua russa e esclamano “che se ne vada al diavolo questo paese con le sue uscite”. Ma non hanno dove andare e allora rimangono in Ucraina, ma con un'intima opposizione per l'Ucraina, perché gli ucraini, con i propri concittadini, si comportano da perfetti stronzi».

Ed ecco che cita i titoli di Fox News e quel “Zelenskij ha dichiarato guerra alla Cristianità” dopo che «i Servizi di sicurezza ucraini sono entrati nella làura delle Grotte di Kiev e in altre làure, nelle chiese ucraine del patriarcato di Mosca. Tenendo conto dei complessi processi in corso nella UPTs, è necessario trainare dalla nostra parte coloro che sono per noi e allo stesso tempo reprimere duramente chi è contro l'Ucraina... Non si possono etichettare tutti in in blocco i sei milioni di nostri concittadini che frequentano quella chiesa come agenti di Mosca e bastardi. Bisogna essere dei perfetti coglioni a livello statale per, primo, adottare simili leggi e, secondo, conservarle finora. Perché? Perché quando un cittadino o un individuo sa che lo Stato lo punirà per aver parlato nella lingua madre, egli non sarà mai leale fino in fondo con tale Stato. Lo Stato vuole sparare sui cittadini? In questo modo non conserverà quei territori»·

Evidentemente, nella mente di Aleksej Arestovic, Kiev può ancora tenere sotto il proprio controllo il sudest dell'Ucraina; quel sudest che Kiev ha perso definitivamente nella primavera del 2014, quando ha cominciato a bombardare città e villaggi del Donbass e a massacrarne la popolazione che si opponeva alla junta nazista. 

 

 

 

 

 

 

 

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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