Dall'"Ucrainagate" alla sconfitta in Virginia: la resa dei conti contro Joe Biden ha inizio

Dall'"Ucrainagate" alla sconfitta in Virginia: la resa dei conti contro Joe Biden ha inizio

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Le difficoltà con cui l'amministrazione Biden si trova a fare i conti appaiono macroscopiche tanto nell'ambito interno quanto in quello internazionale.  Se le elezioni locali svoltesi nelle scorse settimane dovevano essere un banco di prova per testare l'indice di gradimento in favore di Joe Biden, il risultato di queste lascia presagire difficoltà crescenti per l'attuale amministrazione.

La vittoria del repubblicano Youngkin in Virginia rappresenta l'ennesimo segnale di scontento nei confronti dell'attuale amministrazione: nella stessa settimana in cui è registrata la vittoria repubblicana - la sconfitta dem - in Virginia,  Usa Today e l'Università di Suffolk hanno  condotto un’indagine che ha registrato il minimo storico dei livelli di consenso in favore dell’amministrazione Biden: solo il 38 % degli intervistati* guada con favore al lavoro che il presidente Biden sta svolgendo da quando è entrato in carica. L'indice di gradimento si riduce addirittura al 27 % nei confronti della vicepresidente Kamala Harris.

Oltre all'andamento dell'inflazione ed ai mutamenti dello scenario internazionale, a complicare la posizione di Biden concorre la volontà esplicitata da parte dei membri repubblicani della Camera dei Rappresentanti di condurre una lotta senza quartiere nei confronti dell'attuale amministrazione. Aggiungendosi al malcontento diffuso generato da vent'anni di guerra e dall'epilogo di questa consumatosi lo scorso settembre con la fuga del contingente statunitense dall'Afghanistan, i continui scandali potrebbero seriamente compromettere la ricandidatura di Joe Biden alle elezioni presidenziali previste per il 2024.

Ma anche se Joe Biden dovesse ritenere opportuno non ricandidarsi, magari lasciando spazio ad altri volti più giovani e più accattivanti, come l'attuale vicepresidente Kamala Harris, la compagine democratica farà i conti a lungo con gli strascichi di queste vicende, specie nel suo rapporto con l'elettorato.

Il rappresentante repubblicano dell’Ohio, Jim Jordan, ha avanzato una lista di questioni che potrebbero complicare non poco la tenuta dell’amministrazione Biden. Assieme alla gestione del COVID-19 ed alla pubblicazione della dichiarazione dei redditi di migliaia di famiglie statunitensi da parte di ProPublica, il controverso ruolo di Hunter Biden potrebbe essere sulla scena internazionale potrebbe costituire l’argomento centrale della resa dei conti repubblicana: e certamente gli sviluppi di queste vicende non mancheranno di  influenzare l’opinione politica statunitense, specie a ridosso del voto delle elezioni di medio periodo.

Non è la prima volta che vicende di natura familiare si legano alle vicende politiche statunitensi: del resto la storia recente dei presidenti degli Stati Uniti abbonda di casi analoghi. Nel caso specifico, e il coinvolgimento personale di Joe Biden nelle vicende legate alla corruzione in Ucraina dovesse essere emergere in sede giudiziaria, difficilmente l'attuale presidente statunitense potrebbe allontanare lo spettro dell'impeachment.

A gettare discredito sulla figura del padre, sono i fatti legati al figlio Hunter: da questi, emerge come il secondogenito dell'inquilino della Casa Bianca abbia utilizzato, sin dal periodo in cui Joe Biden era vicepresidente dell’amministrazione Obama, la posizione di vantaggio del padre per ottenere enormi benefici economici in molte aree del mondo, tra cui l’Ucraina.  Qui, pur non avendo alcun tipo di esperienza o competenza specifica, nel 2014 era riuscito ad entrare nel consiglio di amministrazione della società Burisma, tra le più importanti in Ucraina nel campo delle risorse energetiche.

Nei mesi scorsi, ex pilota dell'esercito ucraino Nadia Savchenko ha realizzato un documentario sui legami tra la famiglia Biden ed i vertici dell'Ucraina post-Maidan. Contattata dalla nostra redazione, Nadia Savchenko ha commentato così la realizzazione del documentario “Ukranian Lives Matter” ed alcuni dei recenti sviluppi della politica ucraina:

“La corruzione esiste in ogni paese, in particolare nelle più alte sfere del potere. Ma personalmente vorrei che questo non accadesse nel mio paese. Il documentario “Ukrainian Lives Matter” mostra come la corruzione in Ucraina sia stata comoda, sia all'allora presidente ucraino Petro Poroshenko, così come all'allora vicepresidente statunitense Joe Biden. Dopo la pubblicazione di inchieste giornalistiche relative alla corruzione legata a Burisma, il documentario ha avuto una grande risonanza sia in Ucraina che all'estero. Gli ucraini hanno avuto la conferma del fatto che l'allora presidente Poroshenko, per accontentare i partner occidentali, avesse alzato il livello delle tariffe addirittura più di quanto non avesse richiesto il Fondo Monetario Internazionale. Purtroppo, gli organi anticorruzione ucraini non hanno voluto indagare in modo imparziale ed obiettivo la corruzione legata a Petro Poroshenko, nemmeno dopo l'inizio dell'era Zelensky. Dopotutto, anche nel presente i paesi occidentali, ed in particolare la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, esercitano una grande influenza sul potere ucraino. La legge “sugli oligarchi”, che è stata approvata dal Verhovna Rada – il parlamento, NdT – ucraina non può eliminare la corruzione, né impedire l'esistenza degli oligarchi in Ucraina.

Le conversazioni e gli accordi tra Hunter Biden e il presidente ucraino Petro Poroshenko sembrano risalire al periodo in cui, nel 2016, si stavano conducendo delle indagini su Burisma dall’allora procuratore generale Viktor Shokin.  Le minacce sulle trattenute delle garanzie di prestito rivolte da Biden a danno del leader ucraino avrebbero accelerato il licenziamento di Shokin.  Il successore di Shokin, Yuriy Lutsenko, ha dichiarato nel 2020 alla BBC che secondo la legge ucraina non ci fosse alcuna necessità di indagare i Biden. Un anno prima, a ridosso delle presidenziali 2020, i legali di Hunter Biden avevano spiegato come il loro assistito avesse intrapreso la carriera di amministratore nel Consiglio d'Amministrazione di Burisma in maniera indipendente, senza alcun tipo di coinvolgimento del padre. Anche se le indagini dei democratici della Camera e del Senato contro Donald Trump sono state archiviate, hanno certamente alimentato comunque un linciaggio politico contro l'ex presidente e hanno contribuito alla sua sconfitta dello scorso anno.

Nel caso in cui le inchieste su Hunter fossero portate avanti, confermando le accuse e coinvolgendo direttamente Joe Biden, l'Ucraina-gate finirebbe per compromettere in modo irreversibile la credibilità dei Biden e di larghi settori del partito democratico.

Come se non bastasse - stando a quanto riportato dal New York Times - una società di investimenti legata ad Hunter Biden nella facilitazione offerta ad alcune società cinesi ad ottenere il controllo di uno dei più grandi giacimenti di cobalto al mondo, situato nella Repubblica democratica del Congo. Tutto lascia intendere che l'isteria repubblicana anticinese non avrà bisogno di essere stimolata per fare di questa vicenda l'ennesimo atto di accusa contro la famiglia Biden.

Trovandosi al centro della resa dei conti repubblicana, presto il caso di Hunter Biden sarà patrimonio anche della cultura di massa. Già da tempo è in preparazione un film diretto da Phelim McAleer intitolato “My son Hunter”, con l'evidente l'intento di evidenziare le  responsabilità di Joe Biden in relazione agli affari del figlio. A confermare le premesse vi è la scelta da parte del regista di affidare un ruolo principale all’interno del film all’attrice Gina Carano, che negli ultimi tempi non ha avuto problemi a schierarsi in favore di Donald Trump, così come a sostenere la sostenere la tesi dei brogli che avrebbero determinato la sconfitta di quest'ultimo durante le elezioni presidenziali del 2020.

Le controverse vicende internazionali di Hunter Biden sembrano insomma avere tutte le carte in regola per dare il colpo di grazia alla figura di Joe Biden ed alla credibilità generale del panorama Dem statunitense.

 

 

 

*Sondaggio condotto Suffolk University/USA TODAY . 1.000 elettori registrati attraverso  telefoni cellulari e fissi dal 3 al 5 novembre. Intervallo di credibilità +/- 3,1 punti percentuali. https://eu.usatoday.com/story/news/politics/2021/11/07/biden-approval-falls-38-midterms-loom-usa-today-suffolk-poll/6320098001/

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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