Detassazione tra premi in bonus e monetizzazione. Non è così che si tutela il potere di acquisto
di Federico Giusti
La riduzione dell’aliquota sostitutiva applicata ai premi di risultato dal 5% all’1% è uno dei pilastri sui quali si regge la Legge di Bilancio 2026 , Ma sono ormai 10 anni che la tassazione agevolata sui premi di risultato è stata introdotta con il sostegno della stessa Cgil. Vogliamo chiederci a cosa sia servita? A rafforzare il secondo livello di contrattazione, il sistema delle deroghe al contratto nazionale, lo scambio diseguale tra porzioni di salario e bonus che poi favoriscono il welfare aziendale.
La tassazione agevolata sui premi di risultato dal 10% venne ridotta al 5% per il 2023, confermata per il 2024 fino ai giorni nostri, oggi il Governo vuole ridurla all'1 per cento per i prossimi due anni alzando il limite massimo agevolabile da 3.000 a 5.000 euro. Quanti sono i benefici reali in busta paga e quali sarebbero i vantaggi derivanti da un aumento dei salari adeguandoli al costo della vita? E per raggiungere quest'ultimo obiettivo quali sarebbero i percorsi necessari? Siamo certi che elevando la conflittualità sindacale e sociale potremmo raggiungere questo risultato? Noi siamo certi che i tagli alle tassazioni non siano una conquista ma una gentil concessione che presto si tramuterà in tagli al welfare. E poi di quale cifre stiamo parlando? Di poche decine di euro, meno di 40 in busta paga con la riduzione dell'aliquota sostitutiva ricordando che il beneficio, irrisorio, riguarda il dipendente e non il datore e per questo arrivano critiche dalle associazioni padronali.
Le critiche di parte sindacale (sigle rappresentative) invece riguardano le difficoltà di convertire in welfare il premio di risultato, il premio di risultato in denaro è soggetto a contributi sociali, mentre il corrispondente importo convertito in welfare ne è esente.
Il Governo dovrà mettere d'accordo padroni e sindacati solidali con il centro destra e direttamente coinvolti nel welfare aziendale, l'intervento fiscale rischia di pregiudicare la conversione del premio in welfare ma resta fuori invece l'argomento dirimente: come si tutela il potere di acquisto dei salari? E in questi anni il welfare aziendale non ha rappresentato un pilastro sui cui costruire la miseria salariale?Siamo aperti al dibattito.

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