Ecuador, l'8 marzo a Quito: Manifestare per se stessi e per chi non c’é

Ecuador, l'8 marzo a Quito: Manifestare per se stessi e per chi non c’é

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di Davide Matrone
 

Per le strade c’erano tanti tamburi e molte biciclette”. Le parole sono pronunciate da una bambina di 5 anni di nome Tamia che a suo modo racconta la manifestazione dell’8 marzo con il suo spirito dell’innocenza infantile e dando, al mondo degli adulti, un messaggio spensierato e gioviale


Cosi comincia la cronaca della giornata di mobilitazione dell’ 8 marzo a Quito. Sono le 17 e c’é un clima di festa in pieno movimento.


Eppure, da festeggiare non ci sarebbe nulla, direbbero molte donne e uomini presenti al corteo. I numeri parlano chiaro. Secondo i dati emanati dall’Associazione Latinoamericana per lo Sviluppo Alternativo (ALDEA) dal 2014 al gennaio del 2019 si sono registrati 624 casi di femmicidi in Ecuador. Si stimando quindi 124 casi ogni anno, cioé 11 casi mensili.


Son tanti, se consideriamo solo quelli emersi e denunciati. Nelle statistiche non figurano peró i casi di violenze sulle donne nei luoghi di lavoro, subiti in casi di scippi, furti, rapine e sequestri.


Gli slogan che si ripetono per le strade sono forti, netti e incisivi. I vari gruppi che compongono la marea verde – viola continuano a denunciare i casi di abusi sessuali, la disparita’ nelle relazioni di potere, le disuguaglianze economiche e sociali presenti nella societa´.


Inoltre, gli studenti e le studentesse delle scuole superiori e delle universita’ distribuiscono volantini nei quali si informa la cittadinanza circa la campagna contro gli abusi sessuali nei luoghi di studio e formazione.


La FESE, l’AFU, il CIR e la Brigada Rosita Paredes – Donne Combattenti da tempo stanno realizzando, in modo capillare, una ricerca nelle istituzioni educative. Vogliono raccogliere, in un libro denuncia, i casi di abusi e molestie sessuali verificatisi nelle scuole. “L’intento e’ raccogliere piu’ casi possibili, scrivere un rapporto – denuncia e depositarlo presso l’Assamblea Nazionale dell’Ecuador” dice Luciana, studentessa universitaria.


Dal 2014 al 2017 si sono denunciati 835 casi di abusi nelle scuole primarie e secondarie. All’Universita’ Centrale (Universita’ statale) ci sarebbero un centinaio di casi di molestie sessuali - raccolti nei rapporti degli studenti – ed esistono solo 9 casi sanzionati dalle autorita’ dell’Accademia.


Chi manifesta e’ dettato da uno spirito di altruismo. Gli ultimi casi di femmicidio (Diana e Martha) hanno scosso la coscienza. Hanno incrementato l’allarme nel paese, hanno attivato la solidarieta’ tra le donne e gli uomini. Se si colpisce una donna, si colpiscono anche le altre, diconoo in tante. Si sente sulla propia pelle la sofferenza di altre donne che vivono le ingiustizie quotidiane.


Son qui per me e per quelle che non ci sono oggi, per quelle che non ci sono piu’, per quelle che rischiano la vita, per quelle che sono sfruttate nei luoghi di lavoro e soprattutto per mia figlia” queste sono alcune parole raccolte durante il corteo. A pronunciarle e’ stata Nicoletta, mamma e lavoratrice, che manifesta con altre madri con figli al seguito.


Le parole pronunciate da Nicoletta mi hanno ricordato il Che e la qualita’ di ogni rivoluzionario che dovrebbe essere sempre in grado di provare, nel profondo, qualsiasi ingiustizia fatta contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo1.


 


foto di Agnés Varda


 


 

1 Borrego, Orlando. (2001). Che, el camino del fuego. Ed. Imagen Contemporánea, La Habana – Cuba.

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