Venezuela, Maduro al contrattacco: «Se Trump mi definisce dittatore per me è un elogio»

Venezuela, Maduro al contrattacco: «Se Trump mi definisce dittatore per me è un elogio»

Il presidente intervistato dal documentarista cileno Marco Enrique Ominami ha inolte spiegato che il Venezuela è «in piena ondata di rinnovamento, di cambiamenti necessari, di costruzione di una nuova società, di un nuovo modello sociale e, soprattutto, una nuova economia»

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di Fabrizio Verde
 

Il presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolas Maduro Moros, intervistato dal documentarista cileno Marco Enrique Ominami, ha risposto all’accusa più frequente che gli viene rivolta. Ossia quella di essere un dittatore che ha spento ogni forma di dissenso nel paese. 

 

«Affermare che sono un dittatore significa che in Venezuela c’è una dittatura e questa è una tremenda sottovalutazione dei valori democratici, di rivolta repubblicana di un popolo che ha 200 anni di lotta e che non ha mai accettato tiranni nel XIX secolo così come nel XX», ha dichiarato l’erede politico del Comandante Hugo Chavez. 

 

Nel corso dell’intervista trasmessa dall’emittente Venezolana de Televisión, Maduro ha inoltre spiegato che il popolo venezuelano possiede profondi valori democratici e che lui è parte integrante di quel popolo. «La mia educazione, i miei valori provengono da questo popolo della lotta sindacale, della lotta di quartiere, di lotta studentesca, abbiamo forgiato il nostro spirito nella lotta delle idee, la nostra capacità politica testata nelle tornate elettorali, nei centri studenteschi, nei sindacati dove abbiamo trovato vittorie e sconfitte». 

 

A chi continua a definire come antidemocratico il Venezuela, Maduro ha ricordato che dal 1998 sono stati celebrati ben 24 processi elettorali. «Dal 1998 al 2018 abbiamo avuto 24 elezioni e le forze della rivoluzione hanno vinto 22 volte tra cui presidenziali, regionali, municipali, incluso un referendum revocatorio, e referendum consultivi». 

 

Poi ancora sull’accusa di essere un dittatore, Maduro usa parola chiare: «Io so chi sono, conosco il nostro popolo e dove voglio andare, ho fiducia assoluta nella storia del Venezuela, in ogni caso dicano quel che vogliono. Chi mi accusa? Se Donald Trump mi definisce un dittatore per me è un elogio». 

 

Leadership coesa

 

Quelli appena trascorsi sono stati anni molto difficili per la Rivoluzione Bolivariana stretta tra la guerra economica promossa dall’estero e le manovre golpista ordite dall’opposizione sul fronte interno. In ogni caso la leadership politica venezuelana è riuscita a rimanere coesa: «Abbiamo mantenuto unità e coesione nello Stato Maggiore che ci ha lasciato il comandante Hugo Chavez, abbiamo mantenuto coesione il comando politico-militare, abbiamo unito tutte le forze politiche della Rivoluzione».

 

Oltre ad aver mostrato che la Rivoluzione Bolivariana mantiene intatta la vitalità che l’ha contrassegnata sin dal suo nascere: «Abbiamo creato nuove forze politiche, nuovi movimenti politici, nuovi movimenti sociali in una dinamica di espansione. Se non fosse stato così oggi non avremmo il 55% nelle intenzioni di voto». 

 

Si tratta di dinamiche molto chiare. Che inviano messaggi abbastanza comprensibili da leggere. Tranne per quei media a livello internazionale che lavorano senza soluzione di continuità per screditare il governo venezuelano al di favorire una sua eventuale caduta. 

 

A tal proposito basta guardare in Italia come è stata commentata una semplice dichiarazione rilasciata dal capo politico di Potere al Popolo, Viola Carofalo, al quotidiano argentino Pagina 12, dove l’esponente del nuovo partito di sinistra affermava di trovare nel Venezuela la sua principale fonte di ispirazione. Immediatamente sono comparsi i pasdaran imperiali de ‘Il Foglio’ a bacchettare la carotalo rea di aver indicato come ‘modello’ il reprobo Maduro. 

 

A ragion veduta visto che in Venezuela il potere appartiene al popolo. In maniera sostanziale e non solo formale come avviene in quelle che vengono pomposamente definite ‘democrazie occidentali’. Ma è noto che per ‘Il Foglio’ così come per i liberal de ‘Il Post’ (anche loro pronti a sbeffeggiare Carofalo) quel che conta è il piano formale. Nonostante il Venezuela rientri nel novero delle cosiddette democrazie sul piano formale così come su quello sostanziale. 

 

Rinnovare la speranza 

 

Il presidente ha poi spiegato che il Venezuela si appresta ad entrare in una fase di rinnovamento della speranza, dei piani e delle politiche per la costruzione di un nuovo modello sociale ed economico in continuità con l’eredità del comandante Hugo Chavez. 

 

«Siamo in piena ondata di rinnovamento, di cambiamenti necessari, di costruzione di una nuova società, di un nuovo modello sociale e, soprattutto, una nuova economia». 

 

Economia. Questa è la parola chiave. Visto che la sfida del governo consiste nel costruire un nuovo modello di gestione per la diversificazione economica, mirante a regolarizzare le catene di produzione, distribuzione e commercializzazione. Con il Venezuela che entra ufficialmente nell’era post-petrolifera con nuove fonti di ricchezza. Una di queste potrebbe essere il Petro. La criptomoneta lanciata dal governo che nei primi giorni di prevendita ha già fatto segnare un successo che va oltre ogni più rosea aspettativa. L’economia venezuelana, però, resterà sempre al servizio dell’uomo. 

 

Alcuni dati positivi nonostante le difficoltà 

 

Maduro ha evidenziato che nonostante le condizioni non buone dell’economia il Venezuela ha chiuso il 2017 con il 94% di occupazione, di cui il 90% formale e protetto con aumenti salariali periodici, oltre al sistema di protezione della famiglia attraverso Misiones e Grandes Misiones, senza le quali «la brutale inflazione indotta in Venezuela avrebbe provocato danni gravi alla vita sociale della popolazione». 

 

Il capo dello Stato ha inoltre segnalato che un altro fianco dell'attacco economico è quello dell'accesso al cibo, protetto dai Comitati Locali per l’Approvvigionamento e la Produzione (Clap), che forniscono a sei milioni di famiglie prodotti a prezzo equo ogni 21 giorni.

 

Senza dimenticare gli attacchi e i sabotaggi sul piano sanitario dove il Venezuela trova difficoltà nell’acquistare i medicinali dall’estero a causa delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti. A riprova che queste vanno solo a colpire la popolazione. 

 

Attacchi mediatici

 

Gli attacchi mediatici sono una costante nella storia della Rivoluzione Bolivariana. Tuttavia Maduro ha ricordato che il Venezuela può contare sul sostegno di molti che sono a conoscenza del lignaggio mediatico a cui è sottoposto il governo di Caracas senza soluzione di continuità. A reti unificate. 

 

«Possiamo contare sull’amore e la solidarietà di tante persone nel mondo, che vanno oltre quel che si vede attraverso i media internazionali», ha spiegato Maduro.

 

Infine, il presidente si augura che «l’opposizione non commetta il deplorevole errore di astenersi, perché sono sicuro che il 22 di aprile in Venezuela ci sarà una festa elettorale, una festa del popolo. Sarà l’elezione numero 25 in 18 anni e sono sicuro che ci avviamo verso la vittoria numero 23».

 

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