Frei Betto, "Non posso respirare". Le ultime parole di George Floyd si adattano anche al Brasile

Frei Betto, "Non posso respirare". Le ultime parole di George Floyd si adattano anche al Brasile

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LA DENUNCIA DI FREI BETTO
 
Stamattina ho letto questo grido di disperazione per bocca di Frei Betto che viene dal Brasile e che documenta quanto spesso nel mondo succedano tragedie enormi e crudeli nel disinteresse e nel quasi silenzio generale.
Tutto questo finché non arriva un Frei Betto, teologo della Liberazione, voce critica di quel continente, che non si sente più capace di sopportare o di tenere solo per se stesso la situazione.

“Una parte del mondo non può continuare a ignorare, per quieto vivere, qualunque angheria, qualunque crudeltà imposta dell’economia neoliberale”.

Successe anni fa con Hitler…

Frei Betto, un religioso, ha sentito per primo che quando si arriva al grado di crudeltà che prospera attualmente in Brasile, si ha tutti il dovere (non la possibilità, il dovere) di urlarlo al mondo specie per le morti e le conseguenze che sta procurando.
Per questo, dopo avere avuto conferma di cosa sta succedendo, ho sentito il dovere di sostenere Frei Betto in questa denuncia e di far sapere al mondo l’inferno in cui sta precipitando il Brasile.

Non so se servirà, ma è etico farlo.

  
Gianni Minà
 

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di Frei Betto*


Sono state le ultime parole di George Floyd: “non posso respirare”.

Neanch’io.

Non posso respirare in questo Brasile  gettato nell’ingovernabilità da militari che minacciano le istituzioni democratiche e esaltano il golpe del 1964, che ha instaurato 21 anni di dittatura; lodano torturatori e miliziani, praticano scambi di favori, un “ prendi là - dammi qua”, con i famigerati politici corrotti dell’ala centrista; imitano in modo ostentato i nazisti; danneggiano simboli ebraici; complottano in riunioni ministeriali per agire in contrasto con la legge; usano parolacce negli incontri ufficiali come se fossero in un covo di gente di malaffare; prendono in giro chi osserva i protocolli di prevenzione della pandemia e scendono in strada indifferenti ai 30.000 morti e alle loro famiglie come per festeggiare una così grande mortalità.


“Non posso respirare” quando vedo la democrazia asfissiata; la Polizia Militare che protegge i neofascisti e attacca chi difende la democrazia; il presidente più interessato a rendere disponibili armi e munizioni più che risorse per combattere la pandemia; il Ministero dell’Educazione diretto da un semianalfabeta che minaccia di replicare “la notte dei cristalli” dei nazisti, afferma pubblicamente di odiare i popoli indigeni e propone di imprigionare i “vagabondi” del Supremo Tribunale Federale.
 

“Non posso respirare” nel vedere i comandanti delle Forze Armate restare in silenzio davanti a un presidente squilibrato che non nasconde di avere come priorità di governo la sicurezza propria e dei suoi figli, tutti sospettati di crimini gravi e di complicità con assassini professionisti.

“Non posso respirare” davanti all’inerzia dei partiti cosiddetti progressisti, mentre la società civile si mobilita in potenti manifestazioni di indignazione e per la difesa della democrazia.
 
"Non riesco a respirare" di fronte a questa comunità imprenditoriale che, con l’occhio ai profitti e indifferente alle vittime della pandemia, preme per l'immediata apertura dei suoi affari, mentre i letti d'ospedale sono pieni e le tombe raso terra si moltiplicano nei cimiteri come gengive sdentate di Tanatos.

"Non riesco a respirare" quando, in Brasile e negli Stati Uniti, i cittadini vengono picchiati, arrestati, torturati e assassinati per il "crimine" di essere neri e, quindi, "sospetti". Mi manca il fiato quando vedo João Pedro, un ragazzo di 14 anni, che perde la vita in casa sua, colpito alla schiena da un fucile mentre gioca con gli amici. O i fattorini dei pacchi che vengono assassinati da agenti di polizia che ci considerano imbecilli nel provare a cercare una spiegazione per la morte di così tanti civili inermi.
 
"Non riesco a respirare" quando penso che il crimine barbaro commesso contro George Floyd si ripete ogni giorno e rimane impunito per non avere una macchina fotografica in grado di cogliere in flagrante simili omicidi. O nel vedere Trump, dall’alto della sua arroganza, reagire alle proteste anti-razziste minacciando di ridurre al silenzio i manifestanti con l’accusa di terrorismo e con l'intervento dell'esercito.
 
Come posso dare ossigeno alla mia cittadinanza, al mio spirito democratico, alla mia tolleranza, nel vedermi circondato da imitatori del Ku Klux Klan; generali che si improvvisano ministri della salute nel pieno di una tragedia sanitaria; manifestanti che infrangono, impuniti, la legge sulla sicurezza nazionale; e la Borsa che sale, mentre migliaia di bare scendono nelle tombe che accolgono le vittime della pandemia?

Ho bisogno di respirare! Non lasciare che soffochino la società civile, i media, la libertà di espressione, l'arte, i diritti civili, il futuro di questa generazione condannata a vivere in questo presente nefasto.
 
Respiro però quando leggo quello che lo stilista Marc Jacobs ha postato su Instagram dopo che uno dei suoi negozi è stato distrutto dalle proteste a Los Angeles: "Non lasciate mai che vi convincano che i vetri rotti o i saccheggi sono violenza. La fame è violenza. Vivere per strada è violenza. La guerra è violenza. Bombardare la gente è violenza.  Il razzismo è violenza. La supremazia bianca è violenza. L’assenza di assistenza sanitaria è violenza. La povertà è violenza. Contaminare le fonti d'acqua per il profitto è violenza. Una proprietà può essere recuperata, le vite no".
 
Faccio miei i versi di Cora Coralina: voglio "più speranza nei miei passi che tristezza nelle spalle".

 
*Frei Betto è uno scrittore, autore tra l'altro del romanzo storico "Minas de Ouro" (Rocco). Sito web: www.freibetto.org. Twitter: @freibetto
 

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