Giornalista, donna e ebrea. Ma la sua censura non indigna l'occidente
Donna, ebrea, giovane giornalista di fatto censurata. La vicenda di Emily Wilder avrebbe dovuto far facilmente breccia sui media mainstream italiani. Invece no. Il licenziamento di Emily Wilder per un tweet pro-Palestina da parte dell’agenzia di stampa statunitense Associated Press non sembra interessare al circuito mediatico italiano. Strano perché la vicenda di una giovane giornalista ebrea censurata dovrebbe far rumore.
Ma Emily ha scelto quella che per loro è la parte sbagliata. La giovane giornalista aveva recentemente scritto su Twitter: “Usare ‘Israele’ ma mai ‘Palestina’ o ‘guerra’ ma non ‘assedio e occupazione’ sono scelte politiche". In riferimento all’ipocrisia mediatica mainstream riguardo la copertura degli eventi in Palestina.
Poche parole capaci di far crollare una narrazione mediatica dei media dominanti tutta volta a ribaltare la reale situazione. Emily ha avuto addirittura l’ardire di contestare questa condotta e schierarsi apertamente con chi i media hanno dipinto come il cattivo. Il popolo palestinese.
Quindi nessuna solidarietà o campagna a favore di Emily Wilder. Non merita per questo di ricevere alcuna solidarietà. Ha scelto la parte sbagliata, quella contro cui il circuito mainstream combatte. Tale postura dovrebbe aiutarci ulteriormente a comprendere quanto siano strumentali determinate battaglie cavalcate dai media di regime su libertà di stampa o espressione, ditti umani o delle minoranze. Tutti diritti che vanno difesi e reclamati solo quando fanno comodo all’agenda liberal/imperialista. La vicenda di Emily Wilder ce lo conferma senza alcun dubbio.
La redazione de l’AntiDiplomatico esprime piena solidarietà alla collega Emily Wilder e chiede a gran voce che torni al più presto a poter svolgere il proprio lavoro. Il giornalismo ha bisogno di donne come lei.