I 13 anni di fake news che hanno distrutto la Siria in unico libro!

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I 13 anni di fake news che hanno distrutto la Siria in unico libro!



di Francesco Santoianni



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In Siria, a differenza di altre aggressioni durate qualche settimana, ci sono voluti ben tredici anni per imporre un regime change. Tredici anni costellati da feroci sanzioni, tagliagole al soldo dell’Occidente e, soprattutto, innumerevoli fake news create, oltre che da blasonate agenzie di pubbliche relazioni (quali Bell Pottinger, The Rendon Group, Lincoln Group, Leo Burnett Worldwide, Campbell-Ewald…), da ONG finanziate da governi occidentali e riprese supinamente dai media.

Dal 2016 mi occupo sull’Antidiplomatico di fake news, soprattutto quelle inerenti la Siria e, dopo la sua capitolazione, avendo intenzione di scrivere un instant-book su queste, cercavo su Internet vecchie notizie sulle gesta dell’attuale capo della Siria, il jaidista al-Jawlani scoprendo che quasi tutti gli articoli sui suoi crimini e, persino la pagina dell’FBI sulla taglia di dieci milioni di dollari erano scomparsi dalla Rete (in alcuni casi, anche dal benemerito sito Archive.org).  Ci sarebbe, quindi, da emendare la frase del filosofo greco Democrito “Solo una cosa è negata agli dei: cambiare il passato” ricordando che questo privilegio ora, con un click, è permesso ai Signori della Notizia e della Guerra.

Con qualche ritardo per le difficoltà nel trovare le fonti, il libro, “Syrian Fake News: tredici anni di menzogne che hanno distrutto la Siria” comunque, è stato pubblicato  (potete già ordinarlo in libreria o acquistarlo on line) e, tradotto in inglese e francese sarà presentato il 5 aprile a Tunisi nell’iniziativa “Per la sovranità dei popoli – Solidarietà alla Siria”. In calce a questo articolo un flipbook per sfogliare le pagine del libro; qui di seguito uno stralcio di un capitolo del libro che svela l’impostura del più celebrato “debunker” italiano (il nome scopritelo nella linkografia).

 

Il “soldato nano di Assad” e il debunking di regime

E ora occupiamoci dei “debunkers” e cioè persone che si occupano di sbugiardare le fake news. Una attività certamente meritoria se non fosse che oggi i celebrati “debunker”, per lo più, si limitano a far censurare sui social articoli scomodi all’establishment e a delegittimare chi cerca di fare controinformazione. Su questo ultimo punto, mi sia concesso citare una esperienza personale.

Anni fa, con un post su Facebook, segnalai la decapitazione di un adolescente palestinese in Siria da parte di miliziani del gruppo Nour al-Din al-Zinki, (inglobata nel cosiddetto Esercito siriano libero, foraggiato dall’Occidente e dalle petromonarchie) che lo ritenevano un informatore del governo di Damasco. Questo crimine mi era stato comunicato da un amico siriano con l’invio di alcuni articoli in lingua araba (che avevo tradotto automaticamente usando internet). La storia lì raccontata mi sembrava verosimile e a convincermi della sua attendibilità fu un video (linkato negli articoli che mi erano stati inviati) prodotto dai terroristi, postato e successivamente cancellato da Youtube, che ero riuscito a recuperare da un collega francese (si occupava di fake news sul benemerito sito Investig’Action) il quale aveva pensato bene di scaricarlo subito sul suo computer.

Pubblicato il post, me ne sarei ben presto dimenticato se la storia del ragazzino decapitato dai terroristi non fosse stata additata come una fake news nel sito (qui, ad ogni fine, lo screenshoot dell’articolo) di colui che, ancora oggi, viene considerato in Italia il più insigne debunker, il quale rivelava che non si trattava affatto di un adolescente bensì, di un “soldato nano di Assad”. Affermazione sbalorditiva (ma da quando in qua i nani vengono arruolati negli eserciti?) che il debunker pretendeva di attestare pubblicando, senza nessun link di riferimento: lo screenshoot di una improbabile dichiarazione, in lingua inglese, dei “genitori del soldato siriano identificato come un ragazzino” secondo i quali il figlio era un nano “in quanto affetto da Talassemia”; un altrettanto improbabile tesserino dell’esercito siriano e pessimi fotomontaggi nei quali il viso del ragazzo era appiccicato su quello di una persona, tra l’altro, non  in divisa;  il comunicato del gruppo Nour al-Din al-Zinki che si scusava dell’accaduto.

E perché mai Nour al-Din al-Zinki si scusava dell’accaduto, considerando le innumerevoli decapitazioni di soldati siriani compiute da questo gruppo? Per aver decapitato un soldato nano?

 

 

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