Intanto dal 14 giugno metà della flotta russa è fuori dai porti: allarme o routine?

Intanto dal 14 giugno metà della flotta russa è fuori dai porti: allarme o routine?

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di Fabrizio Poggi


Pare che il 14 giugno, contemporaneamente al fischio d'inizio del mondiale di calcio a Mosca, metà della flotta russa abbia preso il mare.
 

Stando a topcor.ru, sono state messe in stato di “elevata efficienza bellica” o, per dirla in termini popolari, sul piede di guerra, le flotte dei mari Nero e d'Azov.  Contemporaneamente, nel mar di Barents, ha preso il via il maggior concentramento della flotta del Nord mai visto nell'ultimo decennio: 36 vascelli di superficie e subacquei e due dozzine di unità dell'aviazione di marina. Analoga storia per il concentramento non programmato della flotta del Pacifico, pur se con l'obiettivo ufficiale di esercitazioni nei mari del Giappone e di Okhot: anche qui, con la partecipazione di aviazione di marina, esercito e forze di Difesa antiaerea.
 

Far uscire in mare, contemporaneamente, così tante forze, non è cosa che si usi fare ogni giorno, così, tanto per fare crociera, in nessuna flotta del mondo. Ci devono essere motivi più che validi di preoccupazione, per non lasciare le unità in banchina. Evidentemente, a Mosca sono reali i timori di provocazioni, mentre l'attenzione mondiale è concentrata sugli avvenimenti sportivi, tanto più che gli esempi recenti non mancano: l'attacco georgiano all'Ossetia meridionale la notte stessa dell'inizio delle Olimpiadi in Cina, nell'agosto 2008, o il golpe neonazista in Ucraina durante le Olimpiadi invernali a So?i, nel febbraio 2014.
 

Tra l'altro, i timori non si riferiscono ai soli precedenti storici: da diverso tempo Kiev minaccia lo scontro con i vascelli russi nel mar Nero e ormai da due mesi sta concentrando sempre più uomini e mezzi corazzati lungo la linea di demarcazione con le Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk: non a caso, Donbass e Crimea sono i due punti da cui è difficile distogliere la vigilanza. Tra le ultimissime notizie, l'intelligence militare della LNR ha segnalato l'arrivo tre giorni fa a Orekhovo, zona di operazioni della 14° brigata meccanizzata ucraina, di 6 unità di artiglieria semovente 2S1 “Gvozdika” e, contemporaneamente, di un convoglio con 10 unità di obici semoventi 2S3 “Akatsija” da 152 mm alla stazione di Rubežnoe, un centinaio di km a nordovest di Lugansk.
 

Ovviamente, nota topcor.ru, se l'allerta nelle acque meridionali è indice di una reale preoccupazione per eventuali sfide lanciate dalla junta golpista, l'uscita in mare delle squadre nei bacini del Nord e del Pacifico, serve a dimostrare le nuove capacità belliche degli incrociatori lanciamissili e dei sommergibili atomici, con i lanci sperimentali del nuovissimo missile “Tsirkon”, da un lato ai paesi della NATO e, dall'altro, a USA e loro alleati orientali.
 

Proprio a nord, stando a The National Interest, la Norvegia  “ha chiesto” agli Stati Uniti di raddoppiare il loro contingente nel paese. Vero è che, nota Infopolk.ru, si tratta appena di passare da 330 a 700 uomini, che però, a differenza dell'attuale dislocamento nella parte centrale del paese, verrebbero trasferiti nell'estremo nord, a soli 400 km dalla regione di Murmansk. Soprattutto, ciò che preoccupa Mosca, è il fatto che la “richiesta” norvegese segua l'analoga domanda di Polonia, Paesi baltici, Romania e altri paesi del fianco  orientale della NATO, di aumentare la presenza dell'Alleanza atlantica, in particolare statunitense, sui propri territori. Se a ciò si aggiungono le manovre militari continue USA-NATO nelle immediate vicinanze dei confini russi, tanto a nord – nell'area del Baltico: “Saber Strike18”, “Baltops”, “Fulmine di Perkunas”, “Solid cobalt”, con la partecipazione, complessivamente, di circa trentamila uomini di due decine di paesi NATO; poi, nelle aree centrali e settentrionali della Norvegia sono in programma per ottobre le “Trident Juncture-18”, con trentacinquemila soldati, 70 unità navali e 130 aerei – quanto a sud, nel mar Nero, a brevissima distanza dalla base di Sebastopoli, il quadro si fa come minimo impressionante. Tanto che la stessa The National Interest si chiede retoricamente se “davvero i russi si sbaglino ancora una volta, come è stato a suo tempo per Bosnia e Kosovo, a considerare tutte queste manovre una provocazione e una minaccia”. Il proseguimento di tale condotta, scrive, e “la cinica negazione delle intenzioni ostili” della NATO, possono facilmente “portare a calcoli errati e spaventosi confronti".
 

Per quanto riguarda le mosse dei golpisti di Kiev, dalla Crimea lanciano l'allarme sul concentramento di aviazione da combattimento ucraina nell'area del mar d'Azov; ma le parole pronunciate da Vladimir Putin lo scorso 7 giugno non dovrebbero lasciar dubbi sul tipo di risposta che Mosca sarebbe prontissima a dare in caso di una riedizione ucraina di quanto tentato dalla Georgia nel 2008. Se Mikhail Saakašvili attaccò l'Ossetia, con il benestare di George Bush (ma sicuro dell'intervento USA a suo fianco, che poi non arrivò) oggi Petro Porošenko dovrebbe riflettere sia sulle possibili mosse di Donald Trump, sia sulle parole del suo consigliere ed ex segretario generale NATO Fog Rasmussen sia, non foss'altro, da oligarca qual è, anche su tutte le proprie attività industriali e commerciali che tuttora prosperano in Russia. D'altronde, come scrive Svobodnaja Pressa, se, aggirando Porošenko, qualcuno dei gerarchi volesse arrivare alla provocazione armata contro il Donbass o la Crimea, c'è comunque da considerare che Kiev non ha oggi alcuna autonoma politica estera: tutto può dipendere dagli ordini che arriveranno da fuori. 
 

In ogni caso, secondo Sergej Ishchenko, Kiev ha provveduto alla redislocazione di forti batterie costiere e forze di fanteria motorizzata dalla regione di Odessa in quella di Mariupol, insieme a batterie S-300PS per razzi 5V55R, che non servono certo alla guerra nel Donbass, dato che DNR e LNR non dispongono di aviazione militare. Se Mosca trasferisce un paio di motovedette corazzate dal Caspio al mar Nero, dice ancora Ishchenko, Kiev sbraita che si prepara un attacco russo contro Mariupol e Berdyansk. Se a inizio giugno, forze congiunte di fanteria di marina, reparti speciali, forze antiaeree delle regioni di Stavropol e Krasnodar, appoggiate da una ventina di caccia Su-25SM, hanno condotto esercitazioni nell'area della Crimea, ecco che Kiev grida ovviamente contro i “moskali” che stanno concentrando forze per uno sbarco su Mariupol.
 

A Mosca, qualche osservatore nota che proprio ora, a poca distanza di tempo dall'immagine positiva strappata a Singapore e mentre è in atto il confronto con Germania e Cina, difficilmente Donald Trump vorrà rischiare di invischiare gli USA in una pericolosissima partita armata contro Mosca, per interposta Ucraina. Ma chi può escludere che qualcuno, a Washington, non azzardi proprio la carta della junta neonazista per colpire, a un colpo, Vladimir Vladimirovic e Donald John?

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