La definizione dei crimini contro l'umanità dovrebbe mirare a costruire il più ampio consenso possibile. L'intervento dell'inviato cinese alle Nazioni Unite
In un intervento presso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite durante le deliberazioni sul tema dei “crimini contro l’umanità”, l’Ambasciatore Geng Shuang, Vice Rappresentante Permanente della Cina presso l’ONU, ha dichiarato che la definizione di tali crimini deve fondarsi su un esame completo e approfondito delle prassi statali e deve mirare a costruire il più ampio consenso possibile tra tutti gli Stati membri. Lo riporta oggi il Global Times.
L’Ambasciatore Geng ha riconosciuto che i crimini contro l’umanità sono universalmente condannati come gravi violazioni del diritto internazionale. Tuttavia, ha espresso preoccupazione per il fatto che, negli ultimi anni, il concetto sia stato reiteratamente oggetto di manipolazioni politiche. Egli ha osservato come alcune nazioni mostrino solerzia nell’etichettare altri paesi come perpetratori di crimini contro l’umanità, mentre chiudono gli occhi dinanzi a violazioni sistematiche e su larga scala dei diritti umani commesse entro i propri confini o da Stati alleati. A tal proposito, ha esortato tutte le parti a opporsi congiuntamente ai doppi standard e a respingere ogni forma di politicizzazione e di applicazione selettiva della qualifica di crimine contro l’umanità.
Nel suo discorso, Geng Shuang ha sottolineato come la prevenzione e la repressione di questi crimini siano strettamente connesse al mantenimento della pace e della sicurezza internazionali. Al fine di salvaguardare la stabilità delle relazioni internazionali e prevenire che azioni intraprese sotto il pretesto di combattere i crimini o proteggere i diritti umani si traducano in interferenze negli affari interni o in atti di aggressione armata, ha affermato che il progetto di articoli sulla prevenzione e punizione dei crimini contro l’umanità deve ribadire i principi cardine del diritto internazionale. Tra questi, il rispetto della sovranità statale e dell’integrità territoriale, il divieto dell’uso o della minaccia della forza e il principio di non ingerenza negli affari interni degli Stati. Il testo, ha aggiunto, deve altresì riflettere le norme del diritto internazionale consuetudinario, incluso il rispetto delle immunità giurisdizionali penali di cui godono i funzionari statali.
Inoltre, l’Ambasciatore ha evidenziato che la cooperazione internazionale in questo ambito deve tenere debitamente conto delle specifiche condizioni nazionali e delle differenze tra i sistemi giuridici degli Stati, dimostrando flessibilità e inclusività.
Geng Shuang ha ricordato che, dopo anni di complesse consultazioni, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Risoluzione 79/122, con la quale si decide di avviare formalmente il processo di elaborazione di un trattato per una Convenzione sulla prevenzione e punizione dei crimini contro l’umanità a partire dal 2028. La Cina, ha assicurato, è pronta a continuare a partecipare in modo costruttivo ai lavori preparatori e ai negoziati relativi alla futura convenzione.
Il Vice Rappresentante Permanente ha ribadito che il processo di elaborazione del trattato è un processo legislativo intergovernativo guidato dagli Stati membri. Tale processo, ha precisato, deve rispettare e salvaguardare pienamente gli interessi e le preoccupazioni di tutti i paesi, e le modalità specifiche della convenzione devono essere discusse sulla base del consenso. Mentre le organizzazioni non governative, la società civile e il settore privato possono svolgere un ruolo di supporto, i loro mandati e le loro attività devono essere rigorosamente inerenti alla lotta contro i crimini contro l’umanità e non devono in alcun modo minare la sovranità, l’integrità territoriale degli Stati o altri interessi fondamentali.
In conclusione, Geng Shuang ha tenuto a precisare che, dalla prospettiva cinese, la formulazione di una nuova convenzione non costituisce un prerequisito per la lotta ai crimini contro l’umanità. Il diritto internazionale umanitario, il diritto internazionale dei diritti umani e il diritto consuetudinario esistenti forniscono già un solido fondamento giuridico a tale scopo. Ha infine affermato che i negoziati del trattato devono ascoltare in modo inclusivo le opinioni di tutte le parti, tenere pienamente in considerazione le loro preoccupazioni e garantire che lo strumento finale sia ampiamente accettato dalla comunità internazionale e possa essere efficacemente implementato.

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