L'analista militare Usa che su Newsweek smonta la propaganda su Bucha

L'analista militare Usa che su Newsweek smonta la propaganda su Bucha

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È difficile trovare sui media mainstream report di guerra che contraddicano la narrativa dominante in Occidente. Così l’articolo apparso su Newsweek firmato da William M. Arkin è un’inattesa sorpresa.

La nota riguardagli gli asseriti – per ora – crimini di guerra russi consumati nella guerra ucraina e per raccontarli il cronista interpella un funzionario della Defense Intelligence Agency, la Dia (l’intelligence dell’esercito americano, quella che ha maggiori informazioni sul campo di battaglia), il quale trae le sue conclusioni dalle “analisi d’intelligence”, cioè dai documenti riservati in mano alla Difesa.

Sugli asseriti crimini di Bucha l’analista (che per ovvia prudenza ha chiesto l’anonimato) ammonisce a non dimenticare che in quella città si è svolto uno scontro di 36 giorni tra nemici di “pari” forza e che non sono stati solo i russi a colpire la città, ma anche la parte avversa quando essa era preda dei russi, dal momento che Bucha è stata “letteralmente contesa” dai i due eserciti. Così che “convogli e le postazioni russe all’interno della città sono stati attaccati dagli ucraini e viceversa”. Insomma, le devastazioni non sono attribuibili ai soli russi.

Nulla dice delle esecuzioni sommarie avvenute in città, delle quali l’Occidente accusa i russi. L’analista della Dia dice solo che tali atrocità hanno “congelato i negoziati e creato una visione distorta della guerra“. Il neretto è nostro e vuole sottolineare l’importanza di quest’ultima considerazione, alquanto sibillina, che va letta insieme alla prima, cioè che il clamore suscitato dalla vicenda Bucha aveva come scopo criminalizzare la Russia e congelare i negoziati…

Già, criminalizzare la Russia: prima di Bucha, l’invasione era raccontata come una guerra illegittima, causa di morte e devastazione, che però, sebbene inaccettabile, poteva ancora essere equiparata ad altre. Poi c’è una guerra post Bucha, dove il focus non è più sulle tragedie della guerra, ma sui crimini di guerra, veri o falsi che siano, dei russi.

“Visione distorta” vuol dire che si tratta di propaganda che, partendo da tragedie reali, proprie di tutte le guerre, le enfatizza e ne inventa di nuove, distorcendo, appunto, quanto sta accadendo.

Così, infatti, su Newsweek: “Alla domanda se Bucha e Kramatorsk  [la strage alla stazione ferroviaria ndr] siano crimini di guerra, il funzionario dice la decisione su tali avvenimenti spetta ai tribunali”.

Ma fa un commento più che significativo: l’acuta drammatizzazione di tali eventi serve a “creare indignazione nel popolo ucraino e motivarlo al sacrificio e per spronare l’interesse in declino dell’opinione pubblica degli Stati Uniti, così che continui a preoccuparsi” di quanto accade nella lontana Europa, legittimando l’invio di armi e quanto altro.

“Non voglio giustificare neanche per un secondo i crimini di guerra della Russia, né dimenticare che essa ha invaso il Paese”, afferma il funzionario della Dia. “Ma il numero reale dei morti non è certo da genocidio. Se la Russia avesse questo obiettivo o stesse uccidendo intenzionalmente i civili, vedremmo molto più dello 0,01% di vittime [registrate] in posti come Bucha”.

La maggior parte delle vittime civili si deve agli scontri tra gli opposti eserciti, continua l’analista della Dia. Infatti, “a Bucha come nelle città circostanti, Irpin e Hostomel, si sono verificati intensi combattimenti a terra che hanno coinvolto quasi 20 battaglioni di gruppi tattici”.

E si deve alle tattiche di guerra dei russi, che usano accompagnare le loro operazioni con un intenso fuoco di artiglieria (che gli americani usano meno, optando per una maggior copertura aerea – aerei, droni, elicotteri – che ha effetti simili se non più devastanti).

A conferma che certe enormità non registrano affatto la realtà, ma sono propaganda, quanto hanno comunicato le Nazioni Unite: “Lunedì, l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha dichiarato di aver registrato 1.793 morti e 2.439 feriti tra civili in tutta l’Ucraina dall’inizio della guerra (24 febbraio)”.

È più che probabile che tale conteggio sia deficitario, ma è pur vero che le fonti americane e ucraine sono di parte, ed è legittimo reputare (anche in base alle considerazioni dell’analista), che alzare tale numero al parossismo sia parte di un’opera di propaganda atta a demonizzare ancor più l’invasore.

“È brutto”, dice il funzionario della DIA. “E non voglio dire che quanto sta accadendo non sia un male. Ma non posso fare a meno di sottolineare che al di là del clamore, non stiamo osservando con chiarezza la guerra”.

“Dove ci sono stati intensi combattimenti a terra e si è creta una situazione di stallo tra le forze ucraine e quelle russe, la distruzione è quasi totale. Ma in termini di danni effettivi a Kiev o in altre città al di fuori della zona di guerra, e per quanto riguarda il numero complessivo delle vittime civili, le prove contraddicono la narrativa dominante“.

“Non sto sostenendo che non ci siano crimini di guerra – prosegue l’analista -, ma solo perché vediamo immagini terribili, non significa che ci siano… sempre [dei crimini]”. E ancora: “Il funzionario afferma che è pericoloso attribuire una o anche più tombe e immagini di disastri civili alla barbarie russa piuttosto che limitarsi a essere realisti riguardo le usuali devastazioni” proprie di ogni guerra.

Questa la conclusione dell’articolo: “Il funzionario teme anche che attribuire le devastazioni solo alla condotta dei russi, piuttosto che alla guerra stessa, possa creare pericoli futuri. ‘Se diamo la colpa a Putin di tutti i danni, come se lo avesse ordinato e [immaginiamo] che tutto che tutto sia dovuto esclusivamente ai crimini di guerra russi, andremo via dall’Ucraina l’illusione che la guerra moderna possa essere combattuta in modo più pulito, che la guerra in Ucraina è un’anomalia creata esclusivamente dal comportamento della Russia. Questa guerra sta solo dimostrando quanto è distruttiva una qualsiasi guerra di tale portata“.

Al di là delle sorprendenti parole dell’analista, a cui forse da domani sarà data la caccia, e al di là della sorpresa di trovare simili analisi sul più importante settimanale americano, che magari da domani subirà qualche pressione indebita, val la pena riprendere un’altra nota, nella quale spiegavamo che un’analisi assimilabile a questa, sempre di fonte anonima e sempre della Difesa, sembrava indicare che ci fosse una qualche dialettica in seno all’amministrazione Usa, tra il Dipartimento di Stato, che spinge per una guerra contro la Russia, e il Pentagono (che sa meglio di certi apprendisti stregoni cos’è una guerra), che invece frena.

L’articolo di Arkin sembra confermare tale conclusione. E tale dialettica alimenta la speranza che certe follie siano trattenute.

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