Lo strano caso dello swap che favorisce le banche tedesche. Pino Cabras (M5S) presenta interrogazione parlamentare

Lo strano caso dello swap che favorisce le banche tedesche. Pino Cabras (M5S) presenta interrogazione parlamentare

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di Pino Cabras

L’interrogazione parlamentare che ho presentato oggi va al cuore di una questione che più di altre rivela il disequilibrio, l’ingiustizia, l’assurdità dell’attuale costrutto europeo, giunto alla sua crisi terminale. È una questione apparentemente molto tecnica, marchiata dal gergo complicato con cui le prepotenze fra umani, identiche ai tempi dell’uomo di Neanderthal, si travestono oggi con le norme astratte e incomprensibili che regolano i giochi del denaro in giacca e cravatta (soprattutto cravatta, quella dei cravattari). Ma anche se in giacca e cravatta, rimangono pur sempre prepotenze scimmiesche, soprusi, delimitazioni arroganti di certi territori dove si può fare tutto mentre agli altri non si consente nulla. La pandemia 2020, con la sua accelerazione che toglie il tempo ai trucchi (e forse ai crucchi), rende più facile rivelarli.

Come sapete, per affrontare l’imminente crisi di liquidità innescata dal coronavirus, le banche centrali di molti paesi stanno disponendo con pochi clic l’emissione di cifre mostruose, a colpi di migliaia di miliardi. La loro capacità di creare denaro trova un freno solo nei limiti del capitale fisico: il troppo denaro, in presenza di beni scarsi, si inflazionerebbe. Ma oggi il denaro necessario non è già troppo (ben al contrario), e perciò le banche centrali ne devono creare tanto, a sufficienza. 

Gli unici che tengono sempre il freno a mano tirato sono quelli della Banca Centrale Europea (BCE): a Francoforte vige la regola del Capital Key, cioè la quota del capitale che si possiede. Se la Banca di Grecia ha sottoscritto solo il 2 per cento del capitale BCE, può sperare che i titoli di stato greci siano acquistati dalla BCE solo entro il limite del 2% delle proprie emissioni. Quando ad Atene hanno avuto bisogno di più di quel 2 per cento, sono stati massacrati e costretti a vendere tutto. Dai signori dell’austerity nessuna pietà per i bambini che morivano negli ospedali e per milioni di persone sul lastrico. La Capital Key, come tante regole che tornavano comode ai più forti, si applicavano in modo inesorabile ai deboli. C’era sempre qualche neanderthaliano elegante a puntare il ditino, a dire che certi Stati avevano dato troppo ai propri popoli, che vivevano sopra i propri mezzi, e che dovevano sputare fino all’ultima goccia di sudore e di sangue ai loro usurai per servire il debito.

Sappiamo per certo che la Capital Key viene applicata per i debiti pubblici, dunque. Ma i debiti privati non è che sono invece trattati con affettuose carezze? Penso alle grandi banche dei paesi nordici piene di derivati che le rendono putrefatte e vulnerabili, ma che stanno miracolosamente in piedi. 

Ecco la questione. Le banche nordiche non riescono a reperire dollari per le loro obbligazioni in valuta? Nessun problema, in apparenza. La BCE arriva a indebitarsi con la Federal Reserve USA (la famosa FED), paga a questa perfino un interesse, e così le acrobazie delle banche zombi trovano un bel paracadute. Si chiama Swap. Se si applicasse anche ai privati lo stesso criterio usato per i debiti pubblici, la Banca d’Italia si dichiarerebbe disponibile a gravarsi solo di quel che serve alle banche italiane e la BCE dovrebbe rispettare i limiti di Capital Key pro quota. Ci sono già soggetti inflessibili che fanno rispettare rigidamente questa regola per i debiti pubblici: il Tribunale Costituzionale tedesco non transige. Sarebbe giusto oppure no che la regola valesse anche per gli swap in valuta estera (anch’essi debiti) accesi dalla BCE?

Certo, senza il paracadute il rischio è che qualche gigantesca banca germanica gonfia di derivati possa fallire. Una nazionalizzazione, cioè trasformare un debito privato mostruoso in debito pubblico, porterebbe il rapporto debito/Pil di Berlino alle stelle. Pazienza. La trojka potrebbe mandare i suoi becchini ottusi a Berlino e trasformare l’economia tedesca nello stesso deserto di sale imposto alla Grecia e agli altri. Perché agli altri sì e a loro no? Sarebbe utile chiarire una volta per tutte come funziona questo sistema.

Magari qualche autorità giurisdizionale italiana potrebbe usare lo stesso metro dei giudici costituzionali tedeschi e applicare i limiti di Capital Key anche a queste grandi operazioni private. 
Avete capito bene: ci sono banche tedesche, olandesi e francesi che potrebbero fallire in un amen, perché non trovano più uno straccio di banca americana disposta a fargli credito sul mercato interbancario. La BCE si indebita con la FED e si sostituisce al mercato malato. Ricordarlo ora è assolutamente dovuto, di fronte al ministro olandese che ci dà lezioncine di vacche grasse e vacche magre e ci vorrebbe rifilare il MES. 

Ora che le operazioni della BCE che offrono la valuta USA sono arrivate a un ammontare di 130 miliardi di dollari ci chiediamo: che la Merkel abbia aperto bocca una sola volta su questo? Nein! Se ne sta invece zitta zitta, dice solo che è “irritata” dai premier che non accettano la divisione fra nordici e sudici. 

In altri termini ancora: da Berlino e Amsterdam ci trattano da debitori appestati, ma siamo noi che stiamo salvando le loro banche, e non sono loro a soccorrere le nostre economie. Il futuro dell’Europa e delle nostre vite si giocherà in questi pochi prossimi giorni intorno a regole che o valgono per tutti o per nessuno. La dittatura di Maastricht è finita. Il nostro popolo in una partita resa tragica da una calamità planetaria, ha carte da giocare. Ma il gioco deve essere totalmente nuovo.

ECCO L’INTERROGAZIONE PARLAMENTARE:

Al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze - Per sapere - premesso che: 
in data 18/03/2020 la Banca Centrale Europea ha attivato con la Federal Reserve degli Stati Uniti due linee di credito per 112,09 miliardi di dollari: la prima ammonta a 75,82 miliardi di dollari, con una scadenza a 84 giorni (su base settimanale) e un tasso dello 0,38%, mentre la seconda è pari a 36,27 miliardi di dollari, con scadenza a 7 giorni (su base giornaliera) e un tasso dello 0,48%. Si tratta della più grossa operazione effettuata tramite linea di swap in valuta dalla crisi del 2008;
in una nota ufficiale del 20 marzo la BCE ha sottolineato che l'aumento del ritmo delle operazioni swap a 7 giorni rimarrà in vigore dal 23 aprile e “per tutto il tempo necessario a sostenere il regolare funzionamento dei mercati di finanziamento in dollari”;
tuttavia a oggi non è ancora chiaro se, nella ripartizione della somma, siano stati rispettati i criteri di capital key che alcuni Paesi appartenenti all'area euro pretendono vengano rispettati quando la BCE acquista titoli di Stato dei singoli Paesi dell’Eurozona nelle operazioni di quantitative easing poste in essere nel corso degli anni;
nel caso in cui su queste operazioni di indebitamento della BCE in valuta estera non sia stata rispettata la ripartizione secondo i criteri di capital key ci si troverebbe di fronte a una anormale asimmetria. La questione è di alto rilievo politico perché se la BCE si fosse indebitata in valuta estera con un’altra banca centrale senza tenere conto del suddetto criterio di ripartizione dei rischi questo si verrebbe a scontrare con la consolidata prassi per cui, nel caso di acquisto di titoli di stato dei Paesi dell’Eurozona da parte della BCE, si pretende il rispetto di vincoli precisi con la motivazione di non rischiare una minima perdita, anche se solo teorica;
se tale asimmetria fosse confermata, ci troveremmo di fronte a un’operazione che, nei fatti, ha il risultato di chiudere le posizioni in dollari a Wall Street di alcune banche tedesche e olandesi attraverso un’azione senza vincoli della BCE che avrebbe così impegnato anche questi Paesi, come l’Italia, che hanno un sistema bancario non incentrato sulla speculazione finanziaria;
se confermato, si tratterebbe di un fatto ancora più grave dal momento che quegli stessi Paesi pretendono il rispetto pedissequo di vincoli e limiti che non consentono alla BCE di svolgere la propria funzione in termini di utilità pubblica, sociale e all’economia reale, soprattutto quando è richiesto un impegno per salvare le finanze pubbliche di un Paese dell’Eurozona;--

se quanto esposto in premessa sia rispondente al vero;
quale sia l’ammontare delle due linee di credito di cui hanno beneficiato le banche italiane e quale sia l’ammontare di cui hanno beneficiato le singole banche degli altri Paesi;
se, nell’ipotesi che il fatto sia confermato, il Governo non intenda intraprendere iniziative per chiedere il rispetto degli stessi vincoli valevoli per l’acquisto dei titoli di Stato anche per le operazioni di swap in valuta estera.

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