Portafogli vuoti, potere di acquisto in erosione, consumi al ribasso e demagogia al potere

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Portafogli vuoti, potere di acquisto in erosione, consumi al ribasso e demagogia al potere

 

di Federico Giusti

Rischiamo di ripetere sempre gli stessi discorsi ma la questione salariale, la erosione del potere di acquisto dei salari (e ben presto anche delle pensioni di cui poco si parla in un paese nel quale la popolazione si fa sempre più vecchia), i mancati rinnovi contrattuali che quando arrivano coprono a malapena un terzo del potere di acquisto perduto.

È già avvenuto con gli Statali (aumenti al 6 percento ma inflazione tra il 17,5 e il 18), gli annunci furbeschi del Governo che promette mari e monti per gli Enti locali salvo poi scoprire che pochissimi comuni saranno in condizione di accrescere il fondo del salario accessorio a mero discapito poi di nuove assunzioni. Siamo governati da abili sciatori con ampi consensi nella opinione pubblica che evitano ogni ostacolo anche davanti alla stagnazione industriale, all'aumento dei prezzi, alla diminuzione del potere di acquisto che poi andrà a ridefinire le priorità delle famiglie.

Si evita di affrontare i nodi salienti deviando la discussione pubblica su continue polemiche ma così operando le dinamiche salariali, contrattuali, la perdita di sostanziali diritti, la debacle della sanità pubblica, la politica estera appiattita sui voleri di Biden prima e di Trump poi (ma non erano sovranisti?) finiscono nel dimenticatoio.

Concentriamoci allora su una questione che scalda da sempre i cuori della acritica cittadinanza: il crollo del potere di acquisto che poi influenza le scelte delle famiglie, ridisegna le loro priorità

Se l’economia quotidiana possiede qualche fondamento scientifico potremmo dire di avere tutti gli indicatori per documentare una erosione che poi si traduce in meno acquisti, nel rinvio di visite mediche, nella contrazione delle ferie o semplicemente il taglio di ogni spesa superflua e nella nozione di superfluo ci sono salute, istruzione, prevenzione. 

Gli indicatori ufficiali parlano del rallentamento dell’inflazione ma se ascoltassimo le famiglie (del resto non si parla di ripristinare un filo diretto della politica con i cittadini?) ne ricaveremmo un'altra storia ossia  che il potere d’acquisto arretrando condiziona anche i consumi,  sul carrello della spesa troviamo meno prodotti , per far quadrare i conti diminuiscono le uscite fuori casa, i giorni di vacanza, i viaggi di istruzione, tornano di moda i discount dove  si riserva maggiore attenzione al prezzo che alla qualità.

Eppure l'inflazione non viene pienamente percepita tra i cittadini italiani, se parliamo di un’inflazione vissuta ogni giorno, e non solo acquisita su base teorica, si fa riferimento alla capacità di spesa settimanale delle famiglie con la domanda interna in costante calo e i salari, specie in Italia, incapaci di compensare l'aumento dei prezzi.

E se poi il tessuto produttivo in buona parte dipende dai consumi interni, i motivi di preoccupazione non mancano, almeno per i salariati, considerati i ricavi delle aziende in salute “sulla carta” per effetto dei rincari, gli utili divisi tra gli azionisti in continua crescita ad occultare non solo la fragilità strutturale della manifattura ma anche la tendenza dilagante alla speculazione finanziaria.

E per questo gli squilibri si diversificano e sono sempre più visibili, la pressione sulle famiglie diventa insopportabile e si aprono le porte della stagnazione economica più o meno mascherata, per capire la quale le statistiche da sole non bastano a fotografare l'  arretramento delle condizioni di vita. 

Il Governo le prova di tutte pur non di non intervenire sul potere d’acquisto che farebbe saltare i precari e instabili equilibri dei conti economici (presentati a Bruxelles), prova ne sia che a Bilancio troviamo stanziamenti per i rinnovi contrattuali nella Pubblica amministrazione pari a un terzo del costo della vita.

Ed è per questo motivo che i contratti del 90% dei dipendenti pubblici non sono stati sottoscritti con il Governo che annuncia, con il decreto sulla PA, sensazionali novità salariali che poi si tradurranno nel nulla o barattando miserie con il blocco delle assunzioni. Pensiamo agli Enti locali che perdono dieci mila unità all'anno, anche volendo barattare aumenti con le mancate assunzioni non arriveremmo ad alcun risultato.

L'Anci Toscana denuncia la situazione con la perdita del 13% di dipendenti nei Comuni della Regione in meno di 20 anni e nel frattempo, dopo i tagli a Comuni e Regioni superiori pari a  3,5 miliardi da qui ai prossimi quattro anni, non arrivano i pagamenti dello Stato alle città per i cantieri del Pnrr che a un anno circa dalla scadenza del Piano sono in buona parte fermi e a detta dall'Anci bloccati dalla burocrazia ministeriale che fa mancare agli enti locali circa 8 miliardi.

E parliamo del settore, gli Enti locali, che a detta del Governo e dei suoi piccoli scrivani potrebbe beneficiare di aumenti dei salari con i contratti fermi e una contrattazione di secondo livello ancorata ai tetti europei. Una situazione paradossale ma utile a vendere l'immagine dell'efficienza tanto cara ai nostri Governanti

Se metà degli italiani riduce i consumi significa che è saltato ogni equilibrio tra reddito e spesa ma di questo, e di molto altro, meglio non parlare perchè l'ottimismo deve regnare sovrano. Del resto, il vecchio motto non era credere , obbedire e combattere?

 

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