Produzione militare comunitaria. Il polo imperialista europeo mostra le prime crepe
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di Federico Giusti
Nel libro bianco della difesa europea troverete un capitolo dedicato alle criticità e alle lacune del sistema industrial militare comunitario a conferma che i problemi sono stati individuati suggerendo al contempo alcune soluzioni. Citiamo un passaggio eloquente, questa premessa è indispensabile per il ragionamento che successivamente andremo sviluppando
Per colmare le lacune critiche in termini di capacità sono necessari: 1) una comprensione condivisa tra gli Stati membri sulle priorità più urgenti in materia di investimenti in capacità, alla luce dei recenti orientamenti del Consiglio europeo; 2) un impegno stabile e a lungo termine per affrontarle; 3) un chiaro accordo tra gli Stati membri sul quadro di governance per ciascun tipo di capacità, che può variare da uno all'altro; e 4) finanziamenti e incentivi dell'UE per aiutare gli Stati membri a mobilitare le risorse di bilancio necessarie e a spenderle nel modo più efficiente e mirato. L'UE già aiuta gli Stati membri a identificare le carenze e le priorità in termini di capacità a livello dell'UE, supporta gli Stati membri nell'avvio nuovi progetti di capacità, a partire dall'armonizzazione dei requisiti.
I concetti espressi sono molto chiari, si va da appalti congiunti per conto degli Stati membri fino a join venture tra aziende produttrici, dalla cooperazione attraverso la Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO) al rinnovo dei progetti di difesa evitando la produzione di inutili doppioni.
In questi giorni il progetto di una difesa comune europea ha perso una importante tassello di quel puzzle che dovrebbe vedere insieme i paesi comunitari.
La Francia si ritira ha deciso dal progetto Eurodrone che vale oltre 7,1 miliardi di euro, nato per costruire droni, o aerei a pilotaggio remoto da sorveglianza e da combattimento.
Il progetto vedeva presenti Germania, Spagna e Italia e appunto la Francia, uniti per costruire una produzione europea indipendente di droni senza sudditanza dagli Usa e da Israele che con la Turchia restano i principali produttori di questi sistemi di arma.
Parliamo di un programma pensato per l' autonomia strategica Ue ma naufragato, fino a prova contraria, per i troppi ritardi, l'aumento dei costi, il venir meno di alcuni equilibri tra le aziende produttrici europee, questi sono almeno i motivi addotti da Parigi per l'uscita dal consorzio optando invece per indirizzare gli investimenti alla produzione del caccia di sesta generazione FCAS (Future Combat Air System) e procedere con la modernizzazione della deterrenza nucleare che invece è motivo di divisione tra i paesi comunitari.
Le diplomazie sono all'opera per scongiurare il fallimento di questa operazione che avrebbe anche un elevato costo, ad oggi l'annuncio della Francia è in aperta contrapposizione ai disegni tedeschi, del resto è risaputo che esiste anche un progetto alternativo con protagonisti Gran Bretagna, Italia e Giappone
Sono ore di incertezza e se le diplomazie operano per cercare una soluzione, le industrie nazionali coinvolte preferiscono tacere, da mesi
domina un clima di incertezza determinato dalla scelta dell'italiana Leonardo di concludere l'accordo con il gruppo turco Baykar per produrre droni armati. In quel caso, parliamo del Marzo scorso, Cingolani, amministratore delegato di Leonardo, asseriva la piena compatibilità di Leonardo con il programma Eurodrone spiegando al contempo che gli accordi con i turchi erano solo una opportunità in più per il vecchio continente.
Gli attriti tra Francia e Germania, un'Italia propensa a stringere accordi con gli Usa o altri alleati Nato extra europei, le contrapposizioni tra industrie produttrici per favorire alcuni progetti sono alla base di questa crisi. Il progetto, nato 12 anni fa, ha avuto tempi di gestazione troppo lunghi, si prefiggeva non solo il compito di lanciare la produzione di droni europei, droni con autonomia fino a 40 ore, ma anche di fungere da modello per una industria comunitaria indipendente, un po' come teorizzato dal documento strategico denominato la Bussola Europea.
La storia di questi ultimi anni è indicativa degli errori commessi dalla Ue e dei limiti che la stessa dovrebbe superare stando a quanto scritto nel Libro bianco.
Alcuni esempi? Tempi lunghi, 5 anni, per firmare il contratto di produzione, dopo 12 anni non ancora iniziata la vera e propria produzione, tempistiche infinite per la progettazione, divisioni palesate fin dall'inizio nell'individuare la Germania come paese capofila, un numero di droni da costruire, stando al contratto, ormai insufficiente ai cosiddetti fabbisogni individuati dai tecnici dei Ministeri della difesa. E prima di iniziare la vera e propria produzione è arrivata la doccia fredda con l'uscita della Francia.
Le prossime settimane ci diranno se il sogno di produrre droni europei sarà realizzato con o senza Parigi, certo che non siamo dinanzi a un mero incidente di percorso ma al sorgere delle prime grandi contraddizioni in seno all'imperialismo europeo.

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