Siria, la pulizia etnica a cura di membri della Nato e dei loro alleati in loco
di Marinella Correggia - Sibialiria
Per il popolo degli yazidi la tragedia si ripete. Nel 2014 il territorio nel quale vivevano in Iraq fu invaso dal cosiddetto Stato islamico: migliaia di yazidi furono uccisi, altri catturati e tenuti in schiavitù; i sopravvissuti alla pulizia etnica fuggirono. Molti trovarono rifugio ad Afrin in Siria. Ma agli inizi del 2018 il sultano turco Erdogan ha ordinato la messa a ferro e fuoco di quell’area. E stavolta la pulizia etnica l’ha compiuta, insieme all’esercito turco, il cosiddetto Esercito siriano libero (Esl): milizie di opposizione a Damasco, composte in quell’area da gruppi musulmani radicali e alcuni resti di Daesh. Questo è l’Esl, sigla a lungo lodata e sostenuta in Occidente, come forse “moderata e democratica”.
Nell’area di Afrin, “attacchi congiunti hanno spazzato via oltre decine di migliaia dicurdi, yazidi e cristiani da villaggi e città. Le loro case sono state espropriate da migliaia di islamisti radicali portati dalla Siria meridionale e occidentale. Anche gli abitantimusulmani originari che non accettavano la legge della sharia e all’Esl hanno dovuto fuggire”: così spiega il resoconto (pubblicato da Ora pro Siria) scritto da un gruppo di volontari entrati in Siria dall'Iraq e recatisi a Raqqa, Tabqa, Deir ez-Zor, Ayn Issa, Membij, Kobani, Qamishli, Tel Tamir, Hasakah. Gli yazidi di Afrin, rifugiatisi in un villaggio cristiano abbandonato vicino a Tel Amir, hanno spiegato di non poter tornare nemmeno in Iraq, dove le loro case e terre sono ormai occupate da persone venute da fuori.
Parla dei profughi da Afrin anche Nabil Antaki, medico e volontario di Aleppo, nella sua Lettera da Aleppo n. 33: “Con l’invasione turca, un totale di quasi 140.000 persone sono scappate da città e villaggi. Si trovano ora in undici villaggi e in diverse tendopoli,intorno alla cittadina di Tel Rifaat a 25 chilometri da Aleppo. In una pianura desolata, pressoché desertica, c’è Camp Sahba, 107 tende per 107 famiglie. Le forze turche sono a soli 4-5 chilometri”. Là, e nel villaggio di Kafar Nasseh dove vivono ora 650 famiglie di profughi, i volontari dei maristi blu intervengono insieme alla Mezzaluna siriana, con aiuti alimentari e sanitari, borracce per l’acqua potabile, pasticche per potabilizzarel’acqua, abiti, ciabatte…”Tutto sotto un sole di piombo, con 38-40 gradi all’ombra” precisa il medico.
Antaki spiega che “la Siria continua a essere una polveriera. Gli Stati uniti con due basi militari e la Francia (illegalmente occupanti il territorio di uno Stato sovrano) sono presenti nel nord est. La Turchia ha invaso il nord ovest per cacciare i gruppi armati curdi e ora occupa tutta la regione di Afrin. Infine, Israele conduce raid aerei nella più assoluta impunità”. Quanto ad Aleppo, “dopo la partenza dei gruppi armati e dei terroristi di Al Nusra, la situazione è molto buona quanto a sicurezza. Ma gruppi armati dell’opposizione tuttora presenti ad Aleppo est continuano a sparare colpi di mortaio su quartieri periferici. Il 27 giugno è stata la giornata peggiore negli ultimi 18 mesi: numerosi morti e feriti. Per poco non è stato ucciso anche uno dei nostri volontari, nei nostri locali. La vita quotidiana migliora sul lato della disponibilità di acqua, elettricità, prodotti alimentari e merci. Ma la disoccupazione è molto alta e il costo della vita anche; i salari molto bassi non permettono di vivere dignitosamente”.
Così, gli aleppini che avevano i mezzi per andare via, tuttora non sono rientrati.