Oltre 5 mila agenti per scortare il Pride di Kiev assediato dai neonazisti
Diversi feriti ed arresti. L'estrema destra brucia in piazza le bandiere arcobaleno
di Omar Minniti
Circa 5.500 poliziotti della giunta golpista di Poroshenko hanno dovuto scortare i 3 mila partecipanti al Pride di Kiev. Un cordone imponente, che ha cercato di contenere centinaia di manifestanti omofobi chiamati all'appello da tutte le sigle dell'estrema destra, in primis Pravyi Sektor e Svoboda, e dai paramilitari neonazisti.
Nonostante tale dispiegamento di forze, con una Kiev praticamente blindata dal regime, i gruppi nazionalisti sono riusciti a bloccare l'accesso ad alcune vie del centro ed a costringere il corteo a cambiare percorso. Negli scontri sono rimasti contusi sia contromanifestanti che agenti. Diversi gli Lgbtq aggrediti prima e dopo la sfilata. Si parla di una decina di arresti. Sono stati, inoltre, sequestrati passamontagna, bombolette di gas urticante, uova marce e varie armi bianche. Gli estremisti di destra hanno bruciato in piazza alcune bandiere arcobaleno.
Al corteo del Pride avevano partecipato diverse delegazioni straniere, tra cui una proveniente da Israele, e gli ambasciatori di Gran Bretagna e Canada. Presenti anche diverse Ong operanti in Ucraina.
Sebbene la maggioranza delle sigle Lgbtq abbia sostenuto il golpe di EuroMaidan, pensando di ottenere in cambio dal regime forti aperture sui diritti civili, i livelli di omofobia in Ucraina restano allarmanti. Nel novembre del 2015, dopo diversi tentativi falliti, il parlamento di Kiev ha votato una legge contro la discriminazione sessuale nei luoghi di lavoro. Era il pre-requisito minimo richiesto dalla Ue per poter accedere al beneficio dei viaggi visa-free nell'area di Schengen. Un'apertura esclusivamente formale, non seguita da alcun cambiamento sostanziale per le lesbiche ed i gay ucraini. Resta vietata costituzionalmente ogni forma di unione tra persone dello stesso sesso, mentre ogni anno si registrano centinaia di aggressioni omofobiche. A fine 2016, i membri della Verkhovna Rada hanno respinto l'adesione alla Convenzione di Istanbul contro i crimini d'odio, proprio per via dei riferimenti alle discriminazioni ed alle violenze determinate dall'orientamento sessuale.