Come l'occidente ha provocato la guerra in Ucraina - Recensione

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Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina. Benjamin Abelow  è uno storico statunitense dotato di un coraggio piuttosto raro in tempi in cui il rischio di essere sbranati, mediaticamente s’intende, è direttamente proporzionale alla confutazione della narrazione ufficiale veicolata dai media mainstream. Un coraggio che si palesa già nel titolo del suo libro: “Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina”, pubblicato in Italia da Fazi Editore e già best seller in Svizzera, negli USA e in Germania.

Come afferma il politologo britannico Richard Sakwa, questo  libro sostiene che l’attuale guerra in Ucraina non era soltanto prevedibile, ma prevista e quindi evitabile. Da ciò si deduce che non si è voluta evitare, anzi, probabilmente si è voluto che la Russia “ci cadesse” dentro. Questo è ciò che Abelow dimostra ripercorrendo trent’anni di provocazioni USA, di tradimenti di promesse relative alla non espansione della Nato, di uscita unilaterale USA da accordi sugli armamenti, di minacce alla sicurezza russa. Il tutto provato da documenti messi a disposizione del lettore nelle note che accompagnano il testo.  

Nonostante il pericolo rappresentato dall’espansione a Est della Nato fosse evidente, tanto che perfino falchi come McNamara, Kinssinger e Kennan , o politologi come John Mearsheimer ,  o alti ufficiali dell’esercito quali Macgregor  o l’attuale direttore della Cia Burns  si siano ripetutamente dichiarati contrari affermando che una scelta del genere sarebbe equivalsa a una dichiarazione di guerra, il processo non si è fermato. Quanto prevedibile si è quindi verificato.  Tra gli analisti di geopolitica citati nel testo, anche Lucio Caracciolo, direttore di Limes, nel 2015 affermava: “Immaginare che l’Ucraina possa diventare uno Stato totalmente occidentalizzato significherebbe fare la guerra alla Russia” .  Ma al verificarsi del tragico e prevedibile evento, ogni spiegazione è stata accantonata e Putin è stato presentato come un pazzo sanguinario che senza alcun valido motivo, ma solo per mire espansionistiche ha invaso l’Ucraina.  

Come spiega Luciano Canfora nell’introduzione, l’aver spinto Putin a una scelta che non ha potuto o saputo evitare è stata una trappola della Nato che ha funzionato alla perfezione perché ha offerto “alla macchina mediatica occidentale una carta propagandistica efficace: la denuncia dell’aggressore” sorvolando con agile levità sulle cause che hanno portato all’invasione e che sono andate accumulandosi anno dopo anno. Di fatto è stato tradito il “patto d’onore” tra il Segretario di Stato USA  Baker e il presidente Gorbaciov il quale,  dando fiducia alle rassicurazioni avute circa la non espansione a est della Nato, nel dicembre del “91 decretò la dissoluzione dell’Unione Sovietica. 

Abelow ricorda al lettore che da duecento anni esatti la dottrina Monroe rappresenta per gli USA un punto fermo e invalicabile nella percezione della sicurezza.  In base alla dottrina Monroe,  nessun paese straniero può posizionare nelle vicinanze del territorio statunitense armi o forze militari perché questo sarebbe considerato un valido motivo di guerra.  Ma il contrario non è stato preso in considerazione per la Russia, e la Nato –  con armi, militari ed esercitazioni anche a fuoco vivo –   si è espansa  fino a mettere oggettivamente a rischio la sicurezza russa. Basterebbe questo, scrive Abelow,  per capire che  l’invasione dell’Ucraina è stata la reazione “violenta e distruttiva alle sconsiderate politiche occidentali” e, se  questo l’Occidente lo ignora, basa “decisioni di vitale importanza su delle false premesse “ procedendo “come un sonnambulo verso la guerra nucleare.” Queste affermazioni, spaventosamente realistiche, pongono  un interrogativo  su come sia possibile che tanti governanti di paesi Nato siano talmente accecati dalla servile sottomissione agli USA da non aver  capito il rischio che ci riguarda tutti, nonostante si siano levate voci, anche russofobiche e quindi al di sopra di ogni sospetto, per  avvertire che se l’obiettivo è la demolizione della Russia o l’abbattimento di Putin, il risultato sarà solo quello di rischiare una catastrofe mondiale o, alla meglio, di portare la Russia nelle braccia della Cina.

Anche i media, scrive Abelow,  hanno un’enorme responsabilità in questo occultamento della realtà perché “invece di contestualizzare gli eventi per i loro lettori… strombazzano la narrazione ufficiale del governo … I media mainstream  hanno costruito e continuano a tenere in piedi un regime di propaganda che disinforma il pubblico …” e per questo è indispensabile un lavoro che metta in luce le cause che hanno portato alla guerra. Obiettivo dichiarato dell’autore, infatti,  “non è difendere l’invasione, ma spiegare perché è avvenuta”, cercando di superare quella che il grande Glenn Greenwald definisce “una pervasiva censura delle opinioni dissenzienti”.

Questo lavoro di ricerca della verità  rappresenta dunque la necessaria diagnosi per trovare una possibile via d’uscita perché, come spiega ancora Abelow, “se non diagnostichi  correttamente un problema, non sarai in grado di trovare una soluzione”.  Sulla base di questa convinzione l’autore, pur affermando che a suo avviso Putin ha fatto la scelta sbagliata, enumera le provocazioni e gli eventi che avrebbero indotto il presidente russo a buttarsi  in questa tragica operazione bellica.

Come primo punto insiste sul tradimento a Gorbaciov e il conseguente allargamento della Nato di ben 1.600 chilometri fino ai confini russi. Poi, cosa che i media normalmente non citano neanche di striscio, il ritiro unilaterale degli USA dal trattato sui missili antibalistici e il successivo posizionamento di sistemi di lancio di missili, anche a testata nucleare, nei paesi Nato dell’est Europa diretti verso la Russia.   Poi viene ricordato il sostegno USA  al colpo di stato dell’estrema destra ucraina nel 2014. Sostegno che può a buon diritto essere definito complotto golpista visto il contenuto delle conversazioni telefoniche, intercettate e rese pubbliche, tra  la vicesegretaria di Stato Victoria Nuland e l’ambasciatore statunitense  Geoffrey Pyatt .

Ma la scoperta del complotto ha portato solo a una fugace indignazione da parte di qualche paese europeo semplicemente perché Nuland aveva manifestato il suo disprezzo verso l’Europa con un volgare “fuck the EU”. Una parolaccia aveva fatto gossip e occultato la gravità  dell’ingerenza  politica USA sia ai danni della democrazia ucraina che della Russia. Tra le provocazioni elencate nel libro hanno un ruolo importante le ripetute esercitazioni Nato in prossimità dei confini russi comprese esercitazioni militari a “fuoco vivo” simulando attacchi ai sistemi  di difesa aerea interni alla Russia. Una delle ultime provocazioni  è stata l’esercitazione navale congiunta tra Usa e Ucraina alla quale hanno partecipato ben 32 paesi Nato nel Mar Nero. Era il luglio del 2021 e sei mesi dopo, e dopo aver chiesto e non ottenuto la rimozione di mezzi militari che rappresentavano una palese minaccia per la sicurezza russa, Putin decide di avviare “l’operazione speciale”, cioè l’invasione dell’Ucraina.

 “È in genere l’impulso a ‘stravincere’ che innesca nuove guerre”  scrive Luciano Canfora nell’introduzione, e l’America ce ne ha dato prova, come mostra l’autore in questo importante volumetto che va assolutamente letto per capire come l’Occidente abbia provocato la guerra e quale soluzione pretendere per evitare di affondare tutti nella catastrofe mondiale in cui siamo stati cacciati.

Patrizia  Cecconi

Patrizia Cecconi

Romana di nascita, milanese di ultima adozione. Laureata in Sociologia presso la Sapienza Roma ove tiene per alcuni anni dei seminari sulla comunicazione deviante. Successivamente vince la cattedra in Discipline economiche ed insegna per circa 25 anni negli Istituti commerciali e nei Licei sperimentali. Interessata all'ambiente, alle questioni di genere e ai diritti umani ha pubblicato e curato diversi libri su tali argomenti ed uno in particolare sulla Palestina esaminata sia dal punto di vista ambientale che storico-politico. Ha presieduto per due mandati l'associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese di cui ora è presidente onoraria e, al momento, presiede l'associazione di volontariato Oltre il Mare. Da oltre 12 anni trascorre diversi mesi l'anno in Palestina, sia West Bank che Striscia di Gaza, occupandosi di progetti e testimonianze dirette della situazione. Collabora con diverse testate on line sia di quotidiani che di riviste pubblicando articoli e racconti. 

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