FREEDOM AND DIGNITY HUNGER STRIKE. MARWAN BARGHOUTI INFIAMMA LE STRADE DELLA PALESTINA E SFIDA ISRAELE E FATAH

FREEDOM AND DIGNITY HUNGER STRIKE. MARWAN BARGHOUTI INFIAMMA LE STRADE DELLA PALESTINA E SFIDA ISRAELE E FATAH

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di Paola Di Lullo
 
Il 17 aprile scorso, giornata dedicata, in Palestina, a ricordare i detenuti politici palestinesi, è cominciato, capitanato da Marwan Barghouti,  uno dei più imponenti, per numero di adesioni, sciopero della fame dall'inizio del cosiddetto "conflitto israelo- palestinese". Che conflitto non è, dal momento che un popolo, e poi uno stato, occupante, domina, decide, controlla, discrimina, un altro popolo, stato non riconosciuto da tutta la comunità internazionale. Un popolo, quello ebraico, reduce dall'olocausto ( in realtà, l'occupazione della Palestina cominciò ben prima della fine dell'Olocausto nel 1945 ), occupò una "terra senza popolo, per un popolo senza terra". E da quel momento, la "terra promessa", non ha mai smesso di essere sottratta ai palestinesi. Dapprima il Piano di partizione della Palestina, sancito dalla Risoluzione ONU 181, attribuiva al nuovo stato, quello ebraico, il 56% della Palestina storica. In seguito, con la guerra dei Sei Giorni, ed a seguire, quotidianamente, lo stato ebraico si è esteso ad oltre il 70% della Palestina storica. Molte annessioni, molte colonie israeliane, sono tutt'oggi considerate illegali dalla comunità internazionale, ma finora, nessuna risoluzione, legge, diritto internazionale, ha ottenuto lo scopo di arrestare i progetti israeliani di espansione in Palestina.

Ma perché li si definisce prigionieri politici, se Israele li accusa di aver partecipato ad azioni violente?

Per almeno due buoni motivi. Il primo è che i palestinesi rifiutano di essere considerati terroristi, dal momento che la lotta armata di un popolo occupato contro il paese occupante, è considerata legittima da ben due risoluzioni ONU, la 3070, 1973, che afferma il "diritto di ogni popolo a resistere in qualsiasi modo di fronte alla barbarie colonizzatrice e criminale, inclusa la resistenza armata. È un diritto inalienabile". E la 3246 del 1974 che "riafferma la legittimità della lotta di un popolo per liberarsi da una dominazione coloniale e straniera, con tutti i mezzi possibili, inclusa la lotta armata".

In secondo luogo perché i Palestinesi, popolo occupato, vengono detenuti in carceri situate in territorio israeliano, in spregio dell'art. 76 della IV Convenzione di Ginevra che prevede la detenzione del popolo occupato nel proprio paese, non in quello occupante.
Dopo queste doverose premesse, torniamo a Barghouti ed ai 1.500 prigionieri in sciopero della fame, oggi da 22 giorni.

Chi è Marwan Bargouthi e perché questo sciopero ha visto l'adesione di moltissimi prigionieri di Fatah?

Barghouti è, o forse bisognerebbe dire era, il leader indiscusso di Fatah. 57 anni, del villaggio di Kobar, a ovest di Ramallah, padre di 4 figli, membro del Palestinian Legislative Council e del comitato centrale di Fatah, Barghouti, condannato a 5 ergastoli e 40 anni di reclusione è in prigione dal 15/04/2002 ed ha trascorso, fino ad oggi, 15 anni nelle carceri israeliane di occupazione, di cui due in totale isolamento.

Durante il processo, rifiutò di riconoscere la legittimità della corte israeliana in quanto forza occupante ed in quanto corte destinata a giudicare un rappresentante eletto del popolo palestinese, e rifiutò di difendersi.      
                  
Barghouti fu costretto a 100 giorni di interrogatori e oltre 1000 giorni in cella di isolamento, senza poter ricevere alcuna visita dai suoi familiari.

Nell'ultimo Congresso di Fatah, il VII, nel dicembre 2016,  il Mandela Palestinese, con 930 voti su 1300, era risultato il dirigente più popolare del su partito. Ancora una volta uno dei 18 membri del Comitato centrale, il braccio esecutivo di Fatah.

Ma a sorpresa, o forse no,  mese di febbraio, il Comitato centrale di Fatah, un organismo dominato dai fedelissimi di Abbas, lo ha tradito, ignorando la sua vittoria schiacciante e nominando Mahmoud Aloul come vicepresidente di Fatah. Aloul, uomo politico stimato, ma non carismatico, potrà ora ambire alla carica di Presidente dell'ANP. La nomina di Aloul ha fatto infuriare i sostenitori di Barghouti, che si sono affrettati ad accusare Abbas di emarginare il leader di Fatah in carcere e di cercare di “seppellirlo”.

La moglie di Barghouti, Fadwa, ha accusato Abbas di “soccombere” alle minacce di Israele. I funzionari israeliani, infatti, avevano duramente criticato l’esito delle elezioni interne di Fatah, vinte da Barghouti, definendolo un voto per il terrorismo. Fadwa Barghouti ha asserito che il marito si è piazzato al primo posto nelle elezioni “il che significa che è il numero due di Fatah. Non si può ignorare la posizione di Marwan Barghouti”. 

Ma Barghouti non è, naturalmente, l'unico prigioniero ad aver subito vessazioni, una volta in carcere.

Ad oggi sono  6.500 i detenuti politici palestinesi in 22 prigioni israeliane.. Tra loro 300 bambini, 62 donne, 500 prigionieri in detenzione amministrativa e 14 membri del Consiglio Legislativo Palestinese.

Il Comitato dei Detenuti Palestinesi , il Ministro Palestinese per gli Affari dei Prigionieri, Issa Qaraqe,  l' Associazioni Addaamer  e la Rete di Solidarietà con i Prigionieri Palestinesi Samidoun, nonché gli stessi prigionieri, una volta rilasciati, hanno denunciato le condizioni inumane in cui si trovano ad affrontare la detenzione sin dai primi minuti.  Dal 1967 206 prigionieri hanno perso la vita in carcere, 71 per le torture subite, 54 per mancanza di cure mediche, 81 uccisi dai soldati

Sovente picchiati già durante l'arresto, vengono tutti, compresi donne e bambini, sottoposti a tortura durante gli interrogatori, che spesso durano settimane. Si passa dall'incatenamento, con corde strettissime, di polsi e gambe, spesso in posizione accovacciata, a percosse mirate all'indebolimento ed alla confessione, alla privazione del cibo, del sonno, dei bisogni fisiologici, alle perquisizioni, anche intime, che violano profondamente il fisico e la dignità dei prigionieri.

Una volta in cella, i bambini con gli adulti, le violenze continuano. Sono routine le irruzioni notturne, la sporcizia, la mancanza d'indumenti, come di coperte, l'ora d'aria al sole rovente in estate, all'agghiaccio in inverno, la mancanza di contatti con i familiari, la negazione delle visite degli avvocati, i continui spostamenti per rompere il fragile equilibrio psicologico che si basa sulla creazione di rapporti d'affetto con i compagni di cella, l'isolamento in celle di dimensioni così ridotte che non consentono loro di riposare nemmeno distesi sul pavimento nudo.

Un argomento particolarmente caldo è quello della negligenza medica, responsabile, in più di qualche caso isolato, della morte dei prigionieri, le cui condizioni di salute vengono sistematicamente ignorate, anche quando particolarmente gravi. Ad esempio, è frequente l'uso dell'ibuprofene per trattare i malati di cancro, così come spesso i  detenuti vengono sedati e sottoposti ad esperimenti medici. Si raccolgono casi di maltrattamenti e minacce nei tragitti dalle prigioni verso l'ospedale e viceversa, si segnala il maltrattamento pressoché sistematico che i prigionieri subiscono nell'ospedale  del carcere di Ramla, chiamato l' "ospedale della morte", a causa dell'alto tasso di decessi.

Immediata la risposta israeliana allo sciopero.

Il ministro israeliano per la sicurezza interna Ghilad Erdan ha minacciato serie misure disciplinari verso chi sciopera e ha fatto allestire ospedali da campo per evitare che nelle prossime settimane dozzine, se non centinaia, di prigionieri in precarie condizioni debbano essere ricoverati nelle strutture sanitarie israeliane.

La Commissione palestinese per gli Affari sui prigionieri fa sapere poi che l’Ips ha allestito un ospedale da campo nella prigione di Ktziot così da impedire, qualora le condizioni di salute dovessero peggiorare, un eventuale trasferimento negli ospedali civili dei detenuti in sciopero della fame. La decisione partirebbe dalla suddetta disposizione del ministro israeliano Gilad Erdan che vieta il trasferimento dei prigionieri negli ospedali civili dove è stata finora espressa netta contrarietà ad alimentare con la forza i detenuti palestinesi. Difatti, mentre la Corte suprema israeliana ha stabilito recentemente che è costituzionale, i dottori israeliani si sono rifiutati di applicarla considerandola una forma di tortura.

Altre misure punitive,adottate dall'Ips ( Servizio penitenziario israeliano ) contro gli autori della protesta sono il trasferimento dei detenuti in differenti sezioni delle carceri israeliane, la confisca dei loro vestiti e oggetti personali, il divieto di vedere la Tv e “la trasformazione delle loro stanze in celle d’isolamento”, secondo un comunicato rilasciato dalla Commissione palestinese per gli Affari dei Prigionieri.

Alcuni detenuti, inoltre, sono stati trasferiti in altre prigioni: Marwan Barghouthi, trasferito insieme ad altri due prigionieri, Karim Junis e Mahmoud Abu Srour, dal carcere di Hadarim a quello di Jalama e posto in isolamento. Secondo quanto riferisce la Commissione, Barghouthi “sarà processato da una corte disciplinare” per il suo articolo* pubblicato il 16 aprile sul New York Times in cui ha spiegato le ragioni della lotta dei detenuti politici palestinesi rinchiusi nella prigioni dello stato ebraico. Le autorità carcerarie israeliane accusano Barghouthi di aver utilizzato sua moglie per aver “contrabbandato” fuori dalla prigione l’articolo in questione ed averlo consegnato poi al noto quotidiano statunitense. 

L'Ips continua a mandare in isolamento sempre più detenuti, in condizioni brutali; li trasferisce in altre carceri, di giorno come di notte ( sarebbero 41 i detenuti trasferiti dalla prigione di Ashkelon a quella di Ohalei Keidar, nel deserto del Neghev ); compie veri e propri dei raid nelle celle, con i cani, picchiando i detenuti; Impedisce loro di uscire nel cortile per vedere la luce del sole;  confisca libri e vestiti, ma soprattutto il sale; fornisce loro coperte già usate e sporche; diffonde false notizie per spingerli ad interrompere lo sciopero; vieta le visite di familiari e legali.

Da parte loro, gli avvocati hanno deciso di boicottare  tribunali israeliani che nel 90% dei casi condannano al carcere i loro assistiti.

Ma, nonostante le misure israeliane, lo sciopero continua. Ai 1500 detenuti iniziali,  si sono unite anche le 58 detenute palestinesi nel carcere di Hasharon.

Lo sciopero ha visto anche l'adesione di personaggi di spicco di tutte le fazioni palestinesi. I leader di Hamas,  
Hasan Salameh e Abbas al- Sayyed, il leader del Jihad islamico, Zaid Bseiso,  il segretario generale del PFLP, Ahmad Sa’adat, ed il leader Ahed Abu Ghoulmeh, il leader del FDLP (Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina) Wajdi Jawdat, ed il leader del Partito Popolare Bassam Khandakji .

Molti gli scontri in quasi tutte le città ed i villaggi della Cisgiordania, tra esercito israeliano e palestinesi in supporto dei detenuti in sciopero. I più violenti si sono registrati davanti alla prigione di Ofer, a Betlemme, Betunia, Qalandiya, a Silwad, Tequa, Nablus, Khalil.

Quali sono le richieste dei prigionieri politici palestinesi?
- poter ricevere visite dai parenti. A tal proosito, i detenuti richiedono il ritorno della seconda visita mensile, una durata di colloqui da 45 a 90 minuti, minori restrizioni per i parenti di secondo grado;
- la fine dell’isolamento e della detenzione senza accusa e senza processo;
- la fine degli arresti arbitrari di massa, delle torture, dei maltrattamenti e delle misure punitive, che non escludono donne e minori;
- assistenza e cure mediche, miglioramento complessivo dei servizi sanitari dell'ospedale della prigione di Ramla, considerati “pessimi” in confronto agli standard di Tel Aviv. Viene, inoltre, richiesto l’accesso di dottori per visite mediche specialistiche all’interno delle strutture detentive nei confronti  dei malati gravi o dei disabili e l’abolizione dei costi delle cure a carico dei prigionieri ;
- il diritto all’istruzione;
- la fine della disumanità cui sono sottoposti nei vari trasporti.
- l’eliminazione di atteggiamenti “provocatori e umilianti”da parte delle IPS (Servizio Penitenziario Israeliano) nei confronti delle detenute donne e delle restrizioni per le visite dei figli delle detenute.

Questa settimana la Lega araba ha chiesto alle Nazioni Unite di aprire un’inchiesta internazionale sulle “violazioni” commesse nelle carceri israeliane ai danni dei prigionieri palestinesi in sciopero della fame. La Lega ha esortato l'ONU ad inviare una commissione d’indagine nelle prigioni israeliane ed a fare pressioni affinché Israele rispetti il diritto internazionale. La richiesta è di “intervenire immediatamente e con urgenza”considerate le preoccupanti condizioni in cui versano ormai molti prigionieri che da 21 giorni consumano solo acqua e sale...

A questo link, pubblicata da Samidoun e tradotta da Invictapalestina, l'ultima dichiarazione dei prigionieri politici :
https://www.invictapalestina.org/archives/27993
 
"Qualunque terra una persona chiami casa, che viaggi o vi sia prigioniera, le libertà fondamentali sono garantiti attraverso la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, le Convenzioni di Ginevra e la Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici."

Lettera di Barghouti


Fonti : Nena News Agency
            Ma'an
            Middle East Monitor

 

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