Gli “hacker russi”? Sono come le “armi di distruzione di massa” in mano a Saddam

Gli “hacker russi”? Sono come le “armi di distruzione di massa” in mano a Saddam

Il limite toccato con l'attacco alla Farnesina

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di Eugenio Cipolla


 Di solito le considerazioni di una tesi si fanno alla fine, quando ci si è già preoccupati di supportare con dati e fatti riscontrabili le proprie convinzioni. Per una volta, però, facciamo uno strappo alla regola, perché quello di cui parliamo oggi è un fenomeno che si sta diffondendo a macchia d’olio nel circuito mediatico-istituzionale dell’occidente, risultando molto spesso persino ridicolo. Parliamo della cosiddetta minaccia rappresentata dagli “hacker russi”. Da dodici mesi a questa parte il mainstream continua a diffondere notizie di cyber attacchi perpetrati da fantomatici “hacker russi”, i quali molto spesso “sono collegati direttamente al Cremlino”, reo, secondo molti media, di aver messo in piedi una nuova strategia di lotta nei confronti dell’occidente. Queste notizie hanno in comune diverse parole chiave ed espressioni ricorrenti che agli occhi dei più attenti possono sembrare anomale. Di solito gli “hacker russi” colpiscono personaggi o istituzioni visti benevolmente dai media (prendiamo Hillary Clinton o Angela Merkel), provano a rubare informazioni ma “senza riuscirci” e provano a “influenzare” le elezioni di vari paesi occidentali, quali Usa, Germania, Francia e Italia. Ad assicurarlo di solito sono sempre “fonti anonime di governo”, “fonti dell’intelligence”, “esperti del settore”, senza però fornire mai prove tangibili.



Nell’ultimo anno questo è successo 32 volte. Le abbiamo contate e le abbiamo riportate qui sotto brevemente. Basterà provare a vedere se queste notizie hanno avuto un seguito, degli sviluppi, degli aggiornamenti, per capire che si tratta di notizie create con lo scopo di impaurire l’opinione pubblica, di creare un nuovo mostro sul quale scaricare gli insuccessi di quei gruppi di potere che, come nel caso della Clinton, non sono riusciti a controllare il voto e la democrazia. Sembra un po’ la storia delle “armi di distruzione di massa di Saddam”. C’erano, assicuravano “fonti dell’intelligence Usa”, prima di ammazzare il capo del popolo Iracheno. Solo dopo, tanti anni dopo, si è scoperto che quella era ciò che la Boldrini chiamerebbe una “fake news”, creata con lo scopo di trovare un causus belli per far fuori un personaggio scomodo.



Ecco la lista delle azioni degli “hacker russi”:



17 febbraio 2016: La Repubblica, citando “fonti dello Stato maggiore italiano”, pubblica un’inchiesta secondo la quale hacker russi sponsorizzati dal Cremlino, conosciuti con la sigla di ‘Apt28’, sarebbero entrati nei server del ministero della Difesa italiano dall’ottobre 2014 al maggio 2015. Nessun dato sensibile però sarebbe stato compromesso.



13 maggio 2016: Hans-Georg Maassen, presidente dell’ufficio federale tedesco per la tutela della Costituzione, accusa “hacker russi” di aver attaccato server di centrali elettriche e idriche, nonché di istituzioni come il Bundestag.



14 giugno 2016: Il Washington Post, citando dirigenti del Partito Democratico e del Partito Repubblicano americano, accusa “hacker legati all’intelligence russa” di aver rubato dati dal database del comitato nazionale democratico e anche da alcuni pc appartenenti ad alcune commissioni repubblicane per avere informazione su Donald Trump.



21 giugno 2016: Bloomberg, citando “fonti vicine al dossier”, scrive che “hacker russi” hanno hackerato dati sensibili dai server della fondazione Clinton.



30 luglio 2016: CNN e NYT affermano che l’FBI ha aperto alcune inchieste su “possibili intrusioni da parte di hacker russi” nei sistemi informatici legati alla campagna della candidato democratica per la presidenza, Hillary Clinton.



11 agosto 2016: Il NYT, citando “fonti dell’FBI”, scrive che l’attacco degli hacker russi al partito democratico americano è molto più vasto di quanto emerso in un primo momento.



11 agosto 2016: Bloomberg, citando il sito “DCLekas.com”, scrive che “hacker russi”, gli stessi che hanno attaccato il Partito Democratico, hanno messo mano sulle mail dell’ex generale americano della NATO Philip Breedolove e su altre scritte da George Soros.



23 agosto 2016: La CNN, citando “fonti anomime” scrive che l’FBI sta indagando su alcuni cyber attacchi da parte di “hacker russi” nei confronti del New York Times e di altri network americani. Il giorno dopo il NYT precisa che non ci sono prove di presunti attacchi da parte di “hacker russi”.



30 agosto 2016: Usa Today, citando l’FBI, scrive che “un hacker russo” ha violato il registro elettorale dell’Arizona e dell’Illinois. NBC a sua volta, citando “fonti dei servizi di intelligence” dgli Stati Uniti, fa sapere che “hacker russi” sono in azione per in vista delle elezioni presidenziali 2016 e che dietro di loro c’è il governo russo.



13 settembre 2016: il sito della WADA, l’agenzia anti-doping mondiale, viene violato, svelando casi di doping tra gli atleti americani. Secondo i maggiori media americani sono stati “hacker russi” per ritorsione alla squalifica di alcuni atleti di Mosca alle olimpiadi di Rio.



15 settembre 2016: Mike McCaul, presidente della commissione sulla Sicurezza interna della Camera del Congresso, intervistato dalla CNN accusa “hacker russi” di aver violato il sistema informatico del partito repubblicano americano, spiegando di essere stato informato del cyberattacco nel corso di un briefing con i rappresentanti dell’intelligence Usa. Qualche ora dopo McCaul ritratta con una nota, dicendo di essersi sbagliato.



15 settembre 2016: La WADA, sulla base di proprie considerazioni, afferma che gli “hacker russi ‘Fancy Bears’” hanno reso pubblico un altro lotto di informazioni riservate di atleti proveniente dal suo database.



20 settembre 2016: la Sueddeutsche Zeitung, citando l’opinione di “esperti del governo tedesco”, pubblica un’inchiesta accusando “gruppi di hacker russi che agirebbero per conto dello Stato” di rubare informazioni dai server dei partiti tedeschi.



10 ottobre 2016: John Podesta, presidente della campagna elettorale di Hillary Clinton, accusa lo staff di Trump di aiutare l’azione degli “hacker russi” nella diffusione di dati contro l’ex segretario di stato americano.



15 ottobre 2016: Il NYT scrive che alcuni “hacker russi” sono riusciti a violare l’account mail del direttore scientifico dell’agenzia anti doping americana, Matthew Fedoruk.



16 ottobre 2016: Mike Pence, vice candidato presidente Usa, sostiene che ci sono prove di un coinvolgimento di “hacker russi” in operazioni di hackeraggio delle mail legate alle elezioni americane.



16 novembre 2016: La Stampa pubblica un’inchiesta parlando un presunto legame tra la Casaleggio associati e la Russia. Il deputato Pd Ernesto Carbone accusa la Casaleggio di aver legami con “hacker russi” attraverso l’account twitter di una certa Beatrice Di Maio. Si scoprirà che l’account è gestito dalla moglie di Renato Brunetta.



17 novembre 2016: Il Messaggero pubblica un articolo dove parla di presunte manovre di “hacker russi” per influenzare il voto sul referendum costituzionale in Italia.



29 novembre 2016: Bruno Kahl, presidente del BND, il servizio segreto tedesco, esprime timori per cyber-attacchi da parte di “hacker russi” in vista della campagna elettorale per l’elezione del nuovo cancelliere tedesco nel 2017.



10 dicembre 2016: Il NYT scrive, citando “fonti dell’intelligence”, che “hacker russi” hanno violato il sistema del Partito democratico e del Partito Repubblicano Usa durante la campagna elettorale, senza però diffondere nessuna informazione.



23 dicembre 2016: Crowstrike, società di sicurezza informatica, sostiene che “hacker russi probabilmente collegati al governo di Mosca” hanno utilizzato un malware per monitorare le unità di artiglieria ucraine dal 2014 al 2016.



29 dicembre 2016: Gli Usa espellono 35 membri dell’intelligence russa negli Stati Uniti, sostenendo un loro collegamento cyber-attacchi effettuati da “hacker russi”.



30 dicembre 2016: John McCain fissa per il 5 gennaio un’audizione sui cyber-attacchi di “hacker russi” contro gli Stati Uniti durante l’ultima campagna elettorale.



31 dicembre 2016: Il Washington Post, citando “dirigenti americani sotto anonimato”, scrive che “hacker russi” sono penetrati in una rete elettrica del Vermont.



5 gennaio 2017: L’intelligence americana sostiene di avere prove circa un coinvolgimento di “hacker russi” nella diffusione di file segreti da parte di Wikileaks.



6 gennaio 2017: Un rapporto degli 007 americani sulle azioni degli “hacker russi” sostiene che quest’ultimi volevano aiutare Trump a vincere le elezioni presidenziali, non riuscendo però a influenzare il voto.



9 gennaio: La SPD in Bundestag chiede al ministro dell’Interno tedesco, Thomas de Maiziere, di adottare misure di difesa preventiva contro gli attacchi di “hacker russi”.



10 gennaio 2016: L’FBI sostiene che “hacker russi” hanno hackerato alcune campagne elettorali repubblicano a livello statale e un vecchio dominio che il comitato nazionale repubblicano non usa più.



11 gennaio 2016: Il quotidiano La Repubblica parla di manovre degli “hacker russi” nei server del nostro ministero della Difesa alla ricerca di segreti sugli F-35.



19 gennaio 2016: Un programmatore russo viene fermato all’aereoporto di Barcellona su richieta dell’FBI perché sospettato di aver partecipato ad attacchi di “hacker russi” contro il partito democratico americano.



9 febbraio 2017: La Norvegia accusa “hacker russi” di aver violato nove account email dei servizi segreti di Oslo, senza però riuscire a rubare alcuna informazione.



10 febbraio 2017: Secondo The Guardian, che cita “fonti del governo italiano e persone informate dei fatti”, “hacker russi” hanno spiato il primo ministro italiano, Paolo Gentiloni, quando era ministro degli Esteri, non riuscendo però a carpire informazioni.


A questo punto una domanda sorge spontanea: ma se la Russia è così diabolica e i suoi hacker così bravi, Putin a quest’ora, dopo tutti questi attacchi, non dovrebbe dominare il mondo? 

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