Israele nega alla detenuta politica Khalida Jarrar di partecipare al funerale della figlia

Israele nega alla detenuta politica Khalida Jarrar di partecipare al funerale della figlia

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Dal suo progetto di fondazione fino ad oggi Israele ha raccolto molte perle fino ad essere avvolto da una lunga collana fatta di sfere più  o meno brillanti per disumanità, crudeltà, violazioni del diritto internazionale, violazioni del diritto umanitario universale, omicidi singoli e multipli,  stragi di bambini, uso di armi proibite, furto di terre e di acqua, violazione di luoghi sacri e talvolta loro distruzione, abbattimento di migliaia di alberi palestinesi e tante altre perle.

L'ultimo elemento che si è  aggiunto alla sua lunghissima collana è  una  piccola perla,  attiene alla violazione di un diritto morale che tanto l'Oriente che l'Occidente hanno nella propria cultura: il rispetto per i  morti.
 I greci ce lo hanno consegnato con la tragedia di  Antigone, figura di nobile dissenso che è lontana secoli luce dalla cultura politica israeliana, basti pensare al "cimitero dei numeri" per rendersene conto. Il cimitero dei numeri è il luogo dove vengono gettate le salme di prigionieri politici palestinesi morti prima della scadenza della pena, salme che non vengono restituite alle famiglie affinché  abbiano un'onorata sepoltura se  non dopo anni o decenni dalla morte del condannato. Perché la pena che non ha finito di scontare in vita dovrà seguitare a scontarla sottoterra, segnalato da un numero!
Crudeltà? Sadismo da parte di Israele? Ma no! Solo sprezzante dimostrazione di onnipotenza rispetto al popolo oppresso dalla sua illegale occupazione. 
Se un altro Stato facesse la stessa cosa il giudizio dei "democratici" poteri mondiali sarebbe giustamente duro, ma Israele è  l'eccezione per antonomasia, a Israele tutto è  perdonabile, e lo è in nome di un "peccato originale" commesso contro gli ebrei (la loro storica persecuzione) che è  diventato la sua forza e, al contempo, la sua giustificazione per ogni reato, compresi i più esecrabili.

L'ultima perla, dicevamo, è una piccola perla, piccola rispetto alle tante accumulate a formare la sua lunga collana. È la negazione del permesso di dare l'ultimo saluto alla figlia morta di una parlamentare palestinese del FPLP,  detenuta perché strenua oppositrice dell'occupazione. 
Che volete che sia? Non è  notizia degna di nota nei media mainstream. Una giovane avvocata, Suha, figlia trentunenne dell'odiata detenuta  politica Khalida Jarrar, muore d'infarto. A sua madre è  negato il permesso di darle l'ultimo saluto.

Il dolore più  grande che una madre possa provare, in tutte le culture umane, è la morte di un proprio figlio. 
Non sarà l'ultimo abbraccio al suo corpo inerte a tacitare quel dolore, ma c'è qualcosa che chiama i vivi al capezzale dei morti, soprattutto se, contro natura, quel morto è  un figlio. 
Non importa essere atei o credenti, quel richiamo è l'omaggio alla vita che albergava in quel corpo. Omaggio e rispetto. E l'ultimo saluto, sebbene non possa ridurre il dolore, è l'ineffabile scambio di un atto d'amore tra chi ha lasciato la vita e chi ha dato la vita a quella creatura che la morte ha portato via.
Khalida Jarrar ha chiesto ai suoi carcerieri di poter dare un ultimo bacio a sua figlia.
La risposta è  stata NO.

Israele, la tua disumanità e il tuo invito all'odio fanno ribrezzo. 
Attento Israele, arriverà il giorno in cui la parte sana del tuo popolo proverà  tale vergogna per il tuo sadismo, la tua crudeltà, i tuoi odiosi crimini, che si vergognerà  di dirsi israeliana e abbandonerà lo Stato ebraico per non macchiarsi indirettamente dei tuoi crimini.

E quella piccolissima parte sana sa, come lo sanno i palestinesi, che la giovane avvocata Suha potrà riposare in pace perché sua madre, la "terrorista" Khalida Jarrar, continuerà la sua lotta contro lo Stato canaglia che la tiene imprigionata per le sue giuste battaglie per la Libertà e per i diritti violati del suo popolo.
La sua lotta continuerà e non sarà  certo fermata dalla tua ultima meschina dimostrazione di disumanità.

Patrizia  Cecconi

Patrizia Cecconi

Romana di nascita, milanese di ultima adozione. Laureata in Sociologia presso la Sapienza Roma ove tiene per alcuni anni dei seminari sulla comunicazione deviante. Successivamente vince la cattedra in Discipline economiche ed insegna per circa 25 anni negli Istituti commerciali e nei Licei sperimentali. Interessata all'ambiente, alle questioni di genere e ai diritti umani ha pubblicato e curato diversi libri su tali argomenti ed uno in particolare sulla Palestina esaminata sia dal punto di vista ambientale che storico-politico. Ha presieduto per due mandati l'associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese di cui ora è presidente onoraria e, al momento, presiede l'associazione di volontariato Oltre il Mare. Da oltre 12 anni trascorre diversi mesi l'anno in Palestina, sia West Bank che Striscia di Gaza, occupandosi di progetti e testimonianze dirette della situazione. Collabora con diverse testate on line sia di quotidiani che di riviste pubblicando articoli e racconti. 

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