La realtà si vede nei momenti tragici. Nei tornanti della Storia

La realtà si vede nei momenti tragici. Nei tornanti della Storia

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La realtà si vede nei momenti tragici. Nei tornanti della Storia. 

Penso sempre a quello strano fenomeno che noto nelle more di questa che io chiamo la fantapandemia. Le classi alte, istruite, colte, anche profonde, con reddito - credo - abbastanza alto non riescono a porre in dubbio il fatto che lo stato può essere finito in mano (o forse è la norma che lo sia?) a dei delinquenti. E' un pensiero che non accettano. Pertanto non dubitano sulle incogruenze logiche che emergono nelle argomentazioni usate per giustificare la vaccinazione di massa.

Lo vedo anche qui, su facebook, contatti di ottima cultura e di alto posizionamento sociale sono andati senza un dubbio, senza un tentennamento, a farsi vaccinare, refrattari a qualunque obbiezione. Proprio non ce la fanno a credere (neanche in via ipotetica) che il loro "padre", Sua Maestà lo Stato, possa volere il loro male. Eppure hanno letto, si sono interrogati, anche sulla Shoa, e sui terribili meccanismi sociali che la permisero. Ma niente, al momento del dubbio hanno perso la memoria. 

Dall'altro lato, invece le classi sociali basse, quelle che devono sbarcare il lunario, portare a casa la pagnotta e di certo non hanno tempo per domande da "philosophoi" mantengono un autonomia di giudizio, esercitano la virtù del Dubbio (lo scrivo maiuscolo, perchè è la più grande delle virtù): sua Maestà lo Stato con loro non è stato certamente padre, ma nella migliore delle ipotesi patrigno. Cittadini di serie B, e coscienti di esserlo. Questa consapevolezza, anche se non figlia di ragionamenti sofisticati ma della praxis quotidiana, li spinge a dubitare. Li spinge ad essere guardinghi, diffidenti. 

Ed è anche un fenomeno - mi pare - che ha anche una valenza territoriale: a Sud dove certamente Sua Maestà lo Stato è molto meno padre, c'è una più alta fetta di popolazione che non vorrebbe vaccinarsi rispetto a quella che c'è nel "privilegiato" nord del paese. 

Insomma, cosa ne deduco? Né deduco soprattutto questo: l'uomo è incompleto, non libero. Non importa il tuo livello culturale e sociale. Se appartieni alle classi alte e privilegiate i tuoi privilegi sono la tua schiavitù. Certamente la gabbia nella quale sono intrappolate queste persone è una gabbia invisibile e di cristallo.

Mentre se appartieni alle classi sociali subalterne hai certamente più consapevolezza (una consapevolezza data dalla praxis non certamente dalla teoria) ma non sei libero perchè sei schiavo della necessità (la pagnotta). In questo caso la gabbia che t'hanno costruito attorno si vede benissimo. 

Ma nei tornanti della storia, meglio sta chi vede la propria gabbia.

Giuseppe Masala

Giuseppe Masala

Giuseppe  Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e  si specializza in "finanza etica". Coltiva due passioni, il linguaggio  Python e la  Letteratura.  Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe  essere il primo di una trilogia), "Una semplice formalità" vincitore  della terza edizione del premio letterario "Città di Dolianova" e  pubblicato anche in Francia con il titolo "Une simple formalité" e un  racconto "Therachia, breve storia di una parola infame" pubblicato in  una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come  Leonardo Sciascia crede che "Non c’è fuga, da Dio; non è possibile.  L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

 

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