"Le soldatesse prostitute di Assad": la nuova bufala sulla Siria targata Espresso (gruppo De Benedetti)

"Le soldatesse prostitute di Assad": la nuova bufala sulla Siria targata Espresso (gruppo De Benedetti)

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Le soldatesse prostitute di Assad


 


Supera se stesso L’Espresso con la pubblicazione dell’articolo “Le donne soldato di Assad: "Ci trattano come prostitute" firmato, comprensibilmente, con le sole iniziali da una giornalista.

Un articolo che, verosimilmente, vuole essere il contraltare delle “guerrigliere curde, tutte belle ed eroiche!” che i media del Gruppo de Benedetti ci rifilano quotidianamente in tutte le salse. Un articolo basato su un video talmente farlocco che è quasi umiliante smascherare.


Prima di farlo, una precisazione. Non è vero che in Siria le donne soldato, come riferisce L’Espresso, nascono con il Battaglione Commando Femminile – le cosiddette “Leonesse” –  creato nel 2014. Sin dal 1985 - a testimonianza di uno stato che ha fatto dell’equiparazione uomo-donna una delle sue bandiere – donne soldato  sono presenti, come volontarie, nell’esercito siriano mentre tutte le donne, al pari degli uomini, già dalla fine degli anni 70, sono periodicamente addestrate militarmente nei “Campi Moaskar”.


Si è formato così un esercito di leva, che nonostante circa 70.000 soldati uccisi (spesso in modo atroce), le lusinghe dell’Occidente, un controllo pressoché nullo della Polizia Militare e una paga quasi inesistente, in cinque anni ha conosciuto un tasso di diserzione stimato intorno al 10-20 per cento. Una percentuale bassissima, rapportata a quella di altri eserciti in altre guerre, e spiegabile, più che dall’”eroismo”, dalla consapevolezza nei soldati di battersi per la sopravvivenza stessa della propria comunità; comunità che non vuole fare la fine di quella libica.


Ma occupiamoci ora dell’articolo. A supportarlo un video nel quale, a detta de L’Espresso, (che cerca una conferma delle sue panzane appellandosi ad articolo pubblicato in Francia nell’aprile 2015 e, quindi, al “prestigioso GREMMO - Groupe de recherches et d'études sur la Méditerranée et le Moyen-Orient”, che, comunque, ha chiuso i battenti un anno fa) quattro soldatesse in servizio dell’esercito siriano denunciano, a viso aperto, davanti ad una videocamera, di essere “umiliate o sfruttate sessualmente. (...) Gli ufficiali della brigata 130 prendono le ragazze per loro interesse personale, le scambiano fra loro. Se una ragazza piace, la tengono, altrimenti la umiliano. (...) gli ufficiali prendono il nostro denaro, il cibo, e riceviamo solo trattamenti immorali.” Completa il quadro la giornalista de l’EspressoAnche l'altra donna racconta delle umiliazioni ricevute perché "non era carina" e non voleva fare "certe cose" con il generale.”.


Strano che quattro sedicenti soldatesse in servizio denuncino queste cose a viso aperto e davanti ad una telecamera. In Italia, denunce simili non le avevamo viste nemmeno per il caso della Caserma Clementi di Ascoli, quella di Salvatore Parolisi per intenderci; davvero incredibile, poi, che sia successo in Siria dove vige la legge marziale.


Ma, poi, cosa attesterebbe che le quattro donne siano davvero soldatesse siriane e non – poniamo – comparse messe lì dal Network dei “ribelli siriani” Aaman al-wsl che ha prodotto e distribuito il video? Domanda crediamo legittima in quanto, ad esempio, le tessere che dovrebbero attestare l’appartenenza delle donne all’esercito di Assad, mai messe in primo piano, sono illeggibili; le donne non sono riprese in una caserma – dove sarebbe logico aspettarsele - ma bensì nel salotto di un appartamento in ottimo stato (si noti il terrazzo con piante e poltrona che si intravede oltre i vetri); le donne nella loro “denuncia” guardano periodicamente e con trepidazione qualcuno a fianco della videocamera, verosimilmente il “regista” della messinscena...
 

Ma lasciamo queste domande agli scrupolosi “giornalisti” de L’Espresso e concludiamo segnalando una pagina Facebook, davvero toccante, realizzata da un gruppo di cristiani siriani. È un “cimitero virtuale” nel quale vengono custodite le immagini delle soldatesse siriane che sono state uccise dai “ribelli”. Accedete al sito senza timore: nessuna immagine raccapricciante. Solo sorrisi di ragazze, morte per difendere il loro futuro.
 

Francesco Santoianni

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