L'esaltazione del "Vendicatore di Aleppo": l'ultima follia del doppio standard occidentale
Perché nessuno si commuove per l’assassinio dell’ambasciatore russo? Nessun ribbon su Facebook, nessun presidio (come i tanti che stanno impazzando contro “il genocidio” ad Aleppo), niente.
Prevengo una prevedibile obiezione: “Beh, in fondo non si trattava di un inerme civile ucciso, ma....”. Non è così.
Analoga indifferenza (per non dire, compiacimento) si manifestò tra i media (e quindi nell’opinione pubblica) anche davanti all’abbattimento (224 morti) del Airbus russo A321 sui cieli del Sinai nel 2015. E per ora, le più significative reazioni che si registrano dai giornalisti main stream sono un quasi esaltante articolo su Repubblica e un entusiasmante post su Facebook. Immaginate, invece, quante lacrime avrebbero speso se fosse stato ucciso, poniamo, un ambasciatore israeliano.
Dilagano, invece, in Rete le teorie più strampalate come “Ma dov’erano le guardie del corpo dell’ambasciatore?”, quasi a suggerire che – ancora una volta - ci sia la mano di Putin dietro questo crimine.
Affermazione, tra l’altro, inconsistente se si considerano attentati come questo o il davvero sospetto operato dei servizi di sicurezza turchi.
Ci sarebbe, infatti, da chiedersi se poteva bastare un tesserino della Polizia per potersi tanto avvicinare all’ambasciatore Karlov. Ma che importa? L’attentatore, Mert Altintas, è stato incomprensibilmente (e provvidenzialmente) ucciso. E sui media restano solo le sue ultime parole “Non dimenticatevi di Aleppo, non dimenticatevi della Siria”. Viene già celebrato come un eroe: il Vendicatore di Aleppo.