Ecuador: ha vinto la Revolucion Ciudadana, ma governa la destra

Ecuador: ha vinto la Revolucion Ciudadana, ma governa la destra

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di Patas Azules

 

Qualcosa di strano sta succedendo in Ecuador. Il 3 aprile scorso vince il candidato della Revolucion Ciudadana: Lenin Moreno, candidato in binomio con il vice-presidente, Jorge Glas.


Lenin Moreno è stato vicepresidente di Correa dal 2007 al 2013 e Jorge Glas dal 2013 al 2017. Moreno e Glas entrano in carica, secondo il protocollo istituzionale, il 24 di maggio, ma in questi primi tre mesi, il Presidente ha più affinità di comportamento con Macri e Temer (rispettivamente il presidente eletto in contrapposizione alla proposta peronista-kirchnerista in Argentina e il presidente soft-golpista del Brasile) che con il suo vice. Moreno, oltre a destituire Jorge Glass dalle sue funzioni di vicepresidente, come i suoi omologhi, lavora alacremente per distruggere l’immagine del predecessore, accusa il governo di questi (a volte più direttamente, altre meno) di totalitarismo, corruzione, malversazioni delle risorse pubbliche, e, inefficienza.
 

Correa, dal canto suo, dopo aver sostenuto la campagna elettorale per il binomio presidenziale Moreno-Glas, e aver gestito la transizione fino a maggio, ha dato seguito a quanto dichiarato già quattro anni fa, al momento di accettare la candidatura per il secondo mandato: si è trasferito in Belgio per dedicarsi alla ricerca (se possibile ritirarsi dalla politica attiva), godersi la famiglia e magari tornare a fare il professore.


Fermarsi a riflettere, riposare e possibilmente teorizzare un po’ o tornare a studiare, è una necessità comune, per molti degli alti funzionari del governo della Revolucion Ciudadana: sono stati dieci anni convulsi, di estenuanti impegni lavorativi, senza orari, riposi, giorni festivi e fine settimana, in cui la parola d’ordine era “straordinariamente bene e straordinariamente rapido”. Se è stato un comportamento generalizzato per la maggior parte dei ministri, viceministri, sottosegretari, assessori, direttori e funzionari semplici, etc., per cui essere funzionario di Stato non voleva più dire non fare nulla, ma sentire su di sé la responsabilità di un progetto storico per il paese, Correa ne è stato sempre l’esempio e l’ispirazione. Il primo ad entrare in Carondelet , l’ultimo ad uscirne e con una valigetta di lavoro da sbrigare a casa. Quando non era impegnato nei numerosi viaggi di lavoro, per il paese e per il mondo.

 

In un appartamentino sottotetto di Bruxelles, che usa come ufficio, Correa però non ha pace. Oggi, non porta le camicie ricamate con stile indigeno e motivi di richiamo del paese, anche questa un’importante promozione delle diverse culture e tradizioni racchiuse in quel piccolo paese -sarebbe fuori luogo! sarebbe come continuare a portare la divisa del Presidente- oggi porta camice a quadri alla moda, jeans e giacca a vento. Ma lo spirito non cambia, è presente sulle reti sociali per smentire gli attacchi al suo governo, e decide di realizzare –di tanto in tanto- dei collegamenti via Facebook per spiegare la sua posizione, e, contro-informare rispetto alle dichiarazioni e alle intenzioni (a quanto pare di stampo neo-liberista) di politica economica di Lenin Moreno. Ha anche fondato un centro di studi politici, che sarebbe servito a elaborare teoria, a formare quadri dirigenti, forse, ma che oggi potrebbe dover servire per difendere la sua verità.

 

Oggi nel governo sembrano esserci due posizioni: la prima, quella di Lenin Moreno, ovvero quella impegnata nel discredito di Rafael Correa e della sua gestione, la seconda quella di Gabriela Rivadeneira y Ricardo Patiño attuali Presidente e Vice Presidente del Partito Alianza Pais (Patiño è anche consigliere della Presidenza) che cercano di mediare e puntano all’unità tra i due leader storici, o, aggiustano il tiro quando l’attacco è troppo forte o è una menzogna troppo grande, come nel caso del debito pubblico. Moreno esce pubblicamente annunciando le prossime misure di austerità, adducendo alla cattiva gestione del governo precedente: troppi investimenti, troppe infrastrutture, troppa spesa sociale, troppi sprechi….e dunque troppi debiti da onorare. Quindi, arriverà l’austerità e sarà tutta colpa di Correa!


E’ allora che l’economista Ricardo Patiño va in televisione a spiegare i numeri, che così come presentati da Moreno, sommano pere con mele, e cassano ingenerosamente una delle più apprezzate politiche del governo Correa, e della stessa gestione di Patiño: la rinegoziazione del debito.

 

Ma questo richiamo all’unità potrebbe essere tanto saggio come idiota. Da una parte potrebbe essere un utile strumento per evitare che il governo eletto da Alianza Pais sia totalmente gestito dalla destra (a cui Lenin riserva ambasciate, ministeri e settori strategici), forse riuscirà a difendere alcune delle conquiste della Revolucion Ciudadana dall’interno, così come pensavano di fare alcune socialdemocrazie europee, o, forse riuscirà a cambiare le sorti del governo stesso ed evitare la deriva neoliberista. Ma, la verità, è che nel caso non riuscisse a cambiare le sorti del paese nei prossimi mesi, si tramuterebbe in una roulette della morte e, come per le socialdemocrazie occidentali, alla fine si perderà tutto, anche l’ultimo vagito di socialismo.

 

In un momento come questo, avere i sostenitori della Revolucion Ciudadana divisi tra chi come Correa si manifesta apertamente contro la gestione Moreno, e chi è dentro il governo, cercando di difendere il processo da dentro (ma chi sta fuori dei palazzi non lo sa, non ne è certo!) potrebbe acuire ancora di più le differenze all’interno di un movimento politico, che in dieci anni, non è stato capace –tradimenti a parte- di creare una classe dirigente in grado di subentrare a Correa ed alla sua squadra. E se l’unità non si raggiunge quando sei, chiaramente, all’opposizione, forse potrebbero passare decenni prima che torni un Correa ad unirli tutti, di nuovo.

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