ROMA: DALL'ASSEDIO DI GAZA ALL'ASSEDIO MEDIATICO
"L'assedio israeliano è anche questo. Forse iniziare a parlarne è il modo per cominciare a romperlo."
Inizia oggi l'Israeli Apartheid Week, una serie di eventi che, ogni anno, si svolgono in oltre 200 città nel mondo al fine di sensibilizzare sulle politiche di apartheid alle quali è sottoposto il popolo palestinese.
A Roma inizierà domani (28 febbraio, alle 17), in una sala del Campidoglio con un interessante incontro pubblico, alla presenza di Ann Wright, dal titolo “Gaza, rompiamo l'assedio”. L'assedio, però, non è mancato neppure qui.
L'Ambasciata Israeliana, supportata da diversi quotidiani mainstream (Corriere della sera, il Messaggero, il Tempo, il Secolo d'Italia) e da diverse reti sioniste, è immediatamente partita all'attacco. Dalle colonne dei giornali tuonano (senza controparte) contro il Comune di Roma, Virginia Raggi e Frongia nello specifico, rei, assieme a Fassina, di aver concesso una sala del Campidoglio per ospitare “un evento intrinsecamente antisemita”.
Eppure gli organizzatori sono gli attivisti del movimento internazionale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), di cui fanno parte in Italia, tra gli altri, soggetti come Pax Christi o la Rete degli Ebrei contro l'occupazione. Un movimento che, da statuto, “sostiene la parità di diritti per tutte e tutti e perciò si oppone ad ogni forma di razzismo, fascismo, sessismo, antisemitismo, islamofobia, discriminazione etnica e religiosa”.
La stessa relatrice dell'evento, Ann Wright, è stata colonnella nell'esercito statunitense per 29 anni, ha lavorato nelle ambasciate USA per 16 anni, fino a dimettersi nel 2003 alla vigilia dell'invasione in Iraq. Da allora ha preso parte a missioni umanitarie a Gaza, tra cui la Freedom Flotilla nel 2010, tristemente nota per il massacro commesso dall'esercito israeliano a bordo.
E allora non ci resta da chiedere come mai la volontà di parlare di questi temi desti tale scalpore. Per quale ragione, quella che molti chiamano “l'unica democrazia del Medio oriente”, scelga di scomodarsi dall'altra parte del Mediterraneo, attivando tutti i propri canali mediatici, per contrastare un evento simile?
Forse quello che ogni giorno avviene a Gaza e in tutta la Palestina non deve essere conosciuto e chiunque voglia parlarne deve essere tacciato di antisemitismo.
L'assedio israeliano è anche questo. Forse iniziare a parlarne è il modo per cominciare a romperlo.
La Redazione